Un insieme di princìpi e di idee, di movimenti e di istituzioni, di uomini e di fatti, proposti e descritti con brevità e con chiarezza, con attenzione a ricostruire la verità storica e nello stesso tempo a offrire — quando necessario o almeno opportuno — un giudizio etico, alla luce della morale naturale e di quella cattolica. Questa la natura di Voci per un “Dizionario del Pensiero Forte”, opera collettanea che raccoglie gli interventi apparsi durante il primo anno di pubblicazione della rubrica Dizionario del Pensiero Forte che, sul Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, ospita settimanalmente — a partire dal 16 febbraio 1996 — una pagina a cura dell’IDIS, l’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale. Tale Istituto — nato da militanti di Alleanza Cattolica — si propone di assistere quanti sono impegnati politicamente, quindi ogni cittadino, fornendo loro elementi formativi e informativi utili all’espletamento dell’impegno politico di ciascuno attraverso la collaborazione di esperti.
La chiave di lettura necessaria per decifrare il senso dell’opera collettanea, che tratta argomenti in modo interdisciplinare e apparentemente disomogeneo, si trova nella premessa — Un “Dizionario del Pensiero Forte” (pp. 11-13) — di Giovanni Cantoni, rettore dell’IDIS e curatore della rubrica e del volume, il quale, dopo aver segnalato fenomeni sociologicamente significativi e rilevanti come l’ambigua fine delle ideologie, la riduzione nella pratica della lettura e il trionfo del “pensiero debole”, afferma: “[…] si tratta di un’iniziativa intesa a promuovere una “cultura per la politica”, attraverso la strumentazione costituita da un dizionario enciclopedico che fa riferimento al “senso comune”, l’insieme organico delle certezze di fatto e di principio che sono comuni a ogni uomo, fra le quali la legge naturale, e costituiscono la base del pensiero forte, veramente umile perché realistico, premessa razionale all’atto di fede, quindi integrato esplicitamente, quando del caso, dal Magistero della Chiesa cattolica” (p. 12).
Quindi al pensiero debole non viene contrapposto il pensiero “con i muscoli”, in forma apodittica, volontaristico, dal momento che il secondo sarebbe caratterizzato fatalmente dalle medesime tare del primo, con la sola differenza di tramutarsi da relativismo semplice in relativismo aggressivo. E, poiché i contributi pubblicati vengono proposti e descritti “a uso del “futuro sovrano”” (p. 12), quindi per fornire un quadro di riferimento a quanti, a qualsiasi livello, operino nell’area della politica o nelle sue vicinanze, la scelta dei temi appare volta anche a scongiurare il pericolo che nel prossimo futuro si ripresentino gli stessi errori che hanno determinato l’abbandono del diritto naturale e il trionfo del relativismo, che alimenta ogni totalitarismo, sia palese che subdolo.
Una parte dei percorsi storici e ideologici per cui si è giunti a introdurre nella “catena alimentare” del corpo sociale elementi di disgregazione che ne hanno ridotto le funzioni vitali è descritta nelle voci redatte da Alfredo Mantovano, L’aborto nell’ordinamento giuridico della Repubblica Italiana (pp. 15-20); Mauro Ronco, L’antiproibizionismo (pp. 39-44); Enzo Peserico, Il Sessantotto italiano (1968-1977) (pp. 221-226); Ermanno Pavesi, L’antipsichiatria (pp. 45-50), Marco Invernizzi, Il liberalismo (pp. 149-154), e Paolo Mazzeranghi, Il fabianesimo (pp. 125-130); si tratta di esposizioni preziose anche per cogliere gli effetti sulla mentalità di teorizzazioni finalizzate al distacco dell’umanità dall’ordine naturale e cristiano.
L’analogo mutamento di prospettiva di alcune scienze e attività umane nel quadro della secolarizzazione è presentato in voci come L’agricoltura (pp. 21-26) di Gabriele Fontana, L’economia dell’ambiente (pp. 33-38) di Pier Marco Ferraresi, L’origine della vita (pp. 251-256) di Giulio Dante Guerra, Il movimento nazionalista in Italia (pp. 179-184) di Marco Invernizzi, e Il partito politico moderno (pp. 185-190) di Paolo Mazzeranghi e Il “Welfare State” (pp. 257-262) di Maurizio Milano.
Anche attraverso la presentazione di figure eminenti della Contro-Rivoluzione quali Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) (pp. 113-118) di Giovanni Cantoni, Edmund Burke (1729-1797) (pp. 71-76) di Marco Respinti, Giacinto de’ Sivo (1814-1867) (pp. 227-232) di Francesco Pappalardo, e Antoine de Rivarol (1753-1801) (pp. 203-208) di Alessandro Massobrio, di esempi di santità di immediato impatto sociale come Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) (pp. 27-32) di Francesco Pappalardo, o di una galleria di esponenti del movimento cattolico italiano come Pietro Balan (1841-1893) (pp. 51-56), Giambattista Casoni (1830-1919) (pp. 95-100), Stanislao Medolago Albani (1851-1921) (pp. 161-166) e Paolo de Töth (1881-1965) (pp. 239-244) curata — con una voce d’insieme su Il movimento cattolico in Italia (pp. 173-178) — da Marco Invernizzi, emergono spezzoni di storia sconosciuti o normalmente minimizzati, quando non addirittura considerati tabù, nel panorama culturale ordinariamente accessibile per via scolastica e massmediatica.
Corredata, per ogni singola voce, di indicazioni bibliografiche utili a un primo ampliamento della conoscenza dei temi trattati, un’opera di contro-informazione come Voci per un “Dizionario del pensiero forte” si rende quindi necessaria proprio quando il richiamo del senso comune sembra farsi più flebile e si tende a tacciare di fanatismo, senza possibilità d’appello, ogni fenomeno in cui siano protagonisti uomini che hanno speso la vita per quanto credevano.
Il contributo di Massimo Introvigne Movimenti e campagne anti-sette (pp. 167-172) affronta direttamente il problema dell’attacco persecutorio messo in atto a opera del pensiero debole nei confronti del diritto alla libertà religiosa. Quindi lo stesso studioso della nuova religiosità mette in guardia dall’ipotesi di una descrizione e di una interpretazione semplicistiche degli eventi storici e allontana da tali descrizione e interpretazione con Le teorie del complotto (pp. 107-112). Infatti, proporre una linea d’interpretazione dei mutamenti avvenuti nel corso della storia in termini esaurienti e scientificamente precisi, nonostante il carattere necessariamente sommario delle voci trattate, significa non trascurare l’esistenza della Rivoluzione — il plurisecolare processo di espunzione delle motivazioni e delle finalità religiose dalla vita individuale e sociale —, sempre tuttavia fornendo gli elementi di giudizio che concorrono a evitare l’utilizzo, nella diuturna battaglia contro la mitologia relativista e il suo linguaggio, di un “luogo comune” opposto al “senso comune”.
In quest’ottica vengono letti non isolatamente episodi come La guerra in Libano (1975-1990) (pp. 143-148) di PierLuigi Zoccatelli, L’Inquisizione medioevale (pp. 131-136), L’Inquisizione spagnola (pp. 137-142), Il sanfedismo (pp. 215-220) e Il Brigantaggio (1860-1870) (pp. 65-70) di Francesco Pappalardo, Il carlismo di Roberto Gavirati (pp. 89-94), I “cristeros” messicani (1926-1929) (pp. 119-124) di Oscar Sanguinetti, La “Reconquista” (pp. 191-196) e La riconquista cristiana del Mediterraneo nei secoli XI e XII (pp. 197-202) di Marco Tangheroni, Il Terrore (1792-1794) (pp. 233-238) di Mauro Ronco, La Vandea (pp. 245-250) e La guerra civile russa (1917-1920) (pp. 209-214) di Renato Cirelli.
Il direttore del Secolo d’Italia, Gennaro Malgieri, nella Presentazione (pp. 7-9), definisce Voci per un “Dizionario del Pensiero Forte” “[…] una piccola summa di questioni storico-politiche intorno alle quali, a scadenze periodiche, si accende il dibattito in cui, purtroppo, quasi sempre ha la meglio il “pensiero debole”. Non sarà perché il “pensiero forte” talvolta è assente […]?” (p. 9). Perciò l’importanza dell’opera consiste nella sua natura di strumento da utilizzare per porsi domande su tutta la realtà, segno della vitalità del pensiero forte, che trae origine dall’unità del sapere, senza il limite della celebrazione fine a sé stessa di epoche che furono.
Fra le voci presenti conviene ricordare ancora La camorra (pp. 77-82) e La mafia (pp. 155-160) di Domenico Airoma, utili per comprendere in una prospettiva non semplicistica realtà criminali così importanti da intossicare la quotidianità di consistenti porzioni del territorio italiano; v’è inoltre una voce dedicata a chi sempre s’è distinto nella lotta contro la criminalità: L’Arma dei Carabinieri (pp. 83-88).
Personaggi come Hilaire Belloc (1870-1953) (pp. 57-63) o Colin Clark (1905-1989) (pp. 101-105), ritratti rispettivamente da Paolo Mazzeranghi e da Pier Marco Ferraresi, danno la misura della necessità e della possibilità d’intervenire efficacemente nel processo di elaborazione della cultura attraverso la formazione di uomini consapevoli dell’importanza di una corretta antropologia. Quello che, in ultima analisi, è lo scopo dell’opera.
Andrea Morigi