Intervista a Mons. de Moulins-Beaufort da La Croix del 02/11/2020
Mons. de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza Episcopale Francese in una intervista rilasciata al quotidiano “La Croix” il primo novembre scorso ha espresso con chiarezza la posizione della Chiesa di Francia su quanto sta accadendo nel paese d’oltralpe.
Riportiamo di seguito la traduzione dell’intervista integralepubblicata il 2 novembre sul medesimo quotidiano.
La Croix: un nuovo attentato ha colpito la Francia, prendendo di mira i cattolici in una chiesa a Nizza. Come reagire senza sentirsi disarmati e cedere alla rabbia?
Monsignor Éric de Moulins-Beaufort: Bisogna mettere nel conto di essere arrabbiati o spaventati. Queste sono reazioni umane. Ma cosa ne facciamo? Questa domenica di Ognissanti, abbiamo ascoltato le Beatitudini in modo provvidenziale: risuonano come un appello a chiedere la grazia di Dio per trasformare la nostra rabbia e la nostra paura in energia per un bene superiore. Non rimaniamo bloccati nella paura o nella disperazione e intrappolati nella rabbia che può trasformarsi in odio. Le Beatitudini aprono una strada e Cristo ci dà l’esempio.
La Croix: Teme le reazioni di alcuni cattolici o più in generale dei francesi dopo questo attentato?
Monsignor Éric de Moulins-Beaufort: La Francia ha reagito in modo ammirevole, così come dopo gli attentati contro Charlie Hebdo, il Bataclan o l’assassinio di padre Jacques Hamel. Di fronte alla violenza terroristica, il paese ha sempre mostrato molta dignità, coesione e abbastanza fermezza, anche quando era attraversata da momenti di contestazione sociale. Già dopo l’assassinio di padre Hamel, molti osservatori in Francia e all’estero erano rimasti colpiti dalla reazione dei cattolici francesi. Non ho dubbi che sarà lo stesso dopo l’attentato di Nizza.
La Croix: Di fronte alla minaccia islamista, come predicare la fratellanza senza mostrare ingenuità?
Prima di tutto vedo grandi progressi: i politici, i giornalisti, con una certa fermezza, così come i leader musulmani del nostro Paese, coraggiosamente, indicano da dove viene il male. Dobbiamo essere in grado di sottolineare la patologia dell’Islam rappresentata dall’islamismo. Questa ideologia globalizzata, nutrita da individui e alimentata dai discorsi di alcuni politici stranieri, esercita una notevole influenza, in particolare grazie a Internet. È drammatico vedere come tanti giovani si lasciano catturare da questa ideologia e ne diventano gli attuatori.
Cristo ci invita a credere che valga la pena andare verso l’altro: non per fargli guerra, ma per anticipare la comunione eterna. Quindi, sì, c’è un elemento di rischio, ma crediamo che né l’odio né l’oppressione vinceranno. Le misure di polizia, assolutamente necessarie, non sono sufficienti. Con i musulmani che incontriamo, osiamo credere che sia possibile quanto necessario conoscersi e valorizzarsi a vicenda, pur senza condividere la stessa fede.
La Croix: Come essere operatori di pace all’interno di quella che alcuni definiscono una guerra contro il fanatismo?
Monsignor Éric de Moulins-Beaufort:Non esito a dichiarare che siamo in guerra contro questa ideologia dell’islamismo. È una lotta a carattere planetario nella quale sono coinvolti anche i musulmani. Reca un grande danno a coloro che vogliono vivere la loro fede musulmana. Forse più musulmani, nel nostro paese e altrove, dovrebbero poterlo dire con fermezza. La violenza è nel cuore di tutti gli uomini, compreso il mio. È anche accaduto che cristiani violenti abbiano usato la loro fede per giustificare il dominio e la distruzione. Trasformare la violenza è un lavoro che tutti dobbiamo fare su noi stessi.
Bisogna prendere delle misure di sicurezza, ma in questa guerra che è soprattutto una guerra spirituale, dobbiamo stare attenti a non lasciarci assorbire dalle armi del nemico. Non è mettendo una violenza contro un’altra che riusciremo veramente a vincere. Il nostro atto di fede, come cristiani, è credere che la violenza possa essere superata con la forza dell’amore e del perdono, che non esclude le misure di polizia e il dovere di protezione dello Stato.
La Croix: Quale può essere il ruolo della Chiesa in questa lotta al fanatismo?
Monsignor Éric de Moulins-Beaufort: Dobbiamo cercare di ricevere la parola di Dio in tutta la sua forza e tutte le sue implicazioni, e testimoniarla. La Chiesa deve far ascoltare la parola di Dio, aiutare i fedeli a vivere una relazione viva con Cristo, la cui caratteristica è morire in croce per risuscitare: questo è il suo modo di affrontare il mistero del male. Dobbiamo cercare di non vivere solo accanto ai musulmani, ma osare di relazionarci con loro, di non avere paura.
Nella sua enciclica Fratelli tutti, il Papa sottolinea, in modo stupefacente, il suo legame di amicizia con il grande Imam di Al-Azhar. In un certo senso sta cercando di guidare tutti i musulmani di buona volontà verso l’espressione della vera fratellanza e la ricerca della verità. È una scommessa che sta facendo e nella quale trascina tutta la Chiesa.
Come andare ancora oltre nell’incontro con i musulmani francesi?
Ciò che manca oggi sono i rapporti reali tra famiglie cristiane e famiglie musulmane, una vera conoscenza reciproca su base quotidiana. Per ragioni prevalentemente sociali spesso coabitiamo senza vivere insieme. Abbiamo contatti al vertice, impariamo a stimarci tra i responsabili. Ma la cosa più importante è che i bambini, i giovani, le famiglie si scoprano in profondità. I cristiani radicati nella loro fede possono testimoniare pacificamente.
Oltre al rischio terroristico, c’è un rischio per la salute. Come affrontare questo secondo confinamento?
Tutte le misure prese da maggio non sono state sufficienti per contenere questa epidemia, quindi è necessario reagire. Ma mi dispiace che alle chiese venga nuovamente imposto il divieto di celebrare. Ho appena scritto al Primo Ministro, come avevo scritto a Édouard Philippe, perché mi sembra che, nel nostro regime di separazione, lo Stato, se può limitare il numero di persone riunite quanto necessario, non può entrare nel merito di questa o di quella liturgia.
La Conferenza episcopale francese esamina il decreto da questo punto di vista. È molto importante non lasciare nei testi ufficiali formulazioni contrarie al rispetto della libertà di culto, soprattutto quando il governo sta predisponendo una legge che accentua la sua vigilanza sulle attività religiose.
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