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Alleanza Cattolica – aree tematiche – Insorgenza e Identità Nazionale italiana – Annali Italiani

7 Ottobre 2011 - Autore: Alleanza Cattolica

ANNALI ITALIANI

Direttore: Oscar Sanguinetti – Direttore responsabile: Andrea Morigi – Comitato scientifico: Edoardo Bressan, Virgilio Ilàri, don Luigi Negri, Luigi Prosdocimi, Mauro Ronco, Marco Tangheroni
Redazione e amministrazione: 20129 Milano, via Castelmorrone 8 – www.identitanazionale.it – e-mail: annali.italiani@tiscalinet.it – tel./fax: 02.73.05.14

Abbonamenti: Italia: un numero € 12; abbonamento annuale (per 2 numeri): ordinario € 20, sostenitore: € 100. Estero: un numero € 24, abbonamento annuale (per 2 numeri): ordinario € 40; sostenitore € 200. Numeri arretrati € 24.
C/C n. F400879614800 c/o Banca Sella ag. 3, via Gonzaga 3, Milano; ABI 03268; CAB 01603

Stampa: Sinergie s.r.l., Sesto Ulteriano, I – 20098 San Giuliano Milanese (Milano), via Monferrato 62, tel. 02.98.28.18.40 fax. 02.98.28.18.45

 

SOMMARIO DEL n. 1/2002

Editoriale

Perché Annali Italiani, pp. 3-8. [I-1-2001-00]

 

Articoli e saggi

Oscar Sanguinetti, La tragedia dell’ebraismo europeo e le sue responsabilità morali, pp. 9-66 — Studio sul nazionalsocialismo e l’Olocausto ebraico, in cui si mette a fuoco il problema delle corresponsabilità storiche della tragedia degli ebrei europei vittime del nazionalsocialismo, cercando di definire quale fu l’atteggiamento verso la Shoah non solo dei vertici della Chiesa cattolica — l’unica realtà che oggi sembra venir chiamata in giudizio —, ma anche delle altre autorità morali e potenze temporali del mondo di allora. [I-1-2002-01]

Giuseppe Brienza, Uno storico della Roma di Pio IX. La vita e le opere di Giuseppe Spada, pp. 67-143 — Ampio saggio bio-bibliografico sullo storico legittimista romano dell’Ottocento Giuseppe Spada (1796-1867), i cui scritti costituiscono una fonte di prim’ordine per la storia della Repubblica Romana del 1849 e del Risorgimento italiano in generale. [I-1-2002-02]

Renato Cirelli, L’”altro” Risorgimento nelle memorie di Patrick Keyes O’ Clery, pp. 145-152 — Estesa recensione de La Rivoluzione italiana, l’importante volume di storia del Risorgimento italiano, di recente ristampato, scritta dallo storico e uomo politico irlandese, nonché ex zuavo pontificio, Patrick Keyes O’ Clery. Il libro costituisce una delle poche sintesi storiche di qualità del processo di unificazione politica dell’Italia visto dalla parte dei vinti. [I-1-2002-03]

 

Fonti e Documenti

Oscar Sanguinetti e Marco Invernizzi, Fonti bibliografiche dell’Insorgenza nella provincia di Bergamo, pp. 153-185 — Nella rubrica dedicata alle fonti, trova spazio la breve segnalazione e la catalogazione bibliografica delle fonti primarie (non a stampa) relative all’Insorgenza di Bergamo del 1797, realizzata nel corso di una ricerca condotta dall’Istituto all’inizio del 2000. [I-1-2002-04]

 

Rassegna Bibliografica

Pp. 187-201 — Virgilio Ilàri, Piero Crociani e Ciro Paoletti, La Guerra delle Alpi (1792-1796), USSME, Roma 2000; Emanuele Pagano, Pro e contro la repubblica. Cittadini schedati dal governo cisalpino in un’inchiesta politica del 1798, Unicopli, Milano 2000; Pietro Calà Ulloa, Unione non unità d’Italia, ARGO, Lecce 1998; 1799: l’insorgenza antifrancese e il sacco di Macerata. Atti del Convegno di Studi. Aula Magna dell’Università degli Studi di Macerata. 20 Maggio 1999, Comune di Macerata, Macerata 2001; Marco Invernizzi, I cattolici contro l’unità d’Italia? L’Opera dei Congressi (1874-1904). Con i profili biografici dei principali protagonisti, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 2001; La storia proibita. Quando i Piemontesi invasero il Sud, Controcorrente, Napoli 2001. [I-1-2002-05]

 

EDITORIALE

Perché Annali Italiani

Un’altra — l’ennesima — rivista di storia? Mah… Farà come tante altre, durate l’espace d’un matin, uscite per qualche numero e poi spentesi illacrimatamente… Chi può aver voglia d’immergersi nelle questioni, vecchie di più di cent’anni, della storia nazionale quando i problemi di oggi incalzano? o di sorbirsi saggi in genere di una pesantezza non comune? che senso ha voler discutere d’identità degl’italiani quando tutto tende sempre più a perdere i suoi connotati, si cancellano confini e differenze, e la società diventa sempre più una “marmellata” di gruppi, d’identità parziali, di aggregazioni in perenne trasformazione?

Questi, e altri ancora, immagino siano le considerazioni e le domande che possa sollevare — ammesso e non concesso che vi sia chi se ne accorga — l’affacciarsi alla vita culturale italiana di una rivista come Annali Italiani.

E non sono quesiti infondati: la condizione di “frastuono”, di surmenage informativo in cui vive immerso il nostro contemporaneo è un dato di fatto. In particolare, non va dimenticato che la cultura ha inflitto fin troppe delusioni a quell’Italia “sommersa” e “silenziosa”, all’area cosiddetta “moderata”, per non pochi tratti “anti-moderna”, che non ha mai trovato — se non forse in Giovanni Guareschi (1908-1968) — né un portavoce, né un interprete adeguato del proprio ethos.

senza presumere di poter svolgere alcun ruolo di questo tipo, né volendolo, Annali Italiani, nel suo ruolo specifico di rivista di studi storici, nasce con lo scopo di offrire attraverso un lavoro sulla memoria storica elementi di orientamento utili, in tesi, a tutti, cercando di dar corpo e senso al vecchio adagio secondo cui “historia” è “magistra vitae”. In altre parole, se è vero che il bene comune della società, e nella fattispecie degl’italiani, è un insieme di condizioni oggettive che favoriscono il normale sviluppo delle capacità dei singoli e dei corpi sociali, Annali Italiani, promossa da cattolici, vuole partecipare, nell’ambito che si è scelto, almeno in piccola parte, quella che ha relazione con la cultura, alla costruzione di questo bene comune.

Una iniziativa come questa ha un senso e un futuro? Se un’iniziativa culturale, nella misura in cui “cultura” dice relazione a “coltivazione” — dell’anima — e a “culto”, ha sempre un senso, oggi essa ha più che mai senso. Oggi si rileva infatti una domanda di conoscenza del passato, come non mai. Per troppi anni la memoria è stata falsata in nome di una edificazione della “nuova” società secondo i canoni dell’ideologia. L’inizio del “vivere senza menzogna” auspicato da Aleksandr Isaevic Solženicyn ha fatto emergere un prepotente bisogno di verità e di riscoperta della propria identità da parte dei soggetti rimasti al dissolversi delle nebbie del comunismo.

E anche l’accentuata complessità della vita nazionale dei paesi occidentali, l’irruzione al loro interno di culture e di credi diversi da quelli tradizionali, ha fatto emergere sensi di smarrimento e ha intensificato la ricerca d’identità.

A tale domanda occorre dare una risposta, pena il fatto che certi percorsi di ricerca trovino approdo a lidi discutibili, siano essi il rifugio nei miti della nazione — come in Russia e nei Balcani — oppure il ricupero di identità locali non di rado inesistenti o posticce. E dare una risposta in termini di senso e d’identità richiede di chinarsi sul passato, sulla memoria: comporta cioè il ricorso alla storia. Solo attraverso il ricupero della memoria il bisogno di identità per il presente e per il futuro può trovare appagamento.

Ma la domanda di verità e di un’interpretazione non cronistica dei fatti, il bisogno di tornare a capire chi siamo e quali sono le ragioni che ci fanno ancora stringere in società, si avvertono sempre meno soddisfatti dagli schemi correnti e dalla cultura espressa dal “personale” addetto. Anzi, l’ultimo habitat delle ideologie, cacciate dalla politica e dall’economia, pare essere rimasto proprio il mondo della cultura in senso lato.

Cionondimeno — ma subendo pesantemente la presenza frenante delle ideologie —, da alcuni anni a questa parte, in una qualche misura una risposta ha iniziato a prendere forma, anzi, si è assistito alla fioritura di un’abbondante letteratura storica “alternativa”, che ha forzato schemi e ha infranto stereotipi diventati ormai inossidabili, perché alimentati, in misura maggiore o minore, da due elementi estranei alla storia: il mito di fondazione dello Stato e una politica esercitata sempre in stretto connubio con la cultura.

Non si tratta di un fenomeno solo italiano: determinati schemi “indiscutibili” vigono anche altrove, per esempio in Francia sulla Rivoluzione del 1789, o in Germania, sul vero volto del nazionalsocialismo e sulla seconda guerra mondiale. Ma la crosta ideologica depositatasi sulla nostra storia “patria” è particolarmente dura e coriacea. Nonostante questo, la ricerca storica, per quanto “debole” possa essere in assenza del supporto del sistema, ha inevitabilmente — soprattutto dopo il 1989 — fatto affluire sui tavoli degli studiosi valanghe di documenti, che non è stato più possibile non vedere, né imbrigliare i fatti di cui sono riflesso attraverso le maglie delle consuete categorie interpretative. Il “canone” storico progressista sta “andando in crisi”, nonostante la disperata, quasi patetica, difesa che ne fanno suoi esponenti, gruppi e ambienti, sempre pronti a lanciare il vecchio termine tipico delle scomuniche ideologiche leniniste e staliniste — “revisionista” — contro chi, indipendentemente dall’ispirazione ideale, semplicemente esibisca fatti e dati nuovi e proponga ipotesi di lavoro diverse da quelle convenzionali.

Senza addentrarsi nel merito del valore, spesso diseguale, di questa apprezzabile fioritura storica, si può osservare che essa è avvenuta in maniera alquanto estemporanea e scoordinata ed è cresciuta in maniera un po’ “selvaggia”. Alla sua origine vi sono singoli o gruppi nei quali l’esigenza di riscoprire la storia italiana muoveva spesso da riscoperte identitarie locali — troppo depresse dalla mono-cultura nazional-televisiva — oppure da visioni ideologiche “alternative”, da destra e da sinistra, oppure, ancora, dalla ricorrenza bicentenaria degli eventi del primo periodo rivoluzionario, ossia del 1789-1800.

Così, non pochi lavori, pregevoli sotto più di un profilo, risentono di una strumentazione non sempre di prim’ordine, del fatto di essere nati sotto la pressione dalle ricorrenze, o della ristrettezza dei mezzi. Non di rado nell’accostamento al problema è prevalso un atteggiamento non sufficientemente sereno, troppo influenzato da uno spirito di rivalsa — peraltro giustificabile, visto il torto per lungo tempo patito — e da un animus di contrapposizione, nei toni e nelle tesi, che procede di norma da una visione inadeguata della storia generale e dei suoi presupposti teorici.

Oggi, se vogliamo veramente capire che cosa è accaduto in un certo momento nel nostro paese e perché è accaduto, abbiamo a disposizione strumenti estremamente disomogenei: da un lato una moltitudine di “prodotti” culturali, sontuosi e capillarmente diffusi, di autori ben incorporati nelle strutture del potere culturale, che reiterano più o meno stancamente e consapevolmente tesi ormai vetuste e, dall’altro, un pulviscolo di saggi di valore — pur con le debite eccezioni —, frutto di ricerche serie, ma tenuti ai margini dei canali in cui circolano i prodotti culturali “normali” nel nostro paese. Prodotti di qualità ma “artigianali”, dunque a diffusione locale e comunque limitata. E quella che descrivo è una condizione reale e tangibile, che chiunque oggi visiti una libreria può verificare senza troppi sforzi.

Tornando alle ragioni per cui scendere in campo, va altresì rilevato che una prospettiva culturale come quella dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale è assente da decenni nell’area culturale in cui si situano i suoi promotori, ovvero quella cattolica. Non solo: nel secondo dopoguerra, su questo versante, le riviste storiche non sono mai abbondate, quasi a testimoniare la subalternità della cultura storica a quella politico-economica nella prospettiva delle élites cattoliche al governo. E le poche esistite erano e sono tuttora quasi tutte espressione dell’area “cattolico-democratica”.

Una presenza come quella di Annali Italiani può però essere utile non solo a quest’àmbito della cultura nazionale, ma un po’ a tutto l’orizzonte culturale “moderato”, che dà anch’esso segni di cercare chi ne indossi e ne veicoli la cultura. Il paradosso di questi mesi è che questo mondo ha trovato larga espressione politica nell’attuale classe di governo, mentre la sua cultura non sembra altrettanto rappresentata e valorizzata.

 

Annali Italiani si propone di intervenire — con i mezzi che riuscirà a mettere in campo — in questa situazione, connotata da una forte domanda di verità e da una inadeguata risposta, sviluppando e favorendo la realizzazione di “prodotti storiografici” di livello adeguato, che gettino luce sulle radici della condizione presente, in genere, e sull’italianità, in specie. Prodotti che possano competere con quelli segnati dal marchio dell’”ufficialità” e che cooperino con quelli di altre “agenzie” storiografiche a infrangere la scorza ideologica prima evocata.

Cercherà nel contempo di fungere da incubatore, agevolandone la crescita, di quella storiografia, spesso di qualità, finora confinata in una condizione di minorità, a cavallo fra le memorie del campanile e la “pamphlettistica”.

In concomitanza con l’uscita di questo primo numero della sua rivista e rilanciando la prospettiva del Manifesto 2001 che ha pubblicato l’estate scorsa — riportato nel presente fascicolo — l’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale si rivolge a tutti coloro che operano nella ricerca e negli studi storici o che, comunque, coltivano interessi in questo àmbito perché, se si riconoscono nei contenuti e nelle finalità di Annali Italiani, se ne facciano eco e operino per diffonderli, lavorando insieme ai redattori a riannodare i fili della trama ormai consunta del tessuto culturale italiano.

Il “taglio” degli studi che appariranno su Annali Italiani si collocherà di norma in quell’area che sta fra la saggistica accademica e la divulgazione storica stricto sensu. Si rivolge a un pubblico a forte componente intellettuale — insegnanti, giornalisti, politici, operatori culturali —, interessato a letture meno specialistiche di quelle fornite dalle riviste universitarie, ma sensibile a proposte tematiche meno facili e attento a svolgimenti di adeguato rigore critico.

 

Annali Italiani privilegerà temi d’interesse generale e soprattutto periodi e momenti legati alla questione dell’identità italiana, alla sua genesi, alla sua configurazione, alle sue crisi e alle sue rinascite, senza limitazioni cronologiche. Cercherà di rivisitare i “nodi” della storia italiana, illuminandone le pagine buie e riproponendone i momenti di fulgore, senza esimersi peraltro da dare valutazioni e giudizi di carattere storico sugli eventi. Giudizi che saranno il più possibile sereni e liberi da influenze ideologiche — ivi compresa l’ideologia “anti-ideologica” —, ma soprattutto proposti nella prospettiva di preparare il futuro, piuttosto che di rimpiangere, più o meno amaramente, un passato, che nelle sue forme storiche non può più tornare, e che nemmeno si vuole “salvare”, idealizzandolo.

Se è vero che i temi verranno scelti e le ipotesi di lavoro saranno formulate in coerenza con l’orizzonte culturale generale dei promotori della rivista, ciò non significa che contributi di diverso orientamento, purché di valore e scevri anch’essi da spirito polemico, non possano trovarvi accoglienza.

 

Annali Italiani vuole operare — senza diritti di primogenitura, né esclusività di alcun genere — affinché la comunità nazionale e coloro che la rappresentano riscoprano la verità, il senso e il valore dell’essere italiani e, quindi, eredi e potenziali titolari di un patrimonio di cultura — in tutte le modulazioni del termine —, che non ha eguali al mondo per antichità, ricchezza e qualità. Un patrimonio del quale il dato religioso cristiano è elemento fondante e portante, se si pensa solo alla “quantità di bene”, seminata dalle generazioni di santi, uomini e donne, che hanno percorso il suolo della Penisola.

Con questa consapevolezza, gli scrittori e la redazione di Annali Italiani affidano la loro impresa alle mani di Colei che è stata definita “la castellana d’Italia”, dal cui ausilio né il paese che ospita il vicario di Cristo, né, soprattutto, coloro che al suo interno si propongono di svolgere un’opera di diffusione della verità storica e di promozione della cultura e dei valori naturali e cristiani, possono prescindere.

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