L’opuscolo ABC per capire l’omosessualità è il frutto del lavoro di una équipe multidisciplinare comprendente medici, psicologi, psicoterapeuti e psicoanalisti, sacerdoti, pedagogisti e avvocati; questa équipe gestisce anche un sito internet (cfr.<www.obiettivo-chaire.it/>). Il gruppo, Obiettivo Chaire, prende il nome dall’invocazione che l’arcangelo Gabriele rivolse a Maria: “Chaire (gioisci), Maria!” (cfr. Lc. 1, 28). L’obiettivo degli autori è duplice: da un lato, fornire un’informazione corretta dal punto di vista scientifico e illuminata dal Magistero della Chiesa Cattolica su questo delicato tema; dall’altro, confutare gli argomenti propalati dai propagandisti dell’ideologia gay.
Gli argomenti trattati sono disposti in ordine alfabetico, in modo che a ogni lettera dell’alfabeto corrisponda un tema, e sono suddivisi in quattro sezioni. Nella prima, la sezione gialla — lettere A, B e C —, vengono esposti alcuni elementi introduttivi, fornendo una chiara definizione dei termini e inquadrando il problema dal punto di vista dell’identità di genere; la seconda, la sezione arancione — lettere D-G —, è dedicata alla storia, chiarendo la questione dell’omosessualità nell’antichità classica, evidenziando i rapporti fra il femminismo e l’ideologia gay e tracciando una storia del movimento gay; nella terza sezione, di colore rosso — lettere H-Q —, sono esposti argomenti propri delle discipline scientifiche: psicologia, pedagogia, biologia e medicina; nell’ultima sezione, contrassegnata dal colore verde — lettere R-Z — si tratta dell’esegesi biblica su questo tema e viene esposto l’insegnamento della Chiesa Cattolica sull’omosessualità.
L’omosessualità è un’inclinazione sessuale verso persone del proprio sesso. Essa non è determinata dal comportamento sessuale: vi sono infatti persone con tendenze omosessuali che vivono in castità ed eterosessuali che hanno esperienze omosessuali. Essendo un’inclinazione — o tendenza, o preferenza — non è uno “stato”, un’“identità” o una “condizione” (p. 5); non costituisce infatti un aspetto essenziale della persona, ma un accidente. Per questo motivo, correttamente, il Magistero insiste sulla locuzione “persone omosessuali”, o “persone con tendenze omosessuali” piuttosto che “omosessuali” tout court (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, dell’1-10-1986, n. 16). L’omosessualità, pur riguardando l’orientamento sessuale, ha le sue origini in un problema dell’“identità di genere” (p. 5); ciò non significa che gli uomini con tendenze omosessuali credono di essere delle donne, quanto piuttosto che — per vari motivi — non si sentono abbastanza virili da soddisfare le aspettative della società rispetto agl’individui del loro genere. L’omosessualità è dunque il sintomo di una ferita che la persona ha subito nella sua identità di genere. Non esistendo una natura omosessuale, non si può parlare di “omosessualità latente” (cfr. Irving Bieber e coll., Omosessualità, trad. it., “Il Pensiero Scientifico” Editore, Roma 1977, p. 241); si può invece correttamente affermare che le persone con tendenze omosessuali hanno una eterosessualità latente, che per qualche motivo è impedita od ostacolata. Il termine “omosessuale” non è sinonimo di gay; infatti, laddove il termine “omosessuale” designa semplicemente la persona con tendenze omosessuali, il termine gay indica un’identità socio-politica, rappresentata da una minoranza — per quanto chiassosa — di persone con tendenze omosessuali, che s’identifica nello stile di vita gay e crede che l’omosessualità sia normale e buona per sé e per la società (p. 6).
Nell’opuscolo viene confutata (pp. 7-8) la percentuale di persone omosessuali presenti nella società propalata dagli attivisti gay, il famoso “10%” frutto delle manipolazioni statistiche che l’entomologo statunitense Alfred Charles Kinsey (1894-1956) operò nella stesura dei rapporti — uno del 1948 e l’altro del 1953 — che presero il suo nome (cfr. A. C. Kinsey, Wardell B. Pomeroy [1913-2001] e Clyde Eugene Martin, Il comportamento sessuale dell’uomo, trad. it., Bompiani, Milano 1950; e A. C. Kinsey, W. B. Pomeroy, C. E. Martin e Paul H. Gebhard, Il comportamento sessuale della donna, trad. it., Bompiani, Milano 1955); inoltre si evidenzia (p. 8) l’elevata promiscuità e fragilità delle relazioni omosessuali: il medico, psicologo e psicoterapeuta statunitense David P. McWirther (1948-2004) e Andrew M. Mattison, studiosi delle relazioni omosessuali ed essi stessi coppia gay, esaminarono 156 coppie formate da omosessuali maschi; di queste, solo sette avevano avuto una relazione sessualmente esclusiva, e nessuna di esse aveva avuto una durata maggiore di cinque anni: in genere, una relazione omosessuale viene considerata di lunga durata se supera i cinque anni (cfr. D. P. McWhirter e A. M. Mattison, The male couple. How relationship develop, Reward Books, Englewood Cliff [NJ] 1984, p. 252). Una ricerca italiana condotta da Marzio Barbagli e da Asher Colombo, sociologi dell’università di Bologna, in collaborazione con esponenti del mondo gay, è giunta alla conclusione che, per le coppie formate da omosessuali maschi, “[…] è probabile […] che la stabilità dell’unione sia tanto maggiore quanto più la coppia è aperta” (M. Barbagli e A. Colombo, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, il Mulino, Bologna 2001, p. 214).
Fra le questioni affrontate nella sezione storica si trova (pp. 11-12) lo spinoso tema dell’omosessualità nell’antichità greca e romana, chiarendo che non si trattava in realtà di omosessualità — cioè di un’attrazione nei confronti di persone dello stesso sesso —, ma di comportamenti omosessuali — strettamente regolati —, tollerati in funzione della preparazione dell’adolescente alla vita sociale e politica. Si chiarisce poi (pp. 19-20) che l’accusa di omofobia, mossa dagli attivisti gay a chiunque metta in discussione i loro argomenti, è in realtà inconsistente e frutto di una tattica intimidatoria.
Nella sezione “scientifica” del testo viene affrontata (pp. 21-24) la questione di un’eventuale causa organica dell’omosessualità. L’esito delle ricerche scientifiche conferma che non esistono un “gene gay“, un “cervello gay” o un “ormone gay“: gli studi sui gemelli di John Michael Bailey e Richard C. Pillard escludono definitivamente una causa genetica (cfr. J. M. Bailey e R. Pillard, A genetic study of male sexual orientation, in Archives of general psychiatry, vol. 48, n. 12, Chicago 1-12-1991, pp. 1089-1096). Altri studi, per esempio quello di Dean H. Hamer sui marcatori genetici (cfr. D. H. Hamer, Stella Hu, Victoria L. Magnuson, Nan Hu e Angela M. L. Pattatucci, A Linkage Between DNA Markers on the X Chromosome and Male Sexual Orientation, in Science, vol. 261, Washington DC luglio 1993, pp. 321-327) e quello del biologo statunitense Simon Le Vay sul terzo nucleo interstiziale dell’ipotalamo anteriore, presentano diversi errori metodologici (cfr. S. Le Vay, A difference in hypothalamic structure between heterosexual and homosexual men, in Science, vol. 253, Washington DC agosto 1991, pp. 1034-1037). Si può quindi soltanto ipotizzare un’eventuale predisposizione biologica, non certo una causa. Cosa, quindi, determina lo sviluppo di un orientamento omosessuale? In ultima analisi si può affermare che sono gl’influssi ambientali — famiglia, società ed esperienze di vita — a condizionare lo sviluppo omosessuale, come affermano diversi psicologi fra i quali l’austriaco Alfred Adler (1870-1937), lo statunitense Irving Bieber (1908-1991), l’inglese Elizabeth Moberly, lo statunitense Joseph Nicolosi e l’olandese Gerard van den Aardweg. Fra le varie questioni affrontate vi sono quelle dei comportamenti omosessuali fra gli animali (pp. 25-26) e della derubricazione dell’omosessualità dai manuali diagnostici (pp. 31-32).
Nella quarta sezione vengono confutate le interpretazioni omosessualiste del testo biblico (pp. 49-50) e tratteggiate le indicazioni pastorali contenute nel Magistero (pp. 51-54).
Concludono il fascicolo la preziosa testimonianza di un giovane che ha ritrovato la sua eterosessualità dopo un cammino personale e spirituale (pp. 55-56), un elenco di siti e di pubblicazioni consigliati (pp. 57-60) e un Post-scriptum (pp. 61-62) dedicato al discusso e attuale tema dei cosiddetti PACS o Patti Civili di Solidarietà.
A proposito di questo argomento, viene ricordato che le leggi civili svolgono un importante ruolo nel promuovere una mentalità e un costume; un riconoscimento civile delle unioni omosessuali comporterebbe inevitabilmente un indebolimento della famiglia, che svolge un ruolo fondamentale per la tutela della società e del bene comune.
Chi sostiene il riconoscimento delle unioni omosessuali afferma che si è in presenza di un vuoto normativo che riguarda sia le coppie omosessuali che quelle eterosessuali, e che vi è una realtà che ha diritto a un riconoscimento pubblico. Questa argomentazione è perlomeno curiosa, se solo si pensa che fino a pochi anni fa i sostenitori delle coppie di fatto dichiaravano che l’amore fra due persone è un fatto privato che non ha bisogno di un “pezzo di carta” che lo sancisca. Come mai, ora, diventa così importante che le coppie di fatto abbiano un riconoscimento pubblico, tanto più che è già possibile ottenere con le leggi vigenti tutte le tutele che vengono addotte come motivazioni per questo riconoscimento? Lo spiega Gianni Rossi Barilli, attivista gay e autore di una storia del movimento gay in Italia: “[…] il punto vero è che le unioni civili sono un obiettivo simbolico formidabile. Rappresentano infatti la legittimazione dell’identità gay e lesbica attraverso una battaglia di libertà come quelle sul divorzio o sull’aborto, che dispone di argomenti semplici e convincenti: primo fra tutti la proclamazione di un modello normativo di omosessualità risolto e rassicurante. Con la torta nel forno e le tendine alle finestre, come l’ha definito una voce maligna. Il messaggio è più o meno il seguente: i gay non sono individui soli, meschini e nevrotici, ma persone splendide, affidabili ed equilibrate, tanto responsabili da desiderare di mettere su famiglia. Con questo look “affettivo” non esente da rischi di perbenismo si fa appello ai sentimenti più profondi della nazione e si vede a portata di mano il traguardo della normalità” (G. Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999, p. 212). La realtà delle coppie gay è un ulteriore argomento contro il riconoscimento civile delle unioni omosessuali; infatti, nonostante le persone con tendenze omosessuali sognino una relazione stabile, le relazioni omosessuali sono caratterizzate — come si è visto — da breve durata e da un elevato grado d’infedeltà.
Si è detto che il comportamento omosessuale è una cosa diversa dall’omosessualità. Questa differenza è importante anche dal punto di vista morale, poiché l’atto omosessuale — praticato da chiunque, qualunque tendenza sessuale esso abbia — è un peccato, non l’omosessualità, che è pur sempre un’inclinazione oggettivamente disordinata poiché contraria alla natura umana. Questo significa che vi è una responsabilità nel compiere un atto omosessuale da parte di chiunque; e che, tuttavia, non vi è responsabilità nell’essere omosessuali, così come non vi è responsabilità nell’avere la depressione o qualche fobia oppure qualsiasi altro disturbo psicologico o psichiatrico. Nella valutazione della responsabilità morale delle persone omosessuali nei confronti degli atti omosessuali va considerata inoltre una forte componente di coazione, senza che ciò elimini completamente la sua libertà e quindi la responsabilità per i suoi atti.
Si può parlare di vizio nel caso di comportamento omosessuale, ma l’omosessualità, di per sé, non è un vizio.
L’omosessuale ha responsabilità nei confronti anche dell’omosessualità e non solo dei comportamenti omosessuali? Può averla nel caso rifiuti deliberatamente di accettare il piano che la divina bontà ha predisposto per lui, ossia nel caso in cui consideri la propria omosessualità come buona per sé e per la società. In altri termini, è responsabile se accetta l’ideologia gay; bisogna considerare comunque che, fino a poco tempo fa, l’unico riferimento che gli omosessuali avevano — e, spesso, l’unica alternativa alla solitudine — era costituito dalle strutture e dai luoghi d’incontro predisposti dal movimento gay. Per questo motivo è importante mettere in atto nei confronti delle persone omosessuali quegli atteggiamenti descritti dal Catechismo della Chiesa Cattolica — “[…] devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza” (n. 2358) —, ed è urgente che si dia applicazione alle indicazioni contenute nella Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali.