Renato Cirelli, Cristianità n. 343-344 (2007)
Le vicende dell’unificazione politica italiana hanno lasciato nell’ombra la memoria storica degli antichi Stati della Penisola, dalle tradizioni secolari e di ricca civiltà, le cui popolazioni, durante la bufera provocata in Europa dalla Rivoluzione Francese, si erano opposte, fino all’insurrezione armata, alla tirannide giacobina e a quella di Napoleone Bonaparte (1769-1821). Una storiografia egemone, o “ufficiale”, ha prodotto una vulgata difficile da scalfire e ha relegato nell’oblio avvenimenti e personaggi particolarmente significativi. Queste considerazioni valgono, a maggior ragione, per la storia militare: l’esercito italiano, che nasce all’indomani del 1861, è sostanzialmente la continuazione di quello sabaudo; il personale delle antiche organizzazioni militari viene assorbito individualmente nelle file dell’esercito e della marina, e viene meno la memoria degli eserciti preunitari. Non tenendo conto del Regno Lombardo-Veneto, unito all’Impero d’Austria, sono ben cinque gli Stati indipendenti travolti dalla Rivoluzione risorgimentale: alcuni per aver subito un’aggressione militare senza dichiarazione di guerra, come il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio; altri, come il Granducato di Toscana, perché si arrendono senza difendersi; altri ancora, come il Ducato di Modena e Reggio e il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, perché troppo piccoli per poter resistere.
L’opera documentata di Alberto Menziani su L’esercito del Ducato di Modena dal 1848 al 1859 sopperisce in parte alla carenza di studi concernenti l’amministrazione pubblica, il personale e l’organizzazione civile e militare degli antichi Stati. Menziani, nato a Modena nel 1955, laureato in Giurisprudenza presso la locale università, diplomato in Archivistica, Paleografia e Diplomatica, socio della Deputazione di Storia Patria per le Antiche Province Modenesi, studioso di storia militare del Ducato di Modena e autore di numerosi studi sull’argomento, presenta un esame articolato delle vicende politico-militari e dell’organizzazione militare del Ducato nel decennio fra la Prima e la Seconda Guerra d’Indipendenza.
L’opera si divide in tre parti, precedute da una Presentazione (p. 5) del Capo dell’Ufficio Storico col. f. (alp) s. S.M. Massimo Multari, da una Prefazione (pp. 7-8) di Angelo Spaggiari, direttore dell’Archivio di Stato di Modena, da una Premessa (p. 9) e da un’Introduzione (pp. 11-12) dell’autore, che ricostruisce brevemente le vicende del Ducato e del suo piccolo esercito dopo la bufera napoleonica. Restaurato nel 1815 dal Congresso di Vienna (1814-1815) sotto la dinastia degli Austria-Este, erede dell’antico casato degli Estensi, il Ducato comprendeva Modena, Reggio, Massa e Carrara, il Frignano, la Garfagnana e la Lunigiana. La vulgata lo presenta come uno Stato fantoccio dell’Impero d’Austria, il cui principe da operetta — Francesco V (1819-1875) — tiranneggiava la popolazione sotto la protezione di baionette straniere e mercenarie, mentre in realtà quanti indossavano le uniformi locali erano “Modenesi, Reggiani, Massesi, Carraresi, Garfagnini” (p. 9) e “[…] si segnalarono per la disciplina e fedeltà al sovrano e alla bandiera in ogni situazione di crisi e persino dopo la caduta dello Stato estense” (ibidem).
La Parte I — L’Organizzazione (pp. 13-167) —, divisa in tredici capitoli, descrive dettagliatamente tutte le fasi della ristrutturazione e della riorganizzazione dell’esercito attuate dal duca dopo la Rivoluzione del 1848 allo scopo di difendere gli Stati Estensi dai sommovimenti interni e da aggressioni esterne. Segue una descrizione esauriente dei vertici militari con un breve curriculum degli ufficiali superiori, in particolare del maggior generale Agostino Saccozzi (1790-1865), comandante delle truppe, e del colonnello Sigismondo Ferrari, capo dello Stato Maggiore Generale. Nei capitoli successivi vengono presentate tutte le componenti dell’esercito con le loro caratteristiche e articolazioni: le Guardie Nobili e i Reali Trabanti, formati da esponenti delle famiglie nobili del Ducato, con funzioni di scorta personale al duca e di guardia ai palazzi; il Real Corpo dei Dragoni, con compiti soprattutto di tutela dell’ordine pubblico; i corpi tecnici dell’Artiglieria, dei Pionieri e del Genio; il Reale Reggimento Estense di Linea e il Real Corpo Veterani con compiti di retrovia; la Milizia di Riserva, destinata a sostituire la politicizzata Guardia Civica creata durante la Rivoluzione del 1848, i cui militi vengono arruolati in tutti i comuni, prevalentemente fra la gente del contado. Infine vengono descritti la dislocazione delle truppe e dei comandi di Piazza, gli armamenti, le artiglierie e le fortezze. Ne emerge il quadro di una realtà militare piccola, circa 4.000 uomini al massimo, ma efficiente, ben armata e motivata, di “caserma” e di “qualità”, secondo la concezione europea del tempo, e formata sul modello austriaco, atta a una funzione prettamente difensiva e numericamente bilanciata in rapporto alla popolazione residente.
La Parte II — Le Vicende (pp. 169-264) —, divisa in dieci capitoli, è una cronaca minuziosa e accuratamente documentata del decennio che va dal 1848 al 1859 e degli eventi politico-militari che hanno contraddistinto la vita del Ducato. Il biennio 1848-1849 è contrassegnato da scosse rivoluzionarie in tutta Italia, dalla guerra austro-sabauda, dalla proclamazione della Repubblica Romana e dalla fuga del Papa beato Pio IX (1846-1878) da Roma. Il Ducato si trova coinvolto suo malgrado e l’esercito ducale è costretto ad affrontare, con l’aiuto austriaco, le insurrezioni, la penetrazione di truppe del Regno di Sardegna e le infiltrazioni di colonne di rivoluzionari dalla Toscana e dalla Liguria. Nonostante l’inferiorità numerica, dopo la sconfitta sarda del 1849, le truppe ducali ritornano padrone di tutto il territorio, liberano la Garfagnana e la Lunigiana, e partecipano con gli austriaci alla vittoriosa riconquista di Livorno, dove si era installata una giunta repubblicana. Anche nel decennio fra le due guerre d’indipendenza la pace è spesso minacciata, poiché la politica del conte Camillo Benso di Cavour (1810-1861), primo ministro del Regno di Sardegna, favorisce una situazione d’instabilità nei piccoli Stati italiani in vista della guerra contro l’impero asburgico, proteggendo azioni d’infiltrati e operazioni sovversive. L’esercito ducale deve vigilare sui confini e reprimere un tentativo insurrezionale promosso da Giuseppe Mazzini (1805-1872), fino a porre lo stato d’assedio a Carrara per metter fine agli assassinii politici e agli attentati rivoluzionari. L’epilogo avviene nel 1859 con lo scoppio della guerra fra l’Impero d’Austria e il Regno di Sardegna affiancato dall’Impero Francese. Dopo l’inizio favorevole alle armi franco-sabaude il granduca di Toscana e il duca di Parma si vedono costretti ad abbandonare le loro capitali e così il Ducato di Modena viene a essere circondato da truppe numericamente superiori, pronte ad attraversare il confine. L’esercito resiste sui monti e sui passi della Garfagnana e della Lunigiana, ma dopo la ritirata degli austriaci verso il Veneto a seguito della sconfitta di Magenta, del 4 giugno 1859, Francesco V decide di lasciare il Ducato. In uno degli episodi più belli e commoventi della storia dell’Italia risorgimentale, quasi tutti i soldati dell’esercito, 3.623 su 3.800, decidono di seguire il duca sulla via dell’esilio, che si sperava provvisorio, e marciano a bandiere spiegate fino a Mantova. Rimarranno in Veneto in attesa di tornare o di essere utilizzati contro gl’invasori o a difesa del Papa fino al 1863, quando la Brigata Reale viene sciolta.
La Parte III — La Vita Militare (pp. 265-327) —, divisa in sette capitoli, affronta minuziosamente tutti gli aspetti dell’organizzazione dell’esercito ducale, offrendo un quadro vivo di una realtà del tutto sconosciuta: l’arruolamento a sistema misto — volontari con una forma di coscrizione integrativa —, l’addestramento, le scuole militari, l’assistenza sanitaria e spirituale, le onorificenze, il trattamento economico e la vita quotidiana, il tutto arricchito da stampe, da disegni e da illustrazioni. Mirabile l’Appendice (pp. 329-363) su Le uniformi dei Corpi militari estensi dal 1848 al 1859, che fa del volume non solo un’opera scientifico-militare, ma anche un interessante spaccato di costume dell’epoca. Con il Ducato di Modena e Reggio, la cui vita termina nel 1859 senza alcuna dichiarazione di guerra, scompare un principato italiano che, per secoli, ha rappresentato un esempio di civiltà cristiana e di fedeltà all’ideale del Sacro Romano Impero. L’esercito, che segue in esilio il duca dopo aver condotto bravamente una resistenza sui passi appenninici, testimonia non solo la propria straordinaria lealtà, ma anche l’affetto e l’attaccamento della popolazione alle proprie istituzioni.
Renato Cirelli