Mentre il Cile del presidente socialista ha approvato un articolo della bozza del nuovo progetto di costituzione che legalizza l’aborto, in Equador il presidente conservatore tenta di limitarlo.
di Stefano Nitoglia
Nella serata del 15 marzo scorso la Sessione Plenaria della Convenzione Costituente cilena, che sta procedendo alla elaborazione di un nuovo progetto di costituzione che sostituisca quella di Pinochet, ha approvato, con 108 voti a favore, 39 contro e 6 astenuti, un articolo sopra i diritti sessuali e riproduttivi che sanciscono il diritto di aborto.
“Lo Stato garantisce l’esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi (…) così come l’accesso all’informazione, educazione, salute, e ai servizi e prestazioni richiesti per questo”, recita l’articolo, che assicura alle donne “le condizioni per una gravidanza, una interruzione volontaria della gravidanza, parto e maternità volontari e protetti”. “Inoltre, garantisce questo esercizio libero da violenze e da interferenze da parte di terzi, siano essi persone o istituzioni”, si legge nell’articolo, il che prefigura la limitazione dei diritti fondamentali della libertà di pensiero e di critica.
Attualmente in Cile l’aborto è permesso solo per salvare la vita della madre, se il feto non è vitale o per violenza sessuale.
L’approvazione dell’articolo è stata promossa e sostenuta dalle organizzazioni politiche che sostengono il governo di sinistra del neo presidente Gabriel Boric, eletto alle presidenziali del 19 dicembre 2021 con il 55,87% dei voti contro il candidato di destra José Antonio Kast, ed entrato in carica l’11 marzo 2022. Boric, leader del partito di sinistra Convergencia Social (CS), che nel suo programma si dichiara “femminista, socialista ed emancipatore”, è apertamente critico nei confronti del sistema economico neoliberale cileno e vuole introdurre un sistema di tassazione progressiva che penalizzi le aziende e i cittadini ricchi. La sua compagna e first lady cilena è l’antropologa militante femminista Irina Karamanos, che ha contribuito alla fondazione del partito socialista Convergencia Social.
“Una Costituzione politica con una norma sull’aborto libero non può essere sentita e assunta come propria da molti cileni, comprese molte persone che professano una fede religiosa, poiché il rispetto della vita umana fin dal concepimento non è qualcosa di secondario o la cui considerazione è facoltativa, ma è un valore fondamentale che affermiamo sostenuto dalla ragione e dalla fede”. A dichiararlo è il Comitato permanente della Conferenza Episcopale del Cile, dopo l’approvazione dell’articolo abortista.
Va detto che il controverso articolo è, al momento, solo un progetto della bozza di nuova costituzione, che dovrà essere poi sottoposto all’esame e all’approvazione del Congresso cileno, poi a un plebiscito ed eventualmente sottoposto anche a referendum abrogativo.
Una iniziativa di segno contrario si registra, però, in un altro paese sudamericano, l’Equador, dove il presidente conservatore Guillermo Lasso, ha parzialmente posto il veto alla legge che regola l’aborto volontario per le donne vittime di stupro rendendolo lecito fino a 18 settimane, riducendo il periodo di interruzione della gravidanza a 12 settimane.
Fino all’aprile del 2021 in Equador solo le donne con disabilità o in pericolo di morte potevano interrompere volontariamente la gravidanza ma, nell’aprile dello scorso anno, la Corte costituzionale aveva ampliato l’accesso all’aborto nei casi di stupro fino a 12 settimane di gravidanza. La legge contestata dal presidente conservatore aumenta tale termine fino a 18 settimane per le vittime di stupro sotto i 18 anni di età e le donne che vivono nelle zone rurali, mentre gli adulti e quelli nelle aree urbane possono farlo fino a dodici settimane di gestazione.
Lasso, nel motivare la sua iniziativa, ha detto che “stabilire differenze giuridiche tra i cittadini in base al loro luogo di nascita o alle condizioni di origine sarebbe contrario al principio fondamentale dell’uguaglianza dei cittadini stabilito dalla Costituzione”.
Lunedì, 21 marzo 2022