Recensione di Giovanni Codevilla, Cristianità n. 410 (2021)
L’ampia e documentata opera è l’espressione del profondo interesse che l’autore, il giornalista Alessandro Borelli, iconologo e studioso dell’Oriente cristiano, nutre da decenni per il mondo russo e segnatamente per l’arte religiosa di quel Paese, settore di cui da tempo è un esperto qualificato. La sua passione per il mondo delle icone gli ha permesso di scoprire e studiare le peculiarità dell’arte sacra dei seguaci del grande scisma (Raskol’) che ha frantumato l’unità religiosa della Russia nella seconda metà del secolo XVII, quando una parte della Chiesa ortodossa ha rifiutato le riforme introdotte dal patriarca Nikon (Nikita Minin, 1605-1681) tramite l’imposizione di un ritorno alle forme di ritualità greca da cui la medesima Chiesa russa si era andata progressivamente allontanando. Nasce allora la corrente dei veteroritualisti, o Vecchi Credenti, definiti come scismatici (raskol’niki), seguaci del protopope Avvakum Petrovič (1621-1682), al quale Pia Pera (Vita dell’arciprete Avvakum scritta da lui stesso (a cura di), Adelphi, Milano 1986; Eadem, I Vecchi Credenti e l’Anticristo, Marietti, Torino 1992), Pierre Pascal (Avvakum et le dèbutsduraskol, Mouton, Parigi 1969), Julija Danzas (1879-1942) (La coscienza religiosa russa, Morcelliana, Brescia 1946) e altri eminenti studiosi, elencati nella ricca bibliografia posta al termine del volume, hanno dedicato pagine significative.
La curiosità, che da sempre è alla base della passione per la ricerca, ha indotto l’autore a cogliere e illustrare le specifiche caratteristiche dell’arte sacra dei veteroritualisti e ad approfondire, nel contempo, la conoscenza di questo movimento fortemente radicato nel popolo, la cui rilevanza nella storia russa e della sua Chiesa è fondamentale, in quanto la sua travagliata nascita segna la frattura dell’unità religiosa del Paese.
Il movimento veteroritualista è quanto mai complesso e variegato e l’Autore lo analizza in modo sistematico, illustrando il clima culturale del tempo e le figure dei protagonisti, in particolare il patriarca Nikon (Minin) e, in specie, il protopope Petrovič, la cui importanza, come concordemente sottolineato dagli studiosi del mondo russo, non si limita all’ambito religioso ma investe quello letterario, dal momento che la sua autobiografia costituisce un monumento della letteratura russa.
Nasce così una affascinante storia dei Vecchi Credenti, che non si limita ad illustrare i contenuti della riforma imposta da Nikon ma ne segue le complesse vicende storiche dalle origini ai giorni nostri, narrando la persecuzione subita in varie epoche, la tassazione esasperata imposta dallo zar Pietro I il Grande (1672-1725) a quanti rifiutavano di radersi barba e baffi, segni di appartenenza all’Ortodossia secondo quanto sancito dal Concilio dei Cento Capitoli del 1551. L’autore ricorda l’immane tragedia dei suicidi collettivi dei veteroritualisti, i quali si davano fuoco per sottrarsi alle conversioni forzate all’Ortodossia, la loro volontaria emigrazione nelle zone più isolate della Russia, come le foreste dello Starodub’e di Vetka, che saranno da loro colonizzate, lontano dal mondo abitato, e la scelta di barricarsi nelle isole Solovki nel Mar bianco, dove resisteranno per anni all’assedio delle forze zariste, per giungere infine ad oltrepassare i confini del Paese e a trasferirsi in Polonia, Turchia, Romania e in altre regioni, nelle quali sono presenti anche oggi.
La zarina Caterina II (1729-1796) offrirà ai raskol’niki la possibilità di rientrare in Patria senza sanzioni penali, relegandoli peraltro nelle steppe di Barabinsk, nella lontana e inospitale regione di Novosibirsk, al fine di cercare di reintegrarli nell’Ortodossia.
Dai due rami dello scisma, quello dei popovcy (che ammettono i sacerdoti) e quello dei bespopovcy (che invece ne sono privi), si sviluppa una serie ampia e variegata di formazioni religiose, alcune invero assai bizzarre, accuratamente esaminate dall’Autore.
Merita ricordare che tra i Vecchi Credenti e gli Ortodossi non sussistono differenze dogmatiche, ma semplicemente rituali e, nonostante ciò, il tentativo di una riconciliazione tramite la creazione del movimento dell’Edinoverie, o dell’unica fede, avrà scarso successo. Essi continueranno ad essere discriminati e considerati formazioni religiose non tollerate dallo Stato sino alla emanazione del decreto sulla tolleranza religiosa del 1905 da parte dello zar Nicola II (1868-1918). In generale, i seguaci del movimento si sono sempre distinti per integrità morale, attaccamento alla famiglia ed operosità, doti che hanno consentito loro, in un regime che li metteva al bando, di conseguire posizioni eminenti nel campo dell’industria, quella tessile in particolare, e del commercio.
Questo ampio e avvincente volume si rivela, in conclusione, come un prezioso strumento per la conoscenza del mondo religioso russo dallo scisma del 1667 ai giorni nostri ed anche dell’arte iconografica dei Vecchi Credenti, alla quale è dedicato un intero capitolo del testo.