Papa Francesco, Cristianità n. 371 (2014)
Il 12-11-2013, a Roma, nella Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini, è stata presentata l’opera Primato pontificio ed episcopato. Dal primo millennio al Concilio ecumenico Vaticano II. Studi in onore dell’arcivescovo Agostino Marchetto, curata da da Jean Ehret ed edita dalla Libreria Editrice Vaticana. Nell’occasione è stata data lettura della missiva — qui pubblicata con la cortese autorizzazione del destinatario e con un titolo redazionale, ricavato dal testo — inviata il 7-10-2013 da Papa Francesco a S. E. mons. Marchetto, segretario emerito del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e gli itineranti e studioso del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965).
Caro Mons. Marchetto,
con queste righe desidero farmi a Lei vicino e unirmi all’atto di presentazione del libro Primato pontificio ed episcopato. Dal primo millennio al Concilio ecumenico Vaticano II. Le chiedo che mi senta spiritualmente presente.
La tematica del libro è un omaggio all’amore che Ella porta alla Chiesa, un amore leale e al tempo stesso poetico. La lealtà e la poesia non sono oggetto di commercio: non si comprano né si vendono, sono semplicemente virtù radicate in un cuore di figlio che sente la Chiesa come Madre; o per essere più preciso, e dirlo con «aria» ignaziana di famiglia, come «la Santa Madre Chiesa gerarchica».
Questo amore Lei lo ha manifestato in molti modi, incluso correggendo un errore o imprecisione da parte mia, — e di ciò La ringrazio di cuore —, ma soprattutto si è manifestato in tutta la sua purezza negli studi fatti sul Concilio Vaticano II.
Una volta Le ho detto, caro Mons. Marchetto, e oggi desidero ripeterlo, che La considero il migliore ermeneuta del Concilio Vaticano II. So che è un dono di Dio, ma so anche che Ella lo ha fatto fruttificare.
Le sono grato per tutto il bene che Lei ci fa con la sua testimonianza di amore alla Chiesa e chiedo al Signore che ne sia ricompensato abbondantemente.
Le chiedo per favore che non si dimentichi di pregare per me. Che Gesù La benedica e la Vergine Santa La protegga.
Vaticano, 7 ottobre 2013
Fraternamente,
Francesco
Glossa
Nel discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005 Papa Benedetto XVI (2005-2013) ha indicato nell’«“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa» (Benedetto XVI, Discorso ai Cardinali, agli Arcivescovi, ai Vescovi e ai Prelati della Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 22-12-2005, in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. I, 2005. (Aprile-Dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, pp. 1018-1032 [p. 1024]) l’unica interpretazione possibile dell’evento costituito dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965). L’alternativa è costituita unicamente da una «ermeneutica della discontinuità e della rottura» (ibidem) che, come ha successivamente precisato l’attuale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Gerhard Ludwig Müller, non sfugge, qualora perseguita con radicalità e pertinacia, alla nota teologica dell’eresia (Gerhard Ludwig Müller,Davvero è accaduto qualcosa di grande, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 29-11-2012). In quello stesso anno era uscita un’importante opera di mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua storia (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005). In esso l’autore mostrava, con precisione storica e teologica — due prospettive indistinguibili quando si parla del valore di un concilio ecumenico per la fede della Chiesa — che la «scuola di Bologna» aveva costruito una storia dell’evento come se esso rappresentasse una rottura con il passato, l’inizio di qualcosa di radicalmente nuovo, diffondendo in tutto il mondo questa ermeneutica con straordinaria ampiezza di mezzi e formidabile sostegno massmediatico. Molti esponenti di questa scuola hanno accolto l’intervento del Papa come se fosse una pura ovvietà, qualcosa di assolutamente scontato, tentando così di introdursi — alla chetichella — nella linea del Pontefice.
Ma a essi si sono affiancati altri che hanno accolto il pronunciamento del Papa come un invito alla discussione, al «dibattito», inteso concretamente come l’autorizzazione di una critica dottrinale al Concilio che veniva di volta in volta, più o meno larvatamente, sospettato di essere «eretico» o «eretizzante». In un suo secondo libro — Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Per una sua corretta ermeneutica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2012 — mons. Marchetto riprendeva il discorso mostrando impietosamente le ambiguità di entrambe queste posizioni. Papa Francesco è stato subito «arruolato» nelle file di una lettura «di rottura» del Concilio Vaticano II, ma con la lettera indirizzata personalmente a mons. Marchetto lo ha definito «il miglior ermeneuta del Concilio Vaticano II». Si tratta di una presa di posizione molto importante per la forma, una lettera ufficiale, e soprattutto per il contenuto, che pone Papa Francesco — ma poteva essere altrimenti? — in piena continuità con quella che è una scelta interpretativa di carattere non puramente teologico, ma magisteriale e dottrinale.
Don Pietro Cantoni