GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai Vescovi della Lituania in occasione della visita ad limina, del 17-9-1999, nn. 3 e 6-8, in L’Osservatore Romano, 18-9-1999. Titolo redazionale.
[…] la Chiesa lituana si trova oggi ad affrontare sfide che esigono vigilanza, impegno generoso, nuova creatività. Libera ormai dai ceppi di uno Stato totalitario e anticristiano, la fede è insidiata dai tentacoli di un’aggressione più sottile, costituita dalla seduzione del modello secolaristico ed edonistico della vita, che largamente predomina nei Paesi economicamente più evoluti. […] Alcuni dei problemi etici che purtroppo dilagano in tutto il mondo — dalla crisi della famiglia alla scarsa considerazione del valore della vita — si presentano rilevanti anche in terra lituana. Sullo stesso piano specificamente religioso, la fede è messa alla prova anche dalla diffusione delle sette. […] la nuova evangelizzazione è la prima e inderogabile urgenza della pastorale lituana.
Non v’è dubbio […] che l’efficacia dell’evangelizzazione dipenda in gran parte dalla tensione spirituale dei sacerdoti, “provvidi collaboratori dell’ordine episcopale” (Lumen gentium, 28). Se a voi, cari Confratelli, spetta di essere “araldi della fede” e “dottori autentici” (ivi, 25) in mezzo al gregge a voi affidato dallo Spirito Santo (cfr. At. 20, 28), solo l’azione capillare dei vostri presbiteri può assicurare che ciascuna comunità cristiana sia nutrita dalla Parola di Dio e sostenuta dalla grazia dei sacramenti. […].
Ma al di là dei ruoli pastorali specifici, bisogna nutrire profonda consapevolezza che la sfida di un’evangelizzazione efficace non si può affrontare che facendo leva sul compito profetico proprio di tutti i battezzati. È ora che le comunità cristiane diventino comunità di annuncio!
In questa prospettiva è urgente la formazione del laicato, anzi la promozione di una spiritualità laicale, che aiuti i laici cristiani a vivere profondamente la loro vocazione alla santità “trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen gentium, 31). Spetta in particolare ai laici ben formati farsi lievito nella società, per la salvaguardia di quei valori, insieme umani e cristiani, sui quali si gioca il futuro dell’uomo. Mi riferisco in particolare al rispetto della vita umana, oggi sempre più insidiata da una cultura di morte che si maschera come cultura di libertà. Penso anche alla famiglia, che va ripresentata con forza come alleanza di amore indissolubile, che unisce stabilmente un uomo e una donna e li rende collaboratori di Dio nella generazione ed educazione dei figli. Un impegno laicale significativo, particolarmente urgente nella giovane democrazia lituana, è quello che concerne la politica. Esso esige dal cristiano la piena coerenza coi valori evangelici, quali sono proposti nella Dottrina Sociale della Chiesa, e al tempo stesso la loro intelligente e responsabile mediazione nelle complesse circostanze della storia. Da questo statuto dell’azione politica del cristiano discende una necessaria distinzione di ambiti e di ruoli. Come il Concilio ci ha insegnato, altro è il compito dei pastori, altra è la responsabilità che i fedeli laici si assumono, personalmente o in gruppo (cfr. Gaudium et spes, 76). La confusione dei ruoli rischierebbe di portare la Chiesa su terreni che non le sono propri, e questo, se può essere talvolta giustificato da circostanze eccezionali, normalmente finisce per avere effetti controproducenti.
In realtà, il vero “segreto” di una presenza significativa della Chiesa nella società lituana è la formazione di un laicato maturo, che renderà sempre meglio la sua testimonianza nella società, se troverà anche il suo spazio proprio all’interno della comunità cristiana, attingendovi formazione e sostegno, e offrendo al tempo stesso i servizi consoni alla vocazione laicale. I laici non possono essere nella Chiesa soggetti passivi! A tale scopo la comunità cristiana, nelle sue diverse articolazioni, deve svilupparsi sempre di più come luogo di comunione e di corresponsabilità, perché tutti i battezzati siano aiutati a diventare e si sentano “adulti” nella fede.
Giovanni Paolo II