Mons. Cataldo Naro, Cristianità n. 337-338 (2006)
Articolo comparso in La Sicilia, Catania 10-1-1998
In un articolo di oltre due anni fa, precisamente del 12 luglio 1995, su queste stesse pagine, dal titolo Da Coblenza a qui: quale cultura per la destra nissena?, segnalavo un nuovo dinamismo nella scena politica provinciale di Alleanza Cattolica. In realtà quest’associazione operava in provincia e particolarmente a San Cataldo da oltre due decenni. Pur da una posizione di esigua minoranza, aveva portato avanti con grande determinazione lungo tutti gli anni Settanta e Ottanta un suo programma culturale di argomentata contrapposizione alla “modernità”. In nome della tradizione cristiana, un po’ scherzosamente, in quell’articolo scrivevo che giovani nisseni di Alleanza Cattolica erano stati, per molti anni, idealmente emigrati a Coblenza, la città tedesca dove durante la rivoluzione francese si erano rifugiati gli aristocratici scampati al Terrore e anelanti al ritorno. Volevo così indicare il loro sostanziale isolamento nel quadro culturale di quel tempo nella nostra provincia. L’idea mi era stata suggerita dal titolo di un libro di Franco Cardini dedicato al filosofo nisseno Rosario Assunto: Testimone a Coblenza. Ma nei primi anni Novanta, in seguito agli sconvolgimenti del quadro politico italiano e in particolare in concomitanza con la sorprendente vittoria del centro-destra nelle elezioni del marzo 1994, Alleanza Cattolica mostrò di voler tornare da Coblenza, cioè abbandonare ogni atteggiamento di minoranza esclusa e inserirsi attivamente nel dibattito culturale e politico.
In quell’articolo di oltre due anni fa registravo l’attivismo di Al1eanza Cattolica e dicevo che mi sembrava le si aprissero nuovi e più ampi spazi di influenza. Ero però ben lontano dal pensare che nei mesi seguenti un suo membro sarebbe stato eletto all’Assemblea regionale, assumendo anche un importante assessorato, e che poi una coalizione di Forza Italia e Alleanza Nazionale, sostanzialmente animata dall’associazione, avrebbe conquistato, sia pure con pochi voti di scarto, l’amministrazione comunale di San Cataldo. Del resto non ero il solo a non pensare a una simile eventualità. È stato smentito dai fatti chi, riprendendo quella mia analisi, scrisse poi su questo stesso giornale, dei membri di Alleanza Cattolica come di “fantasmi” o “epigoni” che si muovevano su una “scena virtuale”.
Certo, questi successi elettorali hanno un carattere di straordinarietà. Il futuro mostrerà se riusciranno a stabilizzarsi. Molto dipenderà dalla stabilizzazione, se e quando ci sarà, del quadro politico regionale e nazionale. In ogni caso questi successi non sono indicativi di un radicamento che necessariamente ha bisogno di tempo e, prima ancora, di un più vero consenso sul discorso culturale proprio di Alleanza Cattolica. Riemerge qui l’argomento principale del mio articolo di due anni fa. In esso non pensavo ad affermazioni elettorali di Alleanza Cattolica perché pensavo ad altro, cioè un compito di natura culturale. Che mi sembrava costituisse l’ambizione più propria dell’associazione. Esplicitamente accennavo a una possibile funzione di animazione e anche, in qualche modo, di egemonia culturale del variegato mondo della destra.
Ci si può chiedere se in questi due anni Alleanza Cattolica abbia fatto dei passi nella direzione di questo suo possibile compito. Pare a me — ma è una semplice impressione — che questi passi siano stati di scarsa consistenza. Per motivi vari, tra cui l’impegno assorbente per la raccolta del consenso elettorale e anche la resistenza della destra, nel suo complesso, a recepire il discorso culturale di Alleanza Cattolica. E, al fondo, resta, a mio parere, la difficoltà di soppiantare o, forse meglio, “superare”, facendola cioè in parte propria, una lunga tradizione locale di cattolicesimo sociale e politico che risale al secolo scorso e all’esperienza sturziana e che, seppure depontenziata ed estremamente impoverita, conserva un suo radicamento e una sua fecondità e comunque rappresenta una storia con cui confrontarsi.
E però Alleanza Cattolica ha un suo discorso culturale, porta avanti una sua progettualità politica. Non mi pare saggio da parte degli avversari politici non tener conto di questo dato. Ignorandolo o snobbandolo. È un dato che, in ogni caso, sollecita all’elaborazione di una propria cultura politica. Penso in particolare a quanti, nell’Ulivo o nel Polo, si richiamano in qualche modo alla storia del movimento cattolico. È per essi in ballo — anche nel confronto con la proposta culturale di Alleanza Cattolica — l’intestazione di una storia, l’assunzione di una tradizione. Mi meraviglia la persistente assenza di una riflessione sulla propria identità, sulla propria storia, sulle possibilità di reinterpretarla e svilupparla creativamente nella situazione attuale. Ma senza una tale riflessione non c’è un futuro.
Don Cataldo Naro