La decisione della Corte Suprema del Regno Unito (in allegato) che oggi respinge il ricorso dei genitori di Alfie Evans contiene dei passaggi sconcertanti:
1) nega la possibilità di sopravvivere a un essere umano che, come Alfie, ha necessità di sostegno tecnico per alimentarsi, per bere e per respirare, e non ha possibilità di migliorare (§ 2). Attenzione: nel caso concreto non si è di fronte a quello che impropriamente viene definito “accanimento terapeutico”, e che meglio potrebbe dirsi “trattamento sanitario sproporzionato”. Si è di fronte a un caso di mantenimento vitale;
2) nega la capacità di decidere ai genitori. Pur riconoscendo che in passato essa esisteva (al § 6), per la Corte ciò appartiene a un mondo superato, nel quale il padre di famiglia aveva la custodia del figlio. Oggi – spiega la Corte – i genitori devono pensare solo al “benessere” (sic) dei figli! Nega quindi il diritto/dovere dei genitori di tentare il possibile per salvarlo. Il “welfare” compete ai genitori, la vita del figlio no!
3) il “miglior interesse del minore”, unico criterio da prendere in considerazione per la Corte, è che qui il bambino muoia, con lo Stato arbitro di stabilirlo al posto dei genitori, parificati in esplicito (§ 12) per questa loro scelta vita a soggetti che abbandonano i loro figli;
4) la decisione della Corte non è modificabile da nessuno, neanche dalla Cedu.
Non è la prima volta che in Nazioni dove i diritti sono stati riconosciuti prima che altrove lo Stato si arroga il potere di morte su un bambino solo perché ammalato, e contro il volere dei suoi genitori. Accade così in Belgio e in Olanda. In questo il Regno Unito è tutt’altro che fuori dall’Europa, nonostante per un diritto così importante non voglia attendere l’eventuale decisione della Cedu.
E’ quanto sostiene il Centro Studi Rosario Livatino, formato da magistrati, docenti universitari e avvocati.
Il Centro studi Livatino
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