Funziona solo ciò che è fatto con il cuore, specialmente se nel nostro cuore c’è Gesù, come ci ricordano con molta semplicità le recite natalizie e i presepi, che il Papa difende anche dal punto di vista culturale
di Michele Brambilla
Prima di dare inizio all’udienza del 17 dicembre in piazza S. Pietro Papa Leone XIV entra anche in Aula Paolo VI per salutare i malati che vi sono stati collocati per evitare loro il freddo intenso del sagrato e indica già quello che sarà uno dei motivi conduttori del suo discorso: manca poco più di una settimana alla Natività e «vogliamo chiedere al Signore che la gioia di questo tempo di Natale vi accompagni tutti: le vostre famiglie, i vostri cari, e che siate sempre nelle mani del Signore con la fiducia, con l’amore che solo Dio ci può dare».
Il tempo liturgico del Natale è, notoriamente, un periodo anche di doverosa sosta. «La vita umana è caratterizzata da un movimento costante che ci spinge a fare, ad agire. Oggi si richiede ovunque rapidità nel conseguire risultati ottimali negli ambiti più svariati», osserva il Pontefice. Ricollegandosi al ciclo di catechesi in corso, dedicato paradossalmente all’altra grande solennità dell’anno, cioè quella che festeggia la Risurrezione di Gesù, il Papa ripete che «la fede ci dice: sì, riposeremo. Non saremo inattivi, ma entreremo nel riposo di Dio, che è pace e gioia. Ebbene, dobbiamo solo aspettare, o questo ci può cambiare fin da ora?».
Giusto, quindi, riposare, specialmente in questi giorni di festa, ma non dissipare. Come in estate, il nostro “tempo libero” deve comunque essere “di qualità”, caratterizzarci come autentici discepoli del Signore. Il Santo Padre rimarca che «anche Gesù si è coinvolto con le persone e con la vita, non risparmiandosi, anzi donandosi fino alla fine. Eppure, percepiamo spesso quanto il troppo fare, invece di darci pienezza, diventi un vortice che ci stordisce, ci toglie serenità, ci impedisce di vivere al meglio ciò che è davvero importante per la nostra vita. Ci sentiamo allora stanchi, insoddisfatti: il tempo pare disperdersi in mille cose pratiche che però non risolvono il significato ultimo della nostra esistenza»: in questi momenti percepiamo distintamente che «noi non siamo macchine, abbiamo un “cuore”, anzi, possiamo dire, siamo un cuore», inquieto fino a che non riposa in Dio, come scriveva sant’Agostino d’Ippona (Confessioni I, 1,1).
Lo stesso Gesù ha detto: «Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21). Non si può negare che tutto vada per il meglio, persino in mezzo alle tempeste della vita, quando il nostro baricentro esistenziale è proprio Gesù Cristo. E’ Lui il tesoro nascosto nel campo che, una volta rinvenuto, riempie l’uomo di ogni bene (il “centuplo” di un’altra celebre pagina evangelica). «È dunque nel cuore che si conserva il vero tesoro, non nelle casseforti della terra, non nei grandi investimenti finanziari, mai come oggi impazziti e ingiustamente concentrati, idolatrati al sanguinoso prezzo di milioni di vite umane e della devastazione della creazione di Dio», rimprovera ancora il Pontefice. Diventa quindi sommamente importante «riflettere su questi aspetti, perché nei numerosi impegni che di continuo affrontiamo, sempre più affiora il rischio della dispersione, talvolta della disperazione, della mancanza di significato, persino in persone apparentemente di successo». «L’inquietudine è il segno che il nostro cuore non si muove a caso, in modo disordinato, senza un fine o una meta, ma è orientato alla sua destinazione ultima»: il Signore.
Il Natale, come la Pasqua, è un invito del Signore Gesù a rimettere Lui al centro del nostro cuore, in modo da riordinare i nostri appetiti ed indirizzarli al bene autentico del prossimo. Il Papa lo ha chiaramente riaffermato giusto martedì 16 dicembre parlando agli alunni (bambini delle elementari e delle medie) e ai genitori della Scuola Pontificia san Paolo VI di Castel Gandolfo. Dopo aver ascoltato lo spettacolo corale organizzato dall’istituto, ha infatti ribadito che sant’Agostino «diceva che ‘chi ama canta’, perché il suo cuore sa veramente quello che è importante». A Natale si può davvero “fare di più” «per proclamare la pace, l’amore e l’unità nel mondo».
«Carissimi, ecco il segreto del movimento del cuore umano: tornare alla sorgente del suo essere, godere della gioia che non viene meno, che non delude. Nessuno può vivere senza un significato che vada oltre il contingente, oltre ciò che passa. Il cuore umano non può vivere senza sperare, senza sapere di essere fatto per la pienezza», ribadisce il Papa nell’udienza generale. Dobbiamo sempre avere memoria del fatto incontrovertibile che «Gesù Cristo, con la sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione ha dato fondamento solido a questa speranza. Il cuore inquieto non sarà deluso, se entra nel dinamismo dell’amore per cui è creato. L’approdo è certo, la vita ha vinto e in Cristo continuerà a vincere in ogni morte del quotidiano».
Un modo molto semplice per ricordarci la preminenza di Cristo è, in questi giorni, realizzare o completare «l’allestimento del presepe, suggestiva rappresentazione del Mistero della Natività di Cristo. Auspico che un elemento così importante, non solo della nostra fede, ma anche della cultura e dell’arte cristiana, continui a far parte del Natale per ricordare Gesù che, facendosi uomo, è venuto “ad abitare in mezzo a noi”».
Giovedì, 18 dicembre 2025
