A poco meno di 92 anni, il 18 luglio 2011 è scomparso, nella sua abitazione di Rockford, nello Stato nordamericano dell’Illinois, Peter John Stanlis, uno dei massimi studiosi statunitensi contemporanei, raffinato intellettuale cattolico e fra i più importanti pionieri di quello che è stato definito “movimento conservatore americano”.
Nato a Newark, nello Stato del New Jersey, da genitori lituani il 12 agosto 1919, Stanlis si diploma in Lettere nel 1942 e, dopo avere prestato servizio militare nell’aviazione fra il 1942 e il 1943, si laurea nel 1944 nella stessa disciplina alla Bread Loaf School of English del Middlebury College, nel Vermont. Su di lui esercita una decisiva influenza estetica, poetica e letteraria il poeta Robert Lee Frost (1874-1963), che lo indirizza all’Università del Michigan di Ann Arbor. Qui Stanlis consegue il dottorato nel 1951. Docente d’Inglese e di materie umanistiche in numerosi atenei, per diciotto anni insegna al Rockford College, dove dal 1968 al 1974 è direttore del Dipartimento d’Inglese e, da quella data, Distinguished Professor of Humanities.
Sensibile alla filosofia politica degli “States’ Rights”, articolazione statunitense del principio di sussidiarietà, Stanlis è membro del consiglio cittadino di Trenton, nel Michigan, dal 1955 al 1961, nonché componente — per il 1961 e il 1962 — della Michigan Constitutional Revision Commission, la commissione incaricata della revisione del testo costituzionale dell’omonimo Stato. Nel 1982, il presidente degli Stati Uniti d’America Ronald Wilson Reagan (1911-2004) lo nomina, per sei anni, membro del National Council for the Humanities.
Di questa lunga e significativa carriera due sono i personaggi centrali: il pensatore angloirlandese Edmund Burke (1729-1797) e il poeta Frost, dei quali — in controtendenza rispetto agli stilemi accademici del mondo anglofono — Stanlis mette in evidenza l’indole anti-illuminista e la matrice non razionalista, quindi, sebbene a diverso titolo, il debito nei confronti della cultura cristiana.
Agli studi dedicati a Burke Stanlis deve la propria fama, oltre che la propria carriera, riscoprendo la cifra autentica del pensiero burkeano, da lui individuata nella tradizione aristotelico-cristiana del diritto naturale. Dopo e grazie alla pubblicazione, nel 1953, di The Conservative Mind: From Burke to Santayana, l’opera maggiore dello storico statunitense delle idee Russell Kirk (1918-1994), che segna l’inizio e costituisce la linfa del movimento conservatore americano, gli studi burkeani di Stanlis si rivelano in tutta la propria fecondità.
Se infatti il conservatorismo descritto da Kirk è di fatto la rievocazione di quell’eredità critico-intellettuale del pensiero burkeano che costituisce l’essenza e la ragion d’essere di una lunga filiera di pensiero antigiacobino e antimodernistico che, diffusa sulle due sponde dell’Atlantico, costituisce il proprium antirivoluzionario di Regno Unito e Stati Uniti d’America, l’opera di Stanlis Edmund Burke and the Natural Law, del 1958 (cfr. Edmund Burke and the Natural Law, con una introduzione di V. Bradley Lewis, 4a ed., Transaction, New Brusnwick, New Jersey 2003), fornisce la “pezza d’appoggio” decisiva all’intera tesi kirkiana, divenendo l’insuperata certificazione di qualità del nascente “movimento conservatore”.
Anche sul retaggio giusnaturalistico classico-cristiano, che appunto in Burke conosce un grande campione fecondo pure nel subcontinente nordamericano, si basa del resto la questione fondamentale della grande differenza e addirittura — nei termini burkeani seguiti da Kirk e da Stanlis, nonché dal “movimento conservatore americano” — l’antiteticità fra la Rivoluzione Francese del 1789 e la cosiddetta “rivoluzione americana”, alias Guerra d’Indipendenza nordamericana (1775-1783).
Stanlis, che nel 1953 fonda e fino al 1973 dirige il periodico specialistico The Burke Newsletter, poi divenuto Studies in Burke and His Times, lascia diverse opere importanti: l’antologia Edmund Burke: Selected Writings and Speeches (Doubleday, New York 1963), con introduzione e note a cura sua, opera più volte ripubblicata da editori vari e con titoli diversi fino all’edizione più recente, Edmund Burke: Essential Works and Speeches (Transaction, New Brunswick [New Jersey] 2006); le raccolte di saggi da lui curate e introdotte The Relevance of Edmund Burke (Kenedy & Sons, New York 1964) ed Edmund Burke, the Enlightenment and the Modern World (University of Detroit Press, Detroit 1967); Edmund Burke on Conciliation with the Colonies and Other Papers on the American Revolution, che pure cura (The Stinehaur Press, Lunenberg 1975); nonché lo studio definitivo sul pensatore angloirlandese Edmund Burke: the Enlightenment and Revolution, con una premessa di Kirk (Transaction, New Brunswick, 1991).
Ospite di Alleanza Cattolica per conferenze svolte in Italia nel 1994, Stanlis ha firmato sul periodico Cristianità tre saggi, frutto della sistemazione autorizzata di una “intervista-fiume” rilasciata nel 1992 dallo studioso statunitense a Marco Respinti a Mecosta, nel Michigan, nella sede di The Russell Kirk Center for Cultural Renewal, e sempre con un certo orgoglio citati da Stanlis fra le traduzioni all’estero di suoi scritti.
Pubblicati in Cristianità:
1. Edmund Burke (1729-1797) e il giusnaturalismo classico, n. 267-268
2. Rivoluzione francese, democrazia moderna e Repubblica nordamericana, n. 269
3. Conservatori e neoconservatori negli Stati Uniti d’America: da Edmund Burke a John Locke, n. 270