Preghiamo i santi perché siamo intimamente connessi ad essi, nella misteriosa comunione che unisce Cielo e terra
di Michele Brambilla
Papa Francesco, nell’udienza del 2 febbraio, compendia il ciclo su san Giuseppe con queste parole: «in queste settimane abbiamo potuto approfondire la figura di San Giuseppe lasciandoci guidare dalle poche ma importanti notizie che danno i Vangeli, e anche dagli aspetti della sua personalità che la Chiesa lungo i secoli ha potuto evidenziare attraverso la preghiera e la devozione. A partire proprio da questo “sentire comune” che nella storia della Chiesa ha accompagnato la figura di San Giuseppe, oggi vorrei soffermarmi su un importante articolo di fede che può arricchire la nostra vita cristiana e può anche impostare nel migliore dei modi la nostra relazione con i santi e con i nostri cari defunti: parlo della comunione dei santi», citata nel Simbolo apostolico.
Il culto che i cattolici prestano ai santi, cioè a coloro che godono già della beatitudine eterna, può sembrare da fuori una forma di superstizione, e a volte è effettivamente degenerata in comportamenti scorretti, ma riflette un’importante verità di fede. «Il Catechismo della Chiesa Cattolica», infatti, «afferma: “La comunione dei santi è precisamente la Chiesa” (n. 946). Ma guarda che bella definizione! “La comunione dei santi è precisamente la Chiesa”. Che cosa significa questo? Che la Chiesa è riservata ai perfetti? No. Significa che è la comunità dei peccatori salvati. La Chiesa», rimarca il Pontefice, «è la comunità dei peccatori salvati. È bella, questa definizione. Nessuno può escludersi dalla Chiesa, tutti siamo peccatori salvati. La nostra santità è il frutto dell’amore di Dio che si è manifestato in Cristo, il quale ci santifica amandoci nella nostra miseria e salvandoci da essa. Sempre grazie a Lui noi formiamo un solo corpo, dice San Paolo, in cui Gesù è il capo e noi le membra (cfr 1 Cor 12,12)». Aggiunge il Santo Padre: «questa immagine del corpo di Cristo e l’immagine del corpo ci fa capire subito che cosa significa essere legati gli uni agli altri in comunione. “Se un membro soffre – scrive San Paolo – tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra” (1 Cor 12,26-27)». La Chiesa guarda, quindi, in quest’ottica anche ai peccati che si osservano nel corpo ecclesiale, conscia di essere, ad ogni modo, Corpo mistico di Cristo, perpetuamente assistito dallo Spirito Santo e sostenuto nel cammino terreno dal suo Capo e Redentore, che l’ha riscattata una volta per tutte nel Mistero pasquale.
«Cari fratelli e care sorelle, la gioia e il dolore che toccano la mia vita», spiega il Papa con parole più semplici, «riguarda tutti, così come la gioia e il dolore che toccano la vita del fratello e della sorella accanto a noi riguardano anche me. Io non posso essere indifferente agli altri, perché siamo tutti parte di un corpo, in comunione. In questo senso, anche il peccato di una singola persona riguarda sempre tutti, e l’amore di ogni singola persona riguarda tutti. In virtù della comunione dei santi, di questa unione, ogni membro della Chiesa è legato a me in maniera profonda – ma non dico a me perché sono il Papa – siamo legati reciprocamente e in maniera profonda, e questo legame è talmente forte che non può essere rotto neppure dalla morte. Infatti, la comunione dei santi non riguarda solo i fratelli e le sorelle che sono accanto a me in questo momento storico, ma riguarda anche quelli che hanno concluso il pellegrinaggio terreno e hanno varcato la soglia della morte. Anche loro sono in comunione con noi. Pensiamo, cari fratelli e sorelle: in Cristo nessuno può mai veramente separarci da coloro che amiamo perché il legame è un legame esistenziale, un legame forte che è nella nostra stessa natura» di battezzati.
«In questo senso, la relazione di amicizia che posso costruire con un fratello o una sorella accanto a me, posso stabilirla anche con un fratello o una sorella che sono in Cielo. I santi sono amici con cui molto spesso intessiamo rapporti di amicizia. Ciò che noi chiamiamo devozione a un santo – io sono molto devoto a questo santo, a questa santa – questa che noi chiamiamo devozione è in realtà un modo di esprimere l’amore a partire proprio da questo legame che ci unisce», un’amicizia che può partire, proprio come i legami terreni, da un’affinità caratteriale, una similitudine biografica o un interesse comune. In fin dei conti, «anche Gesù aveva i suoi amici, e ad essi si è rivolto nei momenti più decisivi della sua esperienza umana. Nella storia della Chiesa ci sono delle costanti che accompagnano la comunità credente: anzitutto il grande affetto e il legame fortissimo che la Chiesa ha sempre sentito nei confronti di Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Ma anche lo speciale onore e affetto che ha tributato a San Giuseppe. In fondo, Dio affida a lui le cose più preziose che ha: suo Figlio Gesù e la Vergine Maria. È sempre grazie alla comunione dei santi che sentiamo vicini a noi i Santi e le Sante che sono nostri patroni, per il nome che portiamo, per esempio, per la Chiesa a cui apparteniamo, per il luogo dove abitiamo, e così via, anche per una devozione personale. Ed è questa la fiducia che deve sempre animarci nel rivolgerci a loro nei momenti decisivi della nostra vita».
Proprio da un legame di amicizia, a lui particolarmente caro, il Papa trae la preghiera che consegna ai fedeli che partecipano all’udienza: «è una preghiera che ho trovato in un libro di preghiere delle Suore di Gesù e Maria, del 1700, fine del Settecento. È molto bella, ma più che una preghiera è una sfida a questo amico, a questo padre, a questo custode nostro che è San Giuseppe. Sarebbe bello che voi imparaste questa preghiera e possiate ripeterla. La leggerò: “Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere”. E finisce con una sfida, questo è sfidare San Giuseppe: “Poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere”. Io mi affido tutti i giorni a San Giuseppe, con questa preghiera, da più di 40 anni: è una vecchia preghiera», ma con essa il Pontefice ha costruito un legame affettivo dal quale ora possono trarre beneficio milioni di altri fedeli cattolici sparsi per il mondo.
Giovedi, 3 febbraio 2022