«Quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno», dice il Pontefice parafrasando Fil 4,8.
di Michele Brambilla
Il 4 ottobre è la festa di san Francesco d’Assisi (1182-1226): sulla sua tomba Papa Francesco ha appena firmato la nuova enciclica Fratelli tutti. Essa viene distribuita a tutti coloro che sono giunti in piazza S. Pietro per l’Angelus domenicale, come annuncia lo stesso Santo Padre, il quale auspica «che san Francesco accompagni il cammino di fraternità nella Chiesa, tra i credenti di ogni religione e tra tutti i popoli». Sono anche i giorni nei quali in Vaticano giurano le reclute delle Guardie Svizzere: come ricorda il Papa proprio nel corso dell’Angelus, «la Guardia Svizzera fa un percorso di vita al servizio della Chiesa, del Sommo Pontefice. Sono ragazzi bravi che vengono qui per 2, 3, 4 anni e più».
Le Guardie sono un esempio molto evidente dello spirito di militanza che caratterizzava fino a non molti decenni fa tutti gli ambienti cattolici. Capita proprio “a fagiolo” il Vangelo della XXVII domenica del Tempo ordinario: «nel Vangelo di oggi (cfr Mt 21,33-43)», spiega il Pontefice, «Gesù, prevedendo la sua passione e morte, racconta la parabola dei vignaioli omicidi, per ammonire i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo che stanno per prendere una strada sbagliata». È quindi una pagina che spinge i fedeli cattolici ad un adeguato discernimento: chi sto seguendo nella mia vita? Come sto corrispondendo ai suoi insegnamenti? «L’immagine della vigna è», infatti, molto «chiara: rappresenta il popolo che il Signore si è scelto e ha formato con tanta cura; i servi mandati dal padrone sono i profeti, inviati da Dio, mentre il figlio è figura di Gesù. E come furono rifiutati i profeti, così anche il Cristo è stato respinto e ucciso». I farisei intuiscono immediatamente che la parabola li riguarda: «al termine del racconto, Gesù domanda ai capi del popolo: “Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a questi contadini?” (Mt 21,40). Ed essi, presi dalla logica della narrazione, pronunciano da sé stessi la propria condanna». Il racconto, però, parla anche agli uomini di oggi: «con questa parabola molto dura, Gesù mette i suoi interlocutori di fronte alla loro responsabilità, e lo fa con estrema chiarezza. Ma non pensiamo che questo ammonimento valga solo per quelli che rifiutarono Gesù in quel tempo. Vale per ogni tempo, anche per il nostro», ammonisce il Papa. «Anche oggi Dio aspetta i frutti della sua vigna da coloro che ha inviato a lavorare in essa. Tutti noi».
Il Santo Padre constata amaramente che «in ogni epoca, coloro che hanno un’autorità, qualsiasi autorità, anche nella Chiesa, nel popolo di Dio, possono essere tentati di fare i propri interessi, invece di quelli di Dio stesso». Allora «san Paolo, nella seconda lettura della liturgia odierna, ci dice come essere buoni operai della vigna del Signore: quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno (cfr Fil 4,8). Ripeto: quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno. È l’atteggiamento dell’autorità e anche di ognuno di noi, perché ognuno di noi, nel suo piccolo, ha una certa autorità. Diventeremo così una Chiesa sempre più ricca di frutti di santità, daremo gloria al Padre che ci ama con infinita tenerezza, al Figlio che continua a donarci la salvezza, allo Spirito che ci apre il cuore e ci spinge verso la pienezza del bene».
Lunedì, 5 ottobre 2020