Giovanni Paolo II, Cristianità n. 316 (2003)
Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale della Scozia in visita ad limina Apostolorum, del 4-3-2003, n. 4, in L’Osservatore Romano, 5-3-2003. Titolo redazionale.
Un aspetto importante della nuova evangelizzazione è l’esigenza, molto sentita, dell’evangelizzazione della cultura. Le culture umane di per sé non sono statiche, bensì in costante cambiamento attraverso i contatti che i popoli hanno tra di loro e le nuove esperienze che condividono. È la cultura dei valori a permettere a una cultura di sopravvivere e prosperare. Il contesto culturale stesso permea la vita della fede cristiana, il che a sua volta contribuisce a modellare tale contesto. I cristiani sono quindi chiamati a portare l’immutabile verità di Dio a ogni cultura. E poiché “il popolo dei battezzati si distingue per una universalità che sa accogliere ogni cultura”, occorre aiutare i fedeli a promuovere ciò che è implicito nelle culture diverse, “verso la sua piena esplicazione nella verità” (Fides et ratio, n. 71).
Nelle società in cui la fede e la religione sono viste come qualcosa che dovrebbe essere limitato alla sfera privata, e che quindi non ha spazio nella vita pubblica o nel dibattito politico, spesso è ancor più importante che il messaggio cristiano venga compreso chiaramente per quello che è: la Buona Novella di verità e di amore che rende liberi gli uomini e le donne. Quando le fondamenta di una cultura specifica poggiano sul cristianesimo, la voce del cristianesimo non può essere messa a tacere senza impoverire gravemente quella cultura. Inoltre, se la cultura è il contesto in cui l’individuo trascende se stesso, allora rimuovere l’Assoluto da tale contesto, o metterlo da parte come irrilevante, porta a una pericolosa frammentazione della realtà o fa nascere crisi, poiché la cultura non sarà più in grado di presentare alle giovani generazioni la fonte di significato e di saggezza che esse, in ultima analisi, ricercano. Per questa ragione, i cristiani dovrebbero essere uniti in diakonia con la società: in autentico spirito di cooperazione ecumenica, con la vostra partecipazione attiva, i discepoli di Cristo non devono mai cessare di rendere presente in ogni ambito della vita — pubblico e privato — la luce che l’insegnamento del Signore getta sulla dignità della persona umana. È questa la luce di verità che dissipa le tenebre dell’interesse egoistico e della corruzione sociale, la luce che illumina il cammino di un giusto sviluppo economico per tutti. E i cristiani non sono soli nel compito di far risplendere sempre più questa luce nella società. Insieme agli uomini e alle donne di altre credenze religiose e alle altre persone di buona volontà, con cui condividono valori e princìpi comuni, le vostre comunità cattoliche sono chiamate a lavorare per il progresso della società e per la pacifica convivenza di popoli e culture. Pertanto, anche l’impegno e la collaborazione interreligiosi sono un mezzo importante per servire la famiglia umana. In effetti, laddove non si permette alla luce di verità di risplendere nei dibattiti pubblici, gli errori e le illusioni facilmente si moltiplicano e spesso giungono a dominare nelle decisioni relative alle linee da seguire. Questa situazione appare ancora più evidente quando coloro che hanno perso o abbandonato la fede in Dio attaccano la religione: può emergere una nuova forma di settarismo, il che è tanto amaro quanto tragico, aggiungendo un ulteriore elemento di divisione nella società.