Marco Respinti, Cristianità n. 354 (2009)
Alleanza Cattolica è un’associazione di laici cattolici, impegnati nell’apostolato culturale, che si propone lo studio e la diffusione della dottrina sociale della Chiesa Cattolica; vale a dire anche un’”agenzia” cattolica — non un movimento — che ha il duplice scopo di studiare e di diffondere il magistero pontificio e di applicarne gl’insegnamenti ai problemi religiosi, culturali e politici del nostro tempo, sotto la responsabilità dei laici che la dirigono e, ovviamente, senza impegnare la Gerarchia.
Alleanza Cattolica nasce in modo informale nel 1960 e in seguito riceve maggiore formalità. Ciò avviene in primis in reazione alla “contro-cultura” del Sessantotto, cioè a un momento specifico dell’itinerario di diffusione della Rivoluzione anticristiana, la fase storica che ha come epicentro emblematico e come momento a quo di propagazione e di propaganda ideologiche nel mondo occidentale — e forse, per certi aspetti, nel mondo intero — l’anno 1968, a partire dal cosiddetto Maggio Francese. Con questa espressione si designa, infatti, l’insieme dei movimenti studenteschi, e in un secondo momento operai, verificatisi in Francia nei mesi di maggio e giugno del 1968. Del Sessantotto, dunque, così come delle sue conseguenze e dei suoi riflessi — in una formula unitaria, dell’ideologia che ne nasce — Alleanza Cattolica fa oggetto di studio costante: pour cause giacché al Sessantotto, per speculum, l’associazione deve lo stimolo originario al proprio organizzarsi formale — o, meglio, “più formale” —, dunque poiché il suo lascito genera l’ambiente, il clima e la temperie culturali in cui inevitabilmente si svolge il suo apostolato.
Di Alleanza Cattolica è fondatore e reggente nazionale Giovanni Cantoni. Nato a Piacenza nel 1938, di formazione giuridica, Cantoni articola i propri interessi dal diritto positivo al diritto naturale e dalla filosofia alla teologia della società e della storia. All’inizio degli anni 1960 promuove a Piacenza, con altri, le Edizioni di Restaurazione Spirituale, per i cui tipi vede la luce un solo testo, La libertà tirannia. Saggi sul liberalismo risorgimentale (1) — raccolta di articoli di padre Luigi Taparelli d’Azeglio (1793-1862) —, e dal 1961 al 1972 collabora al quotidiano Secolo d’Italia, allora organo ufficiale del Movimento Sociale Italiano quindi Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale, a L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, e al trimestrale di lettere, scienze e arti Nuova Antologia. Nel 1972 fonda l’editrice Cristianità e dal 1973 ne dirige il periodico omonimo. Rettore dal 1994 al 2008 dell’IDIS, l’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale, di Roma, dal 1994 al 2003 collabora nuovamente, come editorialista, al quotidiano Secolo d’Italia, allora organo ufficiale di Alleanza Nazionale, curando la rubrica settimanale Dizionario del Pensiero Forte (2). Dal 2000 collabora a il Timone. Mensile di informazione e formazione apologetica e dal 2006 dirige la collana Magna Europa. Panorami e voci presso l’editore D’Ettoris di Crotone, che prende spunto e avvio, ma soprattutto assume contorni e portata, in relazione al primo titolo pubblicato, Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa (3).
Fra i suoi scritti figurano L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Saggio introduttivo all’opera del pensatore e leader cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (4); La “lezione italiana”. Premesse, manovre e riflessi della politica di “compromesso storico” sulla soglia dell’Italia rossa (5); Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione” (6); Aspetti in ombra della legge sociale dell’islam. Per una critica della “vulgata” “islamicamente corretta” (7); e Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo (8). Cura, inoltre, e presenta, di Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della “fabbrica” del testo e documenti integrativi (9). Suoi studi sono stati tradotti in portoghese, spagnolo e slovaco.
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Di Cantoni nel 2008 è ricorso il settantesimo compleanno. Per l’occasione è stata pubblicata l’opera A maggior gloria di Dio, anche sociale (10), a cura di PierLuigi Zoccatelli e d’Ignazio Cantoni. Si tratta di un liber amicorum et filiorum, che raccoglie scritti di “amici e figli spirituali” di Cantoni. Vale a dire di soci di Alleanza Cattolica, che del suo reggente nazionale sono amici nel senso per esempio rintracciabile nell’insegnamento di sant’Aelredo (1109/1110-1166/1167), abate del monastero cistercense di Rievaulx, nello Yorkshire, in Inghilterra, e autore del trattato L’amicizia spirituale (11), e che ne sono “figli spirituali” nella misura in cui si riconoscono in Alleanza Cattolica come membri di una famiglia spirituale, della loro famiglia spirituale.
L’associazione, infatti, è per i suoi soci il modo storicamente concreto e non opzionale, ancorché pienamente volontario, di vivere la Chiesa Cattolica e nella Chiesa Cattolica di vivere l’amore pieno al suo Divino Fondatore e la fedeltà altrettanto piena al suo Vicario in Terra: ossia il sentire cum Ecclesia di sant’Ignazio di Loyola (1491 ca.-1556) e l’affermazione “Tu es Petrus”, “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt. 16, 18). Vale a dire il modo specifico con cui i soci operano, così da conseguire la santificazione personale e quella del prossimo — e il “prossimo più prossimo” di un socio di Alleanza Cattolica è rappresentato dagli altri soci —, rispondendo alla chiamata divina all’apostolato e all’evangelizzazione e questo — secondo vocazione specifica e propria, altrettanto liberamente da ogni socio scelta e assunta — con stile e mediante dottrina contro-rivoluzionari al fine di essere, come dice Papa san Pio X (1903-1914), “operai della restaurazione sociale” (12).
Del resto, la costituzione dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) sulla Chiesa Lumen gentium, definisce la famiglia — società naturale umana — cristiana una “Chiesa domestica” (13), riconoscendo quindi il rapporto organico che esiste fra la Chiesa Cattolica “in grande” — società perfetta d’istituzione divina — e la “Chiesa in miniatura”, che nasce dal sacramento del matrimonio attraverso cui l’uomo e la donna cristiani partecipano al mistero di unità che intercorre fra Gesù Cristo e la Chiesa. Per analogia, dunque, le associazioni umane non naturali ma volontarie, per esempio Alleanza Cattolica, che si sentono, che vogliono e che si sforzano di far parte della Chiesa Cattolica, sono “famiglie spirituali” nella misura in cui “imitano”, nello spirito, il sacramento del matrimonio, quindi anche, in certa misura, cioè sempre per analogia, con valore di sacramentale.
Dunque, e sempre per analogia, anche le famiglie spirituali cristiane di natura associativa sono, in quanto forme di famiglia, forme di “Chiesa domestica”. Osservo, peraltro, a tale proposito, che l’etimo del sostantivo latino domus, da cui viene l’aggettivo italiano “domestico”, regge, oltre al senso stretto di “casa”, anche quello ampio di “patria” — e questo come semantizzazione lato sensu di quello: domus patris, domus patria —, cioè di “famiglia allargata” che si riconosce attorno a dei patres, tale per cui la famiglia — la casa — è la patria prima e naturale dell’uomo così come la patria intesa quale comunità politica di uomini è famiglia di famiglie (14). Una famiglia spirituale — un’associazione cattolica, per esempio Alleanza Cattolica — è cioè una “Chiesa domestica” allargata e analogica, ovvero, per l’insieme dei suoi soci e delle loro famiglie che sono “Chiese domestiche” naturali e proprie — un insieme, questo, che dunque è famiglia spirituale di famiglie —, casa e patria terrene in figura Ecclesiae che annunciano e che prefigurano la Patria Celeste. Per questo, seppur volontaria, la militanza in Alleanza Cattolica è, per i suoi soci, impegno morale cogente e urgente, dunque vocazione.
In questo quadro, il reggente nazionale di Alleanza Cattolica, pater di quella domus, è il paterfamilias “laico che benedice” (15), figura putativa del Padre Celeste che è fonte della sua autorità. Si noti che la lingua latina costruisce in maniera eccezionale il nominativo di pater associato al genitivo di familia — sostantivi speciali — onde sottolinearne anche grammaticalmente, cioè ordinatamente e logicamente, l’importanza del loro legame intimo, come del resto declina in maniera altrettanto eccezionale il sostantivo domus. Altri casi simili sono i sostantivi e nomi propri di persona Deus, Dio, e Iesus o Jesus, Gesù, le cui declinazioni sono tutte eccezionali.
Il paterfamilias della famiglia spirituale Alleanza Cattolica guida dunque l’associazione additando la Croce e la scientia Crucis nel medesimo spirito con cui san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716) indirizza la propria Lettera agli amici della Croce (16) e scrive L’amore dell’eterna Sapienza (17). Tanto che i gruppi locali di Alleanza Cattolica che settimanalmente riuniscono soci e aspiranti per comunicazioni di natura formativa e informativa sotto la guida di un dirigente — alter pater, paterfamilias minor — sono detti, nel linguaggio associativo, “croci” e sono sempre intitolate a un santo.
Nell’opera A maggior gloria di Dio, anche sociale, i contributi di soci, se in qualche misura valgono iniziale specimen dei campi e dei raggi di azione in cui l’apostolato contro-rivoluzionario di Alleanza Cattolica è venuto nei decenni articolandosi fra intenzione apologetica — dunque polemica, a confutazione dell’errore —, sollecitudine catechetica — dunque formativa e pedagogica, funzionale alla conoscenza e alla trasmissione della verità — e “nostalgia dell’avvenire” (18) — dunque opera d’impegno restauratorio per sforzarsi, anche grazie a questi mezzi, di raggiungere la santità —, sono però anche certamente un primo frutto attraverso cui giudicare la rettitudine d’intenzione e la bontà dell’albero Alleanza Cattolica (cfr. Mt. 7, 15-19 e 12, 33), così come un iniziale, ma importante e pubblico, gesto di testimonianza, di profezia — cioè di affermazione —, di protesta — cioè di rivendicazione — e di ringraziamento dei filii rispetto al paterfamilias.
Scrivono infatti i curatori del volume, “a nome” di tutti gli autori e di tutti i soci di Alleanza Cattolica, peraltro sintetizzando in una “divisa” efficace lo spirito con cui il liber amicorum et filiorum è stato ideato, progettato, realizzato e pubblicato: “Grati per il pensiero e per l’opera spesi “per la maggior gloria di Dio, anche sociale”, i soci tutti di Alleanza Cattolica, nelle persone degli autori, desiderano rendere omaggio con il presente volume al suo fondatore in occasione del settantesimo compleanno. In esso vengono raccolti testi su varie tematiche di storia, cultura, etica, politica, sociologia e dottrina sociale della Chiesa che in Giovanni Cantoni trovano un attento studioso, nella consapevolezza che solo un esame multidimensionale e multiprospettico può rendere conto della complessità del reale, seppure mai esaustivamente; e un maestro deciso a insegnare non solo contenuti, ma anche — e soprattutto — metodi” (risvolto di copertina).
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Maestro di dottrina e soprattutto di metodo, Cantoni cura scrupolosamente, nella produzione sia scritta sia orale, la scientificità delle fonti e la loro valenza, la precisione delle citazioni e i loro modi, la puntualità dei riferimenti e il loro uso, l’organicità dell’esposizione e la sua fruizione, affidando anche alle forme “esteriori” la trasmissione di parti consistenti e sapide dei contenuti stessi del “discorso” apologetico di apostolato contro-rivoluzionario. Per questo, di tale cura il liber amicorum et filiorum, nella figura dei curatori e degli autori, fa un aspetto qualificante del suo porsi — anche tenendo conto del fatto che la sua pubblicazione è stata sorpresa e regalo per il suo destinatario primo, tenuto all’oscuro della realizzazione dell’opera —, nella consapevolezza che “l’abito non fa il monaco”, ma lo costringe a ricordare costatemente chi è. Il volume si presenta dunque con carta e veste editoriale che esplicitamente “citano” carta e veste editoriale delle pubblicazioni “originali”, “tipiche”, dell’editrice Cristianità così come esse sono state realizzate negli anni 1970 e il cui aspetto — autore, titolo, sottotitolo e nome dell’editore stampati con colore nero in campo bianco circondato da un’ampia bordatura rossa che mostra al centro lo stemma di Alleanza Cattolica e di Cristianità, sia casa editrice sia periodico omonimo — è noto e familiare — quasi un “logotipo” — ai soci e agli amici di Alleanza Cattolica, certamente a partire dalla seconda edizione italiana di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, pubblicata nel 1972.
Lo stesso editore Cantagalli di Siena è stato appositamente scelto, in partnership libera, come ulteriore riferimento e omaggio alla storia di Alleanza Cattolica. Numerosi testi editi da Cantagalli, infatti, hanno svolto nella e per la storia dell’associazione — soprattutto alla fine degli anni 1960 e negli anni 1970, decenni in cui il “tavolo della buona stampa” si presentava più sguarnito rispetto ai decenni successivi — un ruolo primario di formazione per i soci e per gli amici, certamente a partire dal trattato di san Grignion de Montfort, Il segreto ammirabile del Santo Rosario (19), pubblicato in prima edizione nel 1975 nella traduzione e con la curatela di Marco Tangheroni (1946-2004), storico del Medioevo e socio fondatore di Alleanza Cattolica. Il trattato montfortano è, peraltro, cifra eloquente dell’esplicita e cosciente spiritualità e qualità mariane dell’apostolato di Alleanza Cattolica — anche a imitazione dei suoi maestri di scuola contro-rivoluzionaria (20) —, secondo una devozione ben sintetizzata nella divisa dell’associazione — mutuata dalla tradizione cattolica e perfettamente consona alla vocazione sociale di Alleanza Cattolica nonché al suo stile contro-rivoluzionario —, “Cor Jesu, adveniat regnum tuum! Adveniat per Mariam!”.
Infine — ultimo solo in ordine di elenco, e questo in segno di sottolineatura particolare — il titolo dell’opera: A maggior gloria di Dio, anche sociale è versione italiana del motto distintivo di Alleanza Cattolica “ad maiorem Dei gloriam, et socialem”, promessa e divisa, programma e rivendicazione, traguardo e ideale, esortazione e compendio dello spirito dell’apostolato contro-rivoluzionario specifico dell’associazione. Il motto evoca del resto la positiva e non facoltativa intenzione del cattolico sul piano psicologico — giacché fattualmente ciò avviene, con tutta evidenza, indipendentemente dalla sua volontà e “a monte” — di estendere il portato del mistero dell’Incarnazione di Gesù Cristo anche alla dimensione socio-politica della vita umana e questo nel quadro dei princìpi della dottrina sociale della Chiesa Cattolica. Tale prospettiva chiede pertanto agli uomini di mettersi con generosità al servizio della costruzione di una civiltà che contribuisca a manifestare pubblicamente la regalità anche sociale di Gesù Cristo, evocata ed emblematizzata dal sostantivo Cristianità, per ciò stesso scelto a titolare l’organo ufficiale di Alleanza Cattolica e la sua casa editrice, bracci della presenza concreta dell’associazione nella società. Peraltro, il motto di Alleanza Cattolica riprende e integra la forma attuale del motto della Compagnia di Gesù, “ad maiorem Dei gloriam”. Alleanza Cattolica, del resto, è decisamente improntata a una spiritualità ignaziana, ovvero ispirata a quel “combattimento spirituale” da cui gemma quel “combattimento culturale” — apologetico e formativo — che sono i tratti distintivi dell’apostolato di sant’Ignazio, fondatore della Compagnia di Gesù, e in specie presenti in quegli Esercizi spirituali che al santo padre fondatore ispirò la Beata Vergine Maria, i quali Alleanza Cattolica — così anche rimarcando la devozione mariana che ne contraddistingue lo stile contro-rivoluzionario — propone statutariamente ai militanti e agli amici come pia pratica di elevazione spirituale e di cammino verso la santità, secondo il metodo di padre Francesco di Paola Vallet (1883-1947), fondatore dei Cooperatori Parrocchiali di Cristo Re.
Sulla copertina dell’opera A maggior gloria di Dio, anche sociale, sotto il titolo, compare lo stemma di Alleanza Cattolica: un’aquila nera con al centro un cuore rosso sormontato dalla croce. L’aquila è l’animale simbolico legato a san Giovanni apostolo ed evangelista e testimonia la volontà associativa di essere figli di Maria, come l’Apostolo prediletto che ha riposato sul Sacro Cuore di Gesù, quello appunto che compare al centro di detta figura simbolica di tipo animale. Circa il cuore, dice infatti Papa Pio XII (1939-1958) che “è altresì vivissimo nostro desiderio che quanti si gloriano del nome di cristiani e intrepidamente combattono per stabilire il Regno di Cristo nel mondo, stimino l’omaggio di devozione al Cuore di Gesù come vessillo di unità, di salvezza e di pace” (21); e circa la croce sul cuore, afferma il Cantico dei Cantici: “ponimi come sigillo sul tuo cuore” (8, 6). Del resto, il Sacro Cuore di Gesù, emblema primo dell’Incarnazione di Cristo, anche nella sua dimensione socio-politica, nella storia cristiana configura compiutamente l’ideale della Cristianità (22).
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L’opera si compone di diciotto saggi scritti da altrettanti soci di Alleanza Cattolica e pubblicati in ordine alfabetico degli autori a esclusione dell’ultimo, Contributo per la bibliografia di Giovanni Cantoni (pp. 283-339), d’Ignazio Cantoni, uno dei curatori della raccolta, ivi pubblicato in ragione della particolarità, “d’appendice”, del suo argomento. Il volume, che si chiude con una Notizia sugli autori (pp. 341-346), l’Indice dei nomi (pp. 347-360) e l’Indice (pp. 363-364), si apre con un’Introduzione (pp. 5-10) — datata 24 giugno 2008, festa di san Giovanni Battista — dell’altro curatore della raccolta, Zoccatelli, vicedirettore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni.
Zoccatelli scrive: “Due finalità soggiacciono alla realizzazione di questo libro. La prima è anche la più evidente: scritti dedicati a Giovanni Cantoni, fondatore e reggente nazionale di Alleanza Cattolica, nel suo settantesimo compleanno. La seconda non è solo la più importante, è il fondamento stesso di quella più esplicita, ciò che impedisce di trasformare, agli occhi di Dio e del festeggiato, la prima finalità in un semplice, seppur umanamente comprensibile, equivoco: quello di donare e ricevere un liber amicorum“ (p. 5). Evita dunque l’equivoco la puntuale “definizione” dell’opera in termini di pro memoria del fatto che le idee, e in specie le buone idee, da sole non bastano, ma sempre abbisognano di uomini che s’impegnino per la loro diffusione e questo anzitutto ricordando che, affinché ciò accada, due sono le “[…] condizioni fondamentali, entrambe necessarie ma non sufficienti: l’incarnazione della verità conosciuta nello sforzo morale del singolo; e l’istituzionalizzazione di essa in un ambiente — in primis la famiglia —, che permetta alla verità stessa di manifestarsi, di proporsi tramite ambienti, costumi, civiltà, non nel tentativo, per sua natura positivistico, di determinare la santità dei singoli, ma nella consapevolezza che “dalla forma data alla società, consona o no alle leggi divine, dipende e s’insinua anche il bene o il male nelle anime, vale a dire, se gli uomini […] nelle terrene contingenze nel corso della vita respirino il sano e vivido alito della verità e della virtù morale o il bacillo morboso e spesso letale dell’errore e della depravazione”” (pp. 6-7; la citazione è di Papa Pio XII, Discorso in occasione del cinquantesimo della “Rerum novarum”, del 1°-6-1941).
Quanto all’occasione concreta che propizia questo liber amicorum pro memoria — il settantesimo compleanno dell’omaggiato —, Zoccatelli ricorda opportunamente che “la periodizzazione storica […] ha lo scopo di far compiere, ai singoli come alle società, un esame dei propri peccati come premessa, ancora una volta necessaria ma non sufficiente, al pentimento e all’auspicabile riforma di vita, una “purificazione della memoria” orientata alla riconciliazione e alla penitenza” (p. 9), così che le pagine del volume in questione “[…] vogliono essere un atto di gratitudine a Giovanni Cantoni per Alleanza Cattolica che — mentre si definisce come “agenzia”, che s’impegna anzitutto nello studio e nella divulgazione del Magistero della Chiesa, quindi nell’applicazione dei principi desunti dal magistero ai problemi sociali, culturali e politici del nostro tempo — nello stesso tempo è anche una “comunità di destino” cementata da ben più che semplici amicizie personali, famiglia spirituale a cui, fra l’altro, quella “materiale” del reggente nazionale e della moglie Sabina ha dato un contributo anche quantitativo notevole — quattro figli e quattordici nipoti, di cui uno in arrivo” (p. 10), nel frattempo arrivato e seguito anche dal quindicesimo.
a. Nel primo saggio, Considerazioni in tema di geografia dei rapporti fra criminalità organizzata e terrorismo (pp. 11-24), Domenico Airoma — magistrato, già componente della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nonché esperto della Commissione e del Consiglio d’Europa nelle materie della cooperazione giudiziaria, criminalità organizzata, appalti e ambiente — traccia la mappa di “uno scenario nuovo […], o almeno percepito con tali caratteristiche per la prima volta” (p. 13) per il quale le descrizioni “tradizionali” dei fenomeni di disgregazione socio-politica e di sovversione morale legati da un lato alla criminalità organizzata, dall’altro lato al terrorismo in specie internazionale risultano decisamente insufficienti. Infatti, passando da una contiguità di giustapposizione “fredda” a un crescente intreccio simbiotico “caldo”, tali fenomeni producono oggi una inquietante “[…] convergenza di obiettivi” (p. 17) che comporta una “progressiva acquisizione da parte delle organizzazioni criminali di motivazioni politiche” (ibidem). Così, oggi “non esiste più “il terrorismo”, bensì una sorta di franchising di cellule e gruppi autonomi, che condividono un marchio, un obiettivo di carattere transnazionale che ben può convivere con obiettivi di respiro più locale” (p. 18). Il risultato finale è dunque la nascita di “un network della sovversione contro l’Occidente” (p. 23), che interroga e che pertanto deve mobilitare — in modi diversi, a seconda del loro status civile, delle loro competenze professionali, persino della loro specifica vocazione —, gli uomini che hanno a cuore i destini della Cristianità del nostro tempo.
b. La Sindone e il Mistero (pp. 25-39) di Francesco Barbesino — laureato al Politecnico di Milano in Ingegneria industriale, sottosezione Chimica, già senior scientist al CISE. Centro Informazioni Studi ed Esperienza di Segrate, in provincia di Milano — espone, con un registro letterario di tipo narrativo ed “esperienziale”, “l’itinerario avventuroso, talvolta drammatico, che ha condotto la Santa Sindone dal Santo Sepolcro alla Cattedrale di Torino” (p. 25). La Sindone, il sudario in cui fu avvolto il corpo di Gesù dopo la crocifissione e che Egli lasciò, suprema reliquia, nel Santo Sepolcro di Gerusalemme imprimendovi miracolosamente le proprie fattezze, è stata ripetutamente messa in discussione con accanimento ideologico, ma la ricerca scientifica, attraversando più piani d’indagine e diverse discipline accademiche, ha stabilito da tempo la totale eccezionalità del reperto e la sua perfetta compatibilità con i dati attestati dalle Sacre Scritture, dalle testimonianze storiche e dai rilievi di tipo chimico-fisico-biologico, geo-etnografico e persino fotografico. Esperto della materia, Barbesino preferisce raccontarne le peripezie e “l’itinerario avventuroso, talvolta drammatico” (p. 25), nella convinzione che anche la lunga storia della Sindone — da Antiochia di Siria a Edessa, quindi a Costantinopoli e Chambéry, in Savoia, infine il Duomo di Torino — può condurre “[…] quasi inavvertitamente a quella contemplazione che ci permette d’intuire una realtà più grande di noi. L’autenticità della santa reliquia — o la negazione di essa — può essere la meta ultima solo per gli stanchi nipoti dell’illuminismo. Se si vuole comprendere la santa Sindone, occorre contemplarla poiché, se ogni viso d’uomo è un mondo, ancora più profondo e carico di mistero è il volto del Redentore” (p. 38).
c. Descrivendo L’uomo e la storia nel pensiero di Josef Pieper (pp. 41-54), Laura Boccenti Invernizzi — che si è laureata in Filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e ha conseguito il Magistero in Scienze religiose all’Ateneo Romano della Santa Croce — inquadra la riflessione e la produzione di “uno dei maggiori filosofi tedeschi del secolo XX” (p. 41), nato nel 1904 e morto nel 1997, per quanto ha attinenza all’“[…] antropologia in una dimensione storica ed escatologica, svolgendo l’idea che l’uomo, nella sua concretezza, è sempre condizionato dalla storia, il cui senso si rivela pienamente solo al livello della teologia” (ibidem). Quindi, “l’interpretazione completa dell’esperienza storica scaturisce dalla collaborazione tra un’antropologia filosofica fondata sulla metafisica e la rivelazione cristiana” (ibidem), in questo rigettando ogni velenoso tentativo di de-ellenizzazione del pensiero filosofico cristiano, tipico di ogni progressismo anche, talora soprattutto, di matrice cattolica. Pensatore che filosofa con san Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274) più che “tomista”, men che meno “neotomista”, Pieper ha costantemente sottolineato che “l’abbandono della tradizione, insieme all’eliminazione della tesi della verità come proprietà degli enti, ha prodotto come conseguenza la gravissima crisi antropologica che ha colpito l’uomo occidentale contemporaneo” (p. 45) e “[…] tale crisi, secondo Pieper è, prima di tutto, una crisi metafisica” (ibidem). Degno di nota è quindi lo stretto rapporto che il filosofo tedesco istituisce fra storia e politica, laddove riflette sul fatto che “[…] da una parte la fine della storia è opera di Dio che interviene in rapporto al corso storico, come risposta alla configurazione che la storia assume a partire dalle scelte umane, soprattutto relative all’ordine politico; dall’altra la salvezza della storia si attua mediante la sua fine temporale e perciò si manifesta con l’apparenza della distruzione” (p. 53). Infatti, per Pieper, “i rapporti storici […] si attuano concretamente attraverso l’esercizio politico della forza che dà forma alla società in un modo che non può essere neutrale rispetto a Cristo” (p. 53). Ora, peraltro, “la grande riflessione sulla speranza di Papa Benedetto XVI, sviluppata nell’enciclica Spe salvi, offre la conferma autorevole del Magistero all’analisi di Pieper circa la dimensione antropologica, politica e teologica dello scontro in atto nella storia” (p. 54).
d. In ζώον λογικόν. Un itinerario tra comunicazione ed educazione (pp. 55-68), Lorenzo Cantoni — professore ordinario presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università della Svizzera Italiana di Lugano, dov’è vicedirettore dell’Istituto di Comunicazione Istituzionale e Formativa — indaga il “chi siamo e chi siamo chiamati a essere” (p. 55), valutandolo come uno “tra gli esercizi più importanti della nostra vita” (ibidem) di animal rationale, cioè di esseri viventi dotati d’intelligenza e di parola, un’espressione stoica, questa, di origine aristotelica che nel titolo del saggio compare nella dizione greca. Cantoni lo fa percorrendo un itinerario a tappe, che si appoggia tanto alla filosofia quanto alla Rivelazione, per enucleare l’intrinseca funzione educativa, giacché ordinante, svolta dal parlare dell’uomo secondo una regola, quindi il valore veritativo che essa ha nella ricerca dell’identità di sé. Infatti, “non si tratta solo — né anzitutto — d’imparare come parlare, quasi si trattasse di un mero fare, si tratta piuttosto d’imparare a essere in pienezza sé stessi, viventi dotati d’intelligenza e di capacità relazionale/comunicativa” (p. 65). Silenzio e parola, dunque, così come ascolto e discorso si alternano quali strumenti di un’attività epistemologica unitaria — “”Conosci te stesso!” era l’invito scolpito sul tempio di Apollo a Delfi” (p. 55) — che non è certo d’importanza secondaria nella formazione completa della persona umana, tanto meno del socio di Alleanza Cattolica. Infatti, “[…] la comunicazione — come oggetto e come metodo — è tema che trova in Alleanza Cattolica una particolare sensibilità e attenzione” (ibidem), evidenziata specificamente sul piano teoretico e fra l’altro segnalata dalla “costante riflessione sulla buona stampa” (ibidem), dalla cura “nella pubblicazione di testi e nell’organizzazione di conferenze” (p. 56), nonché dalla “strutturazione delle riunioni di croce e dei ritiri periodici” (ibidem).
e. Ragionando di “Tradizionalismo” e Tradizione (pp. 69-83), don Pietro Cantoni — che è moderatore generale dell’Opus Mariae Matris Ecclesiae e dal 1976 guida corsi di esercizi spirituali secondo il metodo di sant’Ignazio di Loyola, spesso organizzati in collaborazione con Alleanza Cattolica — mette in guardia contro il disordine ideologico di cui sono spesso sintomo linguistico gli “ismi” e quindi riconduce la questione al suo significato autentico: la trasmissione. L’ambito è quello della vita della Chiesa Cattolica e dunque l’oggetto è la trasmissione nella storia del contenuto salvifico della Rivelazione affidata al Magistero, da cui deriva una definizione costantemente dinamica — “di azione” (p. 75) — del concetto stesso di “tradizione”, cioè di Tradizione. Infatti, scrive don Cantoni, “la Tradizione vera non è costituita da un insieme di contenuti materiali, ma da un’istanza in grado di trasmettere la Rivelazione divina in modo vivo ed efficace, che si riconduce ultimamente alla permanente presenza di Cristo nella Chiesa per mezzo dello Spirito Santo, come alla sua causa principale, cui corrisponde — come causa strumentale primaria — il magistero del Papa e dei vescovi” (pp. 72-73). Efficace è l’immagine che l’autore evoca per illustrare il rapporto fra le due fonti della fede cattolica, la Rivelazione divina e la Tradizione della Chiesa: “Per esempificare e “visualizzare” questo discorso potremmo tracciare una croce il cui braccio verticale è costituito dalla Rivelazione e quello orizzontale dalla Tradizione. La rivelazione si dà nella storia degli uomini, “succede”, solo là dove si dà, dove “succede”, una Tradizione. La Tradizione poi può succedere solo nella Chiesa e tramite la Chiesa, perché solo la Chiesa e le sue istanze autorizzate — i “luoghi” — hanno l’autorità per farlo” (p. 75). Quindi “l’infallibilità è un carattere della Tradizione che avviene nella Chiesa e che — in radice — con la Chiesa s’identifica” (p. 81). Fuori da questa logica fattuale stringente, dunque, non vi è Tradizione cattolica ortodossa, ma solo quella sua imitazione eterodossa che assume il nome di “tradizionalismo” e che don Cantoni inquadra rifacendosi a parole efficaci — e “proverbiali” — del teologo statunitense di confessione ortodossa Jaroslav Pelikan (1923-2006): “La Tradizione è la fede viva dei morti, il tradizionalismo è la fede morta dei vivi” (cit. a p. 83).
f. Con il saggio Il PCI, Gramsci e la Rivoluzione culturale italiana (pp. 85-99), Giovanni Formicola — avvocato penalista e nel quinquennio 1995-2000 componente del CO.RE.B., il Comitato Regionale per la Bioetica, presso il Consiglio Regionale della Campania — analizza la filosofia e l’azione politica di tipo marxista-leninista promosse dal fondatore del Partito Comunista Italiano Antonio Gramsci (1891-1971) allo scopo di ottenere titolo e fattualità del potere politico in Italia attraverso la progressiva conquista tattica e non titolata — ma non per questo meno efficace — della cultura del Paese, secondo una strategia elaborata ad hoc per fare fronte, da parte socialcomunista, al “problema dell’ora presente” (23) così come esso viene posto dallo specifico “caso italiano” che così si fa, per chi non è di parte socialcomunista, “lezione italiana” (in nota cfr. G. Cantoni, La “lezione italiana”. Premesse, manovre e riflessi della politica di “compromesso storico” sulla soglia dell’Italia rossa, cit.). Peraltro, dal momento che si muove principalmente sul piano socio-culturale ovvero morale, il gramscismo offre abbondanti materiali “di uso” all’elaborazione teoretica di quella fase storica nuova del processo rivoluzionario anticristiano — per esempio certamente nel modus operandi — che è denominata IV Rivoluzione — quella a dominante socio-culturale ovvero di tipo morale —, dunque al passaggio dalla III Rivoluzione — quella a dominante socialcomunista, cioè la Rivoluzione di tipo socio-economico — alla IV Rivoluzione stessa (24).
Del resto, “l’egemonia di cui parla Gramsci non si caratterizza come direzione esplicita o come infiltrazione: la sua essenza è l’influenza, la penetrazione “radioattiva” nella società per orientarne la mentalità, il costume, la cultura. Ma è anche modalità di condizionamento dei centri di decisione e delle polarità di potere attraverso la sapiente creazione di un clima ostile o favorevole a determinati orientamenti” (p. 91). Incubato, elaborato e testato in Italia, il gramscismo diviene dunque la strategia principale di azione delle forze socialcomuniste nei Paesi dove l’articolazione della cosiddetta “società civile” — resto dei tradizionali corpi sociali intermedi fra individuo e famiglie da un lato e Stato dall’altro — ancora frappone — pure per inerzia “virtuosa”, inconsapevolmente — alla conquista del potere da parte marxista-leninista freni e ostacoli che rendono impraticabile la soluzione volontaristica e militare del putsch, fra tali “cuscinetti” annoverando — là dov’è, anche numericamente, il caso — pure la Chiesa Cattolica, considerata qui anche nel suo ruolo sociale e nel suo peso politico. Infatti, “in questo sforzo, il partito deve anche fare i conti con l’identità del Paese, con la sua cultura profonda, con il suo senso comune, tutti inequivocabilmente cattolici” (p. 92); e facendo quei conti piuttosto bene, “la Rivoluzione culturale gramsciana, forse non da sola, ma certamente con un ruolo da protagonista se non dominante, ha portato a una progressiva secolarizzazione della società italiana, e in questo esito invera il marxismo nella sua essenza più autentica” (p. 98).
g. Illustrando La libertà religiosa nel pensiero di Giovanni Cantoni (pp. 101-113), Introvigne — fondatore e direttore del CESNUR, nonché membro della sezione “Religione” dell’Associazione Italiana di Sociologia — offre non solo contributi a uno dei temi a cui Alleanza Cattolica ha dedicato e dedica attenzione particolare, ma propone anche uno studio “interno” — benché di valore oggettivo, cioè anche “esterno”, non autoreferenziale o solo per addetti — al modus specifico con cui l’associazione svolge il proprio apostolato contro-rivoluzionario e preventivamente lo prepara sul piano filosofico. Infatti, le problematiche centrali al tema della libertà religiosa hanno attinenza diretta rispetto alla vocazione socio-politica che caratterizza Alleanza Cattolica e costituiscono parte integrante della sua riflessione su argomenti di dottrina, storia e filosofia politica, dottrina sociale naturale e cristiana cioè cattolica, dottrina e storia dello Stato, nonché teologia della società e della storia. Fornendo dunque elementi utili anche a una sorta di autopresentazione dell’associazione, l’autore attribuisce al reggente nazionale di Alleanza Cattolica la descrizione sostanziale dell’associazione nei termini di “una realtà che cerca di studiare e trasmettere il magistero non come le piacerebbe che fosse, ma come è” (p. 102), quindi di una famiglia spirituale che, figlia della Chiesa Cattolica, a essa obbedisce, domanda attendendo fiduciosamente risposta, torna eventualmente a chiedere, studia la risposta e soprattutto non sceglie, dentro il corpus unitario e immutabile del Magistero, ciò che formalmente o magari solo stilisticamente o persino psicologicamente più le aggrada, riducendo per contro a parentesi trascurabile ciò che più, umanamente parlando, le “dispiace”. In questo quadro, appare allora “in evidenza il carattere non solo opportuno, ma per certi versi profetico e provvidenziale della dichiarazione Dignitatis humanae” (p. 113), ovvero il decreto sulla libertà religiosa del Concilio Ecumenico Vaticano II, pubblicato il 7 dicembre 1965, e oggetto di forti critiche di parte “tradizionalista” che vi ravviserebbero gravi discontinuità, a magari pure contraddizioni, rispetto al Magistero definito — con formula tanto ambigua quanto ideologica — “di sempre” in tema di unicità della Rivelazione cristiana, ma anche di “Chiesa di Stato”, “religione di Stato”, rapporti fra Stato e Chiesa Cattolica, magari anche “Stato confessionale”. Nota infatti Introvigne che “già nel 1996 Giovanni Cantoni aveva colto la natura essenziale della libertà religiosa proclamata dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Si tratta di un diritto, ma del diritto di esigere dallo Stato che non eserciti nessuna coercizione esteriore in materia religiosa: dunque, più precisamente, di una immunità” (p. 113, che rimanda a G. Cantoni, Nota a proposito della libertà religiosa, in Idem e M. Introvigne, Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”, cit.).
h. Con La famiglia italiana dal “divorzio” al Family Day. 1970-2007 (pp. 115-131), Marco Invernizzi — storico del movimento cattolico e presidente dell’ISIIN, l’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale, che ha sede a Milano — mostra quali sono stati i guasti prodotti in Italia dal “gramscismo” che, non sufficientemente denunciati né contrastati dal progressismo di matrice cattolica — anzi da esso talora oggettivamente fiancheggiati, talaltra soggettivamente promossi —, hanno fatto compiere al Paese passi enormi sulla strada della secolarizzazione. Al contempo, però, il saggio aiuta a comprendere come le “antitossine” naturali presenti nel corpo sociale italiano abbiano finito per prevalere, almeno in qualche misura, producendo, rispetto alle aspettative e alla marcia della Rivoluzione socio-culturale ovvero morale italiana, una vera e propria eterogenesi dei fini capace di ribaltare, o d’iniziare a farlo, situazioni di svantaggio e di degrado anche gravi.
Il lungo itinerario, che mira a distruggere l’istituto familiare nel nostro Paese conosce, infatti, un momento di grande successo con l’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano della legge che consente il divorzio, nel 1970, e di quella che introduce l’aborto, nel 1978, ma poi una significativa battuta d’arresto il 12 maggio 2007 con il “ritorno” della famiglia naturale in un momento forte della vita politica nazionale qual è, in quel frangente, il serrato dibattito parlamentare relativo alla regolamentazione legislativa delle cosiddette “coppie di fatto”, anche omosessuali. Segnalando che, “fra i tanti errori che hanno caratterizzato il secolo XX, in Occidente, vi è quello dell’”ingresso” dello Stato nel santuario familiare” (p. 115), Invernizzi registra dunque positivamente il sorgere di una “reazione di popolo” che va adeguatamente organizzata, ma che non di meno segnala la vitalità di un corpo dato per spacciato erroneamente e anzitempo: “un popolo […] composto da persone e famiglie “ferite” dalla modernità e dall’”autodemolizione”” (p. 131), persone cioè “[…] che hanno bisogno di catechesi e di formazione, che famiglie, scuole e spesso anche parrocchie non danno” (ibidem) e “famiglie in molti casi composte da convertiti, cioè da uomini e da donne che hanno attraversato la modernità, bevendone l’amaro calice prima di ritrovare la fede e di desiderare di uscire dal fallimento e dal nichilismo delle ideologie” (ibidem), ma che ciò nonostante costituiscono oggi il “grosso” di quell’”esercito” della riscossa morale e civile senza il quale non è possibile né auspicabile preparare materialmente la ricostruzione, ma soprattutto realizzarla, o quanto meno sperare non utopisticamente — cioè inutilmente e sovversivamente — in essa.
i. Tasse: XI comandamento? Spunti per una riflessione sui rapporti tra fisco e morale (pp. 133-150), di Ferdinando Francesco Leotta — dottore di ricerca in Diritto Tributario Internazionale e Comparato, dirigente dell’Agenzia delle Entrate, dal 1994 docente incaricato presso la Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze —, denuncia “il disconoscimento della “giusta imposta”” (p. 136) improntato a quella filosofia di tipo statalistico, oggi assai diffusa in Occidente, che distrugge il rapporto corretto che deve esistere fra diritto e dovere del cittadino nella res publica organizzata politicamente da un governo. Nel disordine che ne consegue, alla tassazione eccessiva fa dunque da contraltare lo sperpero del denaro pubblico e alle spese eccessive da parte dello Stato la frode fiscale da parte dei cittadini, tutte violazioni palesi del VII Comandamento del Decalogo, “Non rubare”. Infatti, “solo quando la politica e la normativa fiscale soddisfano i requisiti della giusta imposta si può affermare che i cittadini hanno l’obbligo, anche morale, di pagare le tasse” (p. 141). Pertanto, affinché la giusta imposta sia tale, “il carico fiscale dev’essere distribuito secondo le reali possibilità dei contribuenti, trattando in modo eguale situazioni eguali e in modo diverso situazioni differenti” (p. 141), “non si dovrà imporre una pressione fiscale dannosa per le iniziative private o che stimoli l’evasione fiscale” (ibidem), la cosa pubblica dev’essere gestita “[…] senza moltiplicare l’apparato burocratico e senza convertire lo Stato in Stato assistenziale” (ibidem) e possibile dev’essere “la contestabilità della pretesa impositiva, garantita, sul fronte delle entrate, dal rispetto dell’obbligo della motivazione e del contraddittorio e dalla tutela giurisdizionale e, sul fronte della spesa, da una trasparente amministrazione del denaro pubblico” (pp. 141-142). Solo in questo modo, infatti, è possibile garantire, nel rapporto fra cittadino e Stato, l’osservanza di quel principio di sussidiarietà che è cardine imprescindibile della dottrina sociale cattolica.
l. Ricostruire un contesto sociale “coriandolare”. Introduzione all’insegnamento di Giovanni Cantoni per la politica italiana (pp. 151-167), di Alfredo Mantovano — magistrato dal 1983, deputato dal 1996, rieletto il 14 aprile 2008 e nominato sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno con delega alla Pubblica Sicurezza, incarico già ricoperto nella XIV Legislatura —, è il secondo saggio dell’opera che propone uno studio “interno” al modo con cui l’associazione svolge il proprio apostolato contro-rivoluzionario, quindi altri elementi utili a un’autopresentazione di Alleanza Cattolica. A tema è “[…] la morte dello Stato e l’emergere di una nuova polis, senza confini, […] che ha le caratteristiche di un network” (p. 151), cioè appunto una società “coriandolare”, fatta di frammenti e di frantumi, priva di un centro e soprattutto di un baricentro, eccentrica per definizione e squilibrata per natura. Fuor di metafora, si tratta della situazione attuale, così come essa si presenta soprattutto in gran parte dell’Occidente, esito del processo rivoluzionario e trionfo della IV Rivoluzione morale “senza nome”, ovvero avvento della fase del processo rivoluzionario che, dopo avere distrutto la Chiesa, lo Stato e la società, disgrega l’intimo della persona umana e questo a partire dalla data simbolo del 1968. In questo quadro, l’apostolato contro-rivoluzionario di Alleanza Cattolica si esercita anche come sforzo per ricostruire, a partire dall’esistente parcellizzato, un minimo di socialità politica autenticamente a misura di uomo, dunque di ordine sociale, che contribuisca, non automaticamente cioè positivisticamente, a instradare la persona umana a impostare correttamente il rapporto fra sé e la propria natura, fra sé e gli altri, finalmente fra sé e Dio. “In quest’ottica — scrive Mantovano —, il lavoro di formazione che Alleanza Cattolica svolge da oltre quarant’anni, alla scuola di Giovanni Cantoni, che l’ha fondata e la guida, è in grado di offrire un contributo importante alla politica” (p. 165): l’avere “[…] tra i suoi scopi quello d’individuare soggetti “candidabili”, da far crescere all’interno di Alleanza Cattolica e da presentare alle forze politiche che intendano “utilizzarli”” (ibidem).
m. Ne L’espansione dell’islam in Occidente sotto il profilo economico e finanziario (pp. 169-181), Andrea Morigi — giornalista professionista che svolge la propria attività presso il quotidiano Libero, consigliere nazionale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana dal 2007 e curatore dei rapporti annuali sullo stato della libertà religiosa nel mondo pubblicati dal 2000 al 2008 dall’opera internazionale di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre — spiega come l’offensiva musulmana lanciata oggi all’Occidente si dispieghi spesso attraverso i canali di una “finanza parallela”, fondata sui precetti del Corano, non sempre facile da individuare, ma soprattutto difficile da comprendere nei criteri fondativi e organizzativi giacché vincolata a canoni morali e religiosi ben diversi da quelli cristiani o comunque occidentali. Infatti, “[…] se, da un lato, la diffusione delle pratiche finanziarie coraniche pretende di fondarsi su un’esigenza di equità sociale” (p. 177) — che prima facie si concepisce in modo “totalmente alternativo ai modelli capitalista e marxista” (p. 171), rivendicando peraltro in ciò “un ruolo più politico della religione” (ibidem) nonché “un nuovo modo di confrontarsi con l’economia locale e globale” (ibidem) —, dall’altro essa “[…] aziona un filtro, in grado di condizionare le scelte politico-economiche delle società in cui le realtà finanziarie islamiche s’inseriscono” (p. 177). L’offensiva sta peraltro colpendo oggi soprattutto l’Europa, e in specifico la Gran Bretagna, dove “[…] attualmente si assiste alla diffusione a più ampio raggio del fenomeno” (p. 177). Infatti, per tali pratiche finanziarie coraniche, “con l’aumento delle quote di mercato e delle partecipazioni all’interno di società occidentali, crescono […] gli spazi di manovra che consentono di mutare la fisionomia dell’economia di mercato così come essa è oggi conosciuta, ma anche le regole della convivenza civile, superando l’ostacolo delle legittime rappresentanze politiche e istituzionali” (p. 181).
n. Ivo Musajo Somma — assegnista di ricerca in Storia medievale nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano —, autore del saggio La dialettica fra papato e impero nell’Occidente medievale. Elementi per una riflessione (pp. 183-199), coglie l’occasione, propizia, per inquadrare il “profilo”, concettuale e storico, dell’“imperatore cristiano” (p. 185) e per analizzare la dottrina sulle fonti del potere legittimo e dell’autorità politica in un ordinamento naturale e cristiano. Si sofferma quindi sullo scontro fra regnum e sacerdotium nella seconda metà del secolo XI — e che la consueta espressione “lotta per le investiture” non aiuta a comprendere fino in fondo —, causato dalla questione dei rapporti del papato da un lato con l’autorità imperiale e, dall’altro, con l’episcopato. Papa san Gregorio VII (1073-1085) si sforzò d’imporre forme di esercizio del primato romano che parvero ai contemporanei senza precedenti in quanto irrispettose delle prerogative dei vescovi e delle Chiese locali e, parallelamente, sferrò un deciso, inedito, attacco contro l’aura di sacralità che circondava l’imperatore e che costituiva un elemento distintivo, imprescindibile, della sua dignità. Nella Cristianità storica “medioevale”, del resto, il rapporto intercorso fra papato e impero è sempre stato la ricerca costante di un equilibrio possibile, quindi per definizione un equilibrio dinamico che ha conosciuto i suoi “alti” e i suoi “bassi”, le sue miserie e le sue nobiltà, le sue controversie e le sue armonie. Rievocarne dunque la sostanza vera, oltre certe semplicistiche ma dannose rappresentazioni “oleografiche”, e il farlo in quest’opera, assume il senso di un profondo richiamo alla realtà che conserva intatta la purezza dello slancio ideale, ma non idealistico, verso un orizzonte di possibilità che il cristiano ha il dovere morale di amare e di proporre, quindi di far passare, il meglio e il prima possibile, ma comunque sempre e solo a Dio piacendo, alla categoria dell’attualità.
o. Un terzo scritto di carattere “interno” — ancora un altro contributo all’autopresentazione di Alleanza Cattolica — è il saggio L’identità nazionale italiana nel pensiero di Giovanni Cantoni (pp. 201-213) di Francesco Pappalardo — consigliere parlamentare del Senato della Repubblica, direttore dell’IDIS e socio onorario dell’ISIIN —, che ricostruisce organicamente i termini della critica al cosiddetto Risorgimento svolta dal reggente nazionale di Alleanza Cattolica, inserendola nel quadro dello scontro fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Fra ricupero dell’ethos, senso della patria e ricostruzione dell’identità nazionale — cioè dei caratteri fondanti e caratterizzanti una comunità politica di origine e di destino —, Pappalardo offre, rileggendo Cantoni, un quadro generoso di una tematica decisiva, oggetto costante e quasi principiale della riflessione storico-teoretica di Alleanza Cattolica. Da sempre, del resto, l’associazione dedica particolare attenzione ai fenomeni contro-rivoluzionari che, manifestatisi nella Penisola, vengono definiti insorgenze o, com’è più adeguato fare, Insorgenza (25), per analogia speculare a categorie storico-filosofiche analoghe e però appunto di opposto segno interpretativo — e apprezzativo — quando non contrario, categorie peraltro figlie di elaborazione concettuale di tipo rivoluzionario: Rinascimento, appunto Risorgimento e Resistenza. Ne emerge così un “profilo nazionale” che evidenzia per l’Italia un tratto specifico e un ruolo storico fondamentale, quello di essere la sede storica del Papato, dunque una vocazione e una missione non comuni da tornare a coltivare in piena coscienza e ad amare.
p. Dall’etica medica alla bioetica (pp. 215-228) è il titolo del contributo con cui Ermanno Pavesi — psichiatra nel Centro psichiatrico del Cantone Appenzello Esterno in Svizzera, docente di Psicologia presso istituti universitari in Germania e nella Svizzera tedesca, e dal 1992 al 1996 Segretario generale della FEAMC, la Federazione Europea Associazioni Medici Cattolici — propone di tornare a meditare sul senso profondo del Giuramento d’Ippocrate (460 ca.-377 ca. a.C.), la più antica professione di etica medica, la quale, rispondendo a un criterio filosofico autenticamente a misura di uomo e a un lucido concetto di persona umana, impone a chi esercita l’attività medica di operare sempre e comunque a favore della vita e mai contro di essa. In questo senso, cioè, tutta l’etica medica è per ciò stesso bioetica, ovvero ogni attività medica non sfugge e non può sfuggire, se appunto attività medica è e vuole essere, dal contesto morale. Da ciò discende dunque l’idea che ogni pretesa emancipazione del progresso tecnico-scientifico da riferimenti morali certi, lungi dal costituire un progresso, realizza un regresso grave che configura una fattispecie particolarmente insidiosa di relativismo filosofico. Un passo — almeno — del saggio merita particolare attenzione: “Quando il medico si è fatto un’idea della malattia, mette il malato a parte della diagnosi, non si tratta però semplicemente di comunicare la diagnosi, ma d’informare il paziente sulla malattia, insegnandogli qualcosa. Platone [427-347 a.C.] ritiene anche necessario il consenso informato del paziente: non si tratta, infatti, di dare ordini come un tiranno, senza fornire spiegazioni, ma di cercare di convincere il paziente dell’importanza di certe prescrizioni. Se le cause della malattia sono riconducibili in misura maggiore o minore al comportamento del paziente, la guarigione dipende dal cambiamento di tale comportamento e questo è tanto più effettivo quanto più il paziente è convinto e motivato, la qual cosa richiede l’opera di preparazione e di convincimento da parte del medico” (p. 221).
q. Ne La fondazione del diritto naturale in Giambattista Vico (pp. 229-248), Mauro Ronco — professore ordinario di Diritto Penale nell’università di Padova, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino e già componente del Consiglio Superiore della Magistratura — illustra ampiamente i cardini del pensiero del filosofo, storico e giurista napoletano Giambattista Vico (1668-1744), che, spesso dozzinalmente scambiato da certa manualistica per una sorta di alfiere del “protoilluminismo”, è nei decenni venuto guadagnando una posizione rilevante nella riflessione svolta dal reggente nazionale di Alleanza Cattolica, “nella riscoperta di un’ascesi sociale indispensabile per il riequilibrio della vita interna ed esterna delle nazioni” (p. 236). Cifra distintiva del pensiero vichiano è l’idea che “anche la storia, in analogia con la natura, attende nell’oscurità che si compia la verità che sta in essa racchiusa e che spetta al libero arbitrio degli uomini far scaturire con le opere sotto la guida della Provvidenza” (p. 237). Il filosofo napoletano insegna infatti, “[…] con esempi tratti dalla riflessione in ordine alle tempestose vicende dei popoli, che Dio sa trarre il bene dal male, misteriosamente erigendo gli ordini civili con la materia informe delle passioni dell’uomo purificate dalla sofferenza e dalla severa lezione della realtà” (ibidem). Del resto, se “nella storia delle nazioni assume un ruolo fondamentale il diritto, che costituisce il principio ordinatore della vita civile” (p. 238), “Vico è maestro insuperato per aver colto la verità del diritto e per aver armoniosamente delineato il rapporto tra il diritto naturale, il diritto delle genti e il diritto civile di ogni singolo popolo“ (ibidem). Sottolineando dunque la centralità del diritto naturale nel pensiero di Vico, Ronco precisa opportunamente che “[…] il diritto naturale non è un catalogo di leggi razionali, come vorrebbe il giusnaturalismo moderno, e, tantomeno, è l’assolutismo dei “diritti soggettivi”, che sta imbarbarendo con vacue sottigliezze tanto le élite giuridiche quanto le masse dell’Occidente, bensì è il rinnovamento di ogni singolo uomo e, per li rami conseguenti, il rinnovamento dell’intera società, che dispongono liberamente a instaurare in sé stessi la verità celeste della legge eterna che Dio ha impresso nella natura dell’uomo” (p. 248), con questo rilevando come “il magistero di Giambattista Vico […] suona […] in sintonia con l’insegnamento di Plinio Corrêa de Oliveira” (p. 247).
r. Il saggio Aspetti della visione della storia nel pensiero conservatore fra Ottocento e Novecento (pp. 249-263), di Oscar Sanguinetti — direttore dell’ISIIN, l’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale, di cui edita l’organo ufficiale, Annali Italiani. Rivista di studi storici online, ricercatore senior nonché direttore di progetto presso il Dipartimento Identità Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma e docente di Metodologia della Ricerca Storica Moderna e Contemporanea presso l’Università Europea di Roma —, indaga origine, natura e storia del termine “conservatorismo” in seno ma anche come reazione cosciente “[…] al processo di sviluppo e di affermazione della cultura della “modernità”, avviatosi all’incirca a partire dal secolo XV” (p. 249). Propone dunque una profonda meditazione sul senso cristiano della storia e un perspicace confronto, ovviamente non solo terminologico, sulle realtà di concetto e di fatto adombrate, coperte e suggerite dai termini “conservatore” e “contro-rivoluzionario”, peraltro seguendo non casualmente l’esempio teoretico e il magistero del pensatore savoiardo conte Joseph de Maistre (1753-1821) e di Corrêa de Oliveira. Nell’intero saggio le riflessioni su alcuni aspetti filosofici legati alla considerazione storica di talune specificità delle diverse fasi del processo rivoluzionario vengono così assunte a categorie generali di lettura della storia umana e utilizzate per “interpretare” il ruolo svolto dalla Provvidenza divina nel fluire del “tempo abitato”, appunto la storia. In tale modo che l’autore può significativamente concludere affermando che “dall’avere assimilato devotamente queste realtà nascono la centralità e l’urgenza del richiamo alla preghiera e alla conversione che caratterizzano la teoria e l’apostolato della scuola cattolica contro-rivoluzionaria. Fatima insegna che Gesù ha affidato a sua madre l’”episcopìa” e la tutela dell’umanità, compito che Maria, ricevutolo per libero volere del Figlio, espleta con passione obbediente, seguendo l’ispirazione del suo Cuore Immacolato e materno, che la spinge a intercedere a oltranza per i membri del Corpo mistico e per l’intera umanità fino al punto di piegare, per così dire, il volere divino, quando la bilancia pende dalla parte della giustizia e del castigo” (p. 263).
s. L’ultimo saggio, I figli del sogno: droghe d’abuso e disgregazione del corpo sociale (pp. 265-281), di Giulio Soldani — medico, professore ordinario di Farmacologia e Tossicologia nell’università di Pisa, ricercatore di livello internazionale per circa quarant’anni, vincitore di fondi di ricerca della Comunità Europea e della NATO, l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, e membro esperto della Sezione Quinta del Consiglio Superiore di Sanità dal 1986 al 1992 —, considera il fattore “droga”, cioè l’insieme delle “[…] sostanze di origine sia naturale sia sintetica che, agendo sul sistema nervoso centrale, alterano in maniera marcata l’equilibrio psico-fisico del soggetto” (p. 267). Divise in “vecchie” e in “nuove”, e dette anche “sostanze stupefacenti”, le droghe creano una dipendenza fisica tale da condizionare pesantemente la psiche di modo che “l’individuo sotto l’effetto della droga si destruttura, perde i freni inibitori e comincia a vivere frequenti stati onirici che lo allontanano sempre più dal reale, introducendolo in un percorso di morte” (p. 269). Le droghe assolvono allora, a livello fisico, il compito “filosofico” di trasformare l’uomo così che, attraverso una cattiva percezione di esso, la persona diventi o nemica del reale oppure suo “critico” feroce, immaginando — ma solo appunto immaginandolo — di possedere il potere concreto di rifarlo completamente o per lo meno di riviverlo alternativamente. E vittima della droga è l’“[…] individuo oggi sempre più solo e sotto attacco, non più radicato nelle virtù cardinali cristiane — prudenza, giustizia, fortezza e temperanza — e di conseguenza facile preda dei cattivi maestri che gli propongono, come unica meta del vivere, la ricerca continua del piacere, una ricerca che finirà per distruggerlo, trasformandolo progressivamente in un “figlio del sogno”” (p. 280). Del resto, “un uomo temperante può resistere alla droga, ma spesso questa forza interiore, da sola, non basta. Saranno solo una riconquistata padronanza di sé insieme a una rinnovata conversione della mente e del cuore a rappresentare la vera fine della droga e l’arresto del processo di auto-distruzione sia individuale che sociale” (p. 281).
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Alla raccolta di contributi originali di cui si compone l’opera fa da chiusa e da chiosa il Contributo per la bibliografia di Giovanni Cantoni (pp. 283-339), compilata da Ignazio Cantoni — laureato in filosofia e Master of Business Administration presso il MIP. Politecnico di Milano —, che così avvisa il lettore: “Quanto segue è l’elaborato di un elenco, passatomi da mio padre intorno alla metà degli anni 1990, perché proseguissi nell’aggiornamento di mano in mano che uscivano suoi testi. Lo stato di tale elenco era incompleto, sia per titoli mancanti che per lacune nei riferimenti […].
“In occasione dell’uscita del presente volume, ho cercato, con il prezioso ausilio di diverse persone, di ricostruire il pregresso, non sempre con esito positivo” (p. 283), ma comunque con effetto positivo tale da produrre un elenco finale “[…] di quanto si è riuscito a ricostruire con certezza fino a giugno 2008″ (ibidem).
Intervallate alle pagine del Contributo per la bibliografia di Giovanni Cantoni, il liber amicorum et filiorum pubblica “la riproduzione di quattro tavole realizzate ad hoc da una giovane artista piacentina, Veronica Fanzini” (p. 5) — diplomata all’Istituto d’Arte Paolo Toschi di Parma, laureata presso la Scuola di Restauro Santa Paola di Mantova, quindi specializzatasi in restauro di dipinti su tela, tavola e sculture lignee —, “[…] nelle quali sono raffigurati personaggi e autori particolarmente cari all’omaggiato” (ibidem): vale a dire sant’Ignazio di Loyola, de Reynold, Florido Giantulli S.J. (1906-1974) e Corrêa de Oliveira.
A maggior gloria di Dio, anche sociale è, insomma, molto “più che un libro” (p. 10): è “[…] uno sforzo di studio, di comunicazione filologicamente attenta e di organizzazione, il quale, nella sola scelta della pubblicazione, s’identifica come un atto di apostolato, il cui medium è stato scelto perché più facilmente oggetto di dono” (ibidem). Per tutto, “Dio è giudice dell’intenzione, i lettori — in primis, oggi, Giovanni Cantoni — dell’esito” (ibidem).
Note
(1) Cfr. Luigi Taparelli d’Azeglio S.J., La libertà tirannia. Saggi sul liberalismo risorgimentale, a cura di Carlo Emanuele Manfredi e Giovanni Cantoni, Edizioni di Restaurazione Spirituale, Piacenza 1960.
(2) Cfr. una prima raccolta in IDIS. Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale, Voci per un “Dizionario del Pensiero Forte”, a cura e con Un “Dizionario del Pensiero Forte” di Giovanni Cantoni e con Presentazione di Gennaro Malgieri, Cristianità, Piacenza 1997; cfr. altri articoli online sul sito Internet <www.alleanzacattolica.org/idis_dpf/ dpf_indice.htm>.
(3) Cfr. G. Cantoni e Francesco Pappalardo (a cura di), Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa, D’Ettoris, Crotone 2006, 1a ristampa corretta 2007.
(4) Cfr. G. Cantoni, L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Saggio introduttivo, a Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3a ed. it. accresciuta di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione vent’anni dopo in prima edizione mondiale, con Lettere di encomio di S. E. mons. Romolo Carboni (1911-1999), nunzio apostolico in Perù — oggi nunzio apostolico in Italia, Cristianità, Piacenza 1977, pp. 7-50.
(5) Cfr. G. Cantoni, La “lezione italiana”. Premesse, manovre e riflessi della politica di “compromesso storico” sulla soglia dell’Italia rossa, Cristianità, Piacenza 1980.
(6) Cfr. Idem e Massimo Introvigne, Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”, Cristianità, Piacenza 1996.
(7) Cfr. G. Cantoni, Aspetti in ombra della legge sociale dell’islam. Per una critica della “vulgata” “islamicamente corretta”, con Prefazione di Samir Khalil Samir S.J., Centro Studi sulla Cooperazione “Arcangelo Cammarata”, San Cataldo (Caltanissetta) 2000.
(8) Cfr. Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, Sugarco, Milano 2008.
(9) Cfr. P. Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della “fabbrica” del testo e documenti integrativi, Sugarco, Milano 2009.
(10) Cfr. PierLuigi Zoccatelli e Ignazio Cantoni (a cura di), A maggior gloria di Dio, anche sociale. Scritti in onore di Giovanni Cantoni nel suo settantesimo compleanno, Cantagalli, Siena 2008. Tutti i riferimenti fra parentesi nel testo rimandano a quest’opera.
(11) Cfr. Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale, trad. it., a cura di don Domenico Pezzini, Paoline, Milano 2004.
(12) San Pio X, Lettre “Notre charge apostolique” à propos des théories sociales du Sillon et le mirage d’une fausse démocratie, del 25-8-1910, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 4, Pio X. Benedetto XV. (1903-1922), ed. bilingue, EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1998, pp. 828-873 (p. 871).
(13) Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, del 21-11-1964, n. 11.
(14) Cfr. Mauro Ronco, Sull’amor di patria, in Cristianità, anno XXVII, n. 285-286, gennaio-febbraio 1999, pp. 11-13; e Idem, Io, figlio di una grande famiglia. La mia madrepatria, in il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 8, n. 22, Milano 30-5-2009, pp. 1 e 4.
(15) Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, del 15-8-1997, n. 1669.
(16) Cfr. san Luigi Maria Grignion de Montfort, Lettera Agli amici della Croce, in Idem, Opere, trad. it., vol. 1, Scritti spirituali, 2a ed. riveduta e aggiornata, Edizioni Monfortane, Roma 1990, pp. 253-293.
(17) Cfr. Idem, L’amore dell’eterna Sapienza, ibid., pp. 109-241.
(18) G. Cantoni, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, p. 15, che riprende una citazione dello storico, pensatore e letterato svizzero Gonzague de Reynold (1880-1970).
(19) Cfr. san L. Grignion de Montfort, Il segreto ammirabile del Santo Rosario, trad. it., a cura e con una Introduzione di Marco Tangheroni, Edizioni Cantagalli, Siena 2000.
(20) Cfr. P. Corrêa de Oliveira, La devozione mariana e l’apostolato contro-rivoluzionario, in Cristianità, anno XXIII, n. 247-248, novembre-dicembre 1995, pp. 9-15, ora, con il titolo Devozione mariana: fattore decisivo nello scontro fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, in Idem, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della “fabbrica” del testo e documenti integrativi, cit., pp. 319-332.
(21) Pio XII, Litt. enc. “Haurietis aquas” de cultu sacratissimi Cordis Iesu, del 15-5-1956, V, 3, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 6, Pio XII. (1939-1958), ed. bilingue, EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1995, pp. 1028-1113 (p. 1107).
(22) Cfr. il mio Il Sacro Cuore simbolo della cristianità, in il Timone. Mensile di informazione e formazione apologetica, anno XI, n. 84, Milano giugno 2009, pp. 22-24.
(23) Cfr. monsignor Henri Delassus (1836-1921), Il problema dell’ora presente. Antagonismo fra due civiltà, trad. it. sulla 2a ed. francese corretta e aumentata, Desclée e C., Roma 1907, reprint Cristianità, Piacenza 1977, 2 voll.
(24) Cfr. P. Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della “fabbrica” del testo e documenti integrativi, cit., pp. 177-185.
(25) Cfr. G. Cantoni, L’Insorgenza come categoria storico-politica, in Cristianità, anno XXXIV, n. 337-338, settembre-dicembre 2006, pp. 15-28.