Nota dell’8 dicembre 2019.
Indispensabile conoscere quello che è avvenuto per comprendere l’oggi. Finalmente disponibile sul nostro sito questo articolo comparso su Cristianità più di trenta anni fa.
Marco Invernizzi, Cristianità n. 156-157 (1988)
Le vicende principali di un’operazione di lunga durata tesa a egemonizzare il mondo cattolico italiano.
In una documentata ricostruzione
Appunti sulla storia e sul «progetto» dei «cattolici democratici»
1974: il referendum sul divorzio
È vero quanto ha scritto Augusto Del Noce, e cioè che «l’indissolubilità del matrimonio ha significato all’interno di una metafisica religiosa e non si può trattarne al modo di un valore civile autonomo come […] fu fatto» (1) in occasione del referendum sul divorzio, nel 1974? Oppure era dalla parte della ragione il presidente del Comitato per il Referendum sul Divorzio, Gabrio Lombardi, impostando la campagna antidivorzista in termini morali e civili e non religiosi (2)?
La divergenza fra i due autorevoli esponenti del mondo cattolico italiano — per altro impegnati entrambi nella campagna pubblica in difesa dell’indissolubilità del matrimonio e, quindi, della famiglia — può essere forse composta — almeno in tesi — osservando che, se è vero che l’indissolubilità del matrimonio è valore intrinseco alla natura del matrimonio stesso — e come tale voluto da Dio, autore della natura, ma non imposizione di un principio di fede ai non credenti —, è altrettanto vero che l’abbandono della fede da parte di una nazione cristiana come l’Italia si è accompagnato alla scomparsa del rispetto dei principi del diritto naturale, assunti e perfezionati dal cristianesimo.
Altre divergenze, però, emerse sempre in occasione del referendum sul divorzio all’interno del mondo cattolico, non erano altrettanto componibili. In quella circostanza, infatti, si rivelano ed esplodono insofferenze all’accettazione di un principio di morale naturale e cristiana — appunto l’indissolubilità matrimoniale da riconoscersi da parte della legislazione dello Stato, e non soltanto la modalità della sua presentazione propagandistica — e, quindi, riguardanti l’accettazione o il rifiuto del Magistero della Chiesa in proposito.
Allora il mondo cattolico si divide profondamente; e, mentre numerosi movimenti e associazioni — uniti nella fedeltà al Magistero e senza rinunciare a esternare anche nella propaganda referendaria le proprie caratteristiche culturali — si battono con tutte le loro forze per l’abrogazione della legge divorzista, altri gruppi costituiscono un fronte unitario per la difesa della legge stessa, e in esso convergono i «cattolici democratici», alcuni dei quali fonderanno nel 1975 la Lega Democratica, i Cristiani per il Socialismo e le Comunità di Base.
Tale fronte unitario lancia, il 17 febbraio 1974, un Appello dei cattolici democratici per il no nel referendum (3). A sostegno del documento si schierano intellettuali come Pietro Scoppola, Francesco Traniello, Ettore Passerin d’Entrèves, Luigi Pedrazzi, Paolo Brezzi e Giuseppe Alberigo, sindacalisti come gli esponenti della CISL, la Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori, Sandro Antoniazzi e Pierre Carniti, uomini rappresentativi delle ACLI, le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, come Emilio Gabaglio, e giornalisti come Guglielmo Zucconi, Sandro Magister, Giancarlo Zizola e Ruggero Orfei.
Nell’appello si invitano «i democratici di fede cristiana, affinché rifiutino col loro voto la proposta abrogazionista, affermando così valori di convivenza civile e di libertà religiosa essenziali in una società pluralistica e democratica» (4). Le motivazioni a favore del rifiuto dell’abrogazione esprimono il carattere fortemente ideologico del clima in cui si prepara la consultazione popolare, per esempio quando gli estensori del documento invitano «a sbarrare la strada ad ogni utilizzazione del referendum in senso conservatore e autoritario e al tentativo dei fascisti di reinserirsi nella vita politica del paese» (5).
In questa pubblica manifestazione di distacco dalle indicazioni del Magistero della Chiesa ci si sforzava di contrastare il grande bene costituito dall’indissolubilità matrimoniale con la compassione suscitata dal fallimento di fatto di molti matrimoni, cui si pretendeva, da parte dei «cattolici del no», doversi lasciare la possibilità di ricostituirsi in nuovi matrimoni e in nuove famiglie. Tali motivazioni ignoravano sostanzialmente quanto — per altro — all’epoca viene raramente affermato anche all’interno del mondo cattolico, cioè che il matrimonio è indissolubile anzitutto dal punto di vista naturale e che, quindi, non ha fondamento l’accusa di parte laicista secondo cui con l’indissolubilità si impone l’osservanza di un sacramento alla parte non cristiana del popolo (6).
Le inquietudini che esplodono nella Chiesa italiana in occasione del referendum sul divorzio erano in essa già presenti e operanti da tempo, talora occultamente e talora in modo manifesto (7).
Alberto Monticone — presidente-nazionale dell’ACI, l’Azione Cattolica Italiana, dal 1981 al 1986 — traccia una storia di queste inquietudini. Un «primo crocevia» viene indicato nella «“rivoluzione” degli anni dal 1962 al 1965», con quella che egli definisce la «terribile sfida della fantasia» (8). L’astrusità delle argomentazioni non lascia però sfuggire il senso dell’analisi: «E, allora, potrei dire che questa rivoluzione degli anni dal 1962 al 1965 è una rivoluzione che, in riferimento alla generazione di cui ci occupiamo, costituisce l’uscita definitiva da un tempo scarso e povero di profezia e l’ingresso in un tempo in cui il futuro è tutto da inventare al di fuori di schemi già ricevuti. In un tempo scarso di profezia l’impatto del concilio, con tutte le conseguenze anche civili e sociali e politiche che esso ha portato, è proprio l’ingresso in un tempo diverso, in cui c’è il richiamo fortissimo alla profezia che, in fondo, per la chiesa è il frutto dello Spirito e per il mondo civile è il frutto delle rivoluzioni.
«[…] Mentre il concilio sconvolgeva la chiesa — sconvolgeva meravigliosamente la chiesa, con quella meraviglia, quel monstrum che mette insieme il capovolgimento degli schemi, dell’estetica, della visione e anche la bellezza del nuovo —, mentre ne provocava un ripensamento globale, ecco che si determinava nella chiesa e all’esterno di essa nel mondo la terribile sfida della fantasia» (9).
Naturalmente, Alberto Monticone mette poi in luce come la tappa successiva, cioè «il ’68 e l’ideologia ariostesca del possibile rivoluzionario», costituisca «una rivoluzione senza approdo, perché non parte né dalla storia né dalla cultura», e definisce il terrorismo un «elogio della pazzia» (10); tuttavia — aggiunge — gli esiti errati di queste «rivoluzioni» non hanno impedito che «l’associazionismo cattolico e l’ACI» conservassero «gelosamente il senso della storia, della cultura, della mediazione, del futuro e anche della politica» (11).
Ma quale «storia» e quale «cultura» hanno conservato, e — soprattutto — per quale «futuro»?
La fine dell’età lamennaisiana
Pietro Scoppola fornisce indicazioni utili per ricostruire la storia del cattolicesimo democratico in Italia. Egli sostiene che si è chiusa l’«età lamennaisiana, quel periodo storico cioè — aperto appunto dalla grande intuizione di Lamennais nel 1830 —», che avrebbe portato la Chiesa a cercare nei popoli e non più nei re il sostegno necessario per «una sua efficace presenza nella società civile» (12). E questa lunga stagione è terminata — sostiene appunto Pietro Scoppola — perché i fatti oggi provano che anche i popoli, dopo i monarchi, si sono rivelati infidi per la Chiesa. È utile sottolineare come lo storico cattolico-democratico riporti puntualmente al tempo della Rivoluzione francese — e alle sue conseguenze anche in campo cattolico — il drammatizzarsi del rapporto fra la Chiesa stessa e il mondo, e come l’interpretazione del concetto di democrazia — che può essere considerata strumento oppure fine della vita politica — si riveli uno dei nodi di maggiore rilevanza (13).
Il «progetto» del cattolicesimo democratico negli anni Trenta in Italia
Come si è sviluppata l’azione del cattolicesimo democratico in Italia, dalla «grande intuizione» di Félicité-Robert de Lamennais fino al trionfo — irreversibile secondo Pietro Scoppola — della secolarizzazione?
Nel corso di un seminario di studi svoltosi in due sessioni — dal mese di novembre del 1980 al marzo del 1981 — per iniziativa del MEIC, il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sul tema Per un rinnovato impegno culturale dei cattolici in Italia nello spirito del Concilio Vaticano II, viene analizzata l’«“ipotesi” dell’esistenza di un “progetto storico […] elaborato nell’ambito della cultura cattolica degli anni ’30 e caratterizzante quel momento della cultura cattolica stessa’’» (14).
Di fronte al venir meno di tale «progetto storico» ideato dai cattolici democratici negli anni Trenta — verosimilmente fondato sull’introduzione dell’«aconfessionalità» nella pratica politica dei cattolici, secondo le prospettive di don Luigi Sturzo, e sulla diffusione del pensiero politico di Jacques Maritain anche fra i cattolici italiani —, pare necessario elaborare una «nuova o rinnovata cultura […] come condizione previa per l’eventuale ideazione di un nuovo progetto storico», «per una rinnovata progettualità a servizio di una grande tradizione già molto feconda nel nostro Paese», progettualità fondata su «Concilio e ricerca storica, carta costituzionale e profezia evangelica» (15).
Partecipano al seminario i più conosciuti esponenti del cattolicesimo democratico come Francesco Traniello, Antonio Pavan, Piero Barucci, Pietro Scoppola, Antonio Acerbi, Luciano Pazzaglia, Virgilio Melchiorre, Marco Ivaldo, Luigi Sartori, Roberto Ruffilli, Giuseppe De Rita, Franco Casavola — dei quali vengono raccolte le relazioni negli atti del seminario — nonché Achille Ardigò, Franco Bolgiani, Leopoldo Elia, Alberto Monticone, il cardinale Michele Pellegrino e Giuseppe Lazzati.
Dalla conclusione della relazione di Pietro Scoppola — una sintesi storica delle vicende relative al progetto dalla caduta del fascismo agli anni Ottanta — emerge che tale progetto «si era innestato su esperienze anteriori» (16), cioè verosimilmente sul riformismo religioso dell’inizio del Novecento, il modernismo, e sul cattolicesimo liberale dell’Ottocento, e che «il gruppo portatore della “cultura del progetto’’» era «solo una piccola minoranza» (17).
La prospettiva cattolico-democratica ispira la Democrazia Cristiana che prepara la svolta del centro-sinistra sotto la guida del segretario on. Aldo Moro, ma tale ispirazione entra successivamente in crisi con la gestione dorotea del partito e con il Sessantotto, quando viene contestata, all’interno del mondo cattolico, anche da sinistra.
«Con la morte di Paolo VI», conclude Pietro Scoppola, viene a mancare «l’interprete e il garante del progetto storico di cui discutiamo» (18), anche se lui stesso deve sottolineare come negli ultimi anni del pontificato sono emersi gravi contrasti fra il Papa e i cosiddetti montiniani (19), sì che «gli elementi di quello che poteva apparire un disegno organico […] giacciono ormai disarticolati, come dei frammenti» (20).
La Lega Democratica nel cattolicesimo democratico
Nell’ambito del progetto storico dei cattolici democratici, la Lega Democratica ha un ruolo indubbiamente rilevante. Fondata il 5 novembre 1975, si propone «“di promuovere, come impegno autonomo e permanente, una mobilitazione della periferia per la ricerca e il dibattito culturale, per l’elaborazione di proposte in ordine ai problemi dello sviluppo civile, sociale ed economico, per la partecipazione attiva nelle istanze della democrazia di base: nei quartieri, nei consigli di zona, nelle scuole, nelle fabbriche, negli organismi socio-sanitari”. La Lega democratica si pone come occasione di aggregazione di cattolici democratici critici nei confronti della DC, esterni o non più elettori del partito democristiano ma non ancora approdati a nuove scelte politiche; di militanti democristiani consapevoli della crisi profonda, “storica”, che travaglia il partito ed impegnati all’interno su posizioni di frontiera per la rifondazione e il sostegno della linea democratica e anti-integralista; di democratici di matrice laica interessati ad una prospettiva di sinistra democratica non ideologica.
«Per accentuare la scelta ‘‘laica’’(ma non laicista) dell’impegno politico-culturale, il comitato promotore […] ha scelto il nome di “LEGA DEMOCRATICA”», con l’intento di «evitare nuovi equivoci confessionali, sia pure di segno diverso, di aprirsi al confronto con tutti i democratici di matrice laica, sulla base della profonda ispirazione che ha animato ed anima il patrimonio culturale e le lotte politiche e sociali dei democratici di matrice cristiana» (21).
Nell’anno di fondazione della Lega Democratica si verifica l’avanzata elettorale del Partito Comunista Italiano nelle elezioni amministrative; l’anno successivo, nelle elezioni politiche, sei esponenti di rilievo del mondo cattolico — Paolo Brezzi, Mario Gozzini, Raniero La Valle, Piero Pratesi, Angelo Romanò e Massimo Toschi — salgono sul «cavallo vincente» candidandosi come indipendenti nelle liste comuniste e così contraddicendo espressamente le indicazioni della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, secondo cui «non si può essere simultaneamente cristiani e marxisti» (22).
Nello stesso 1975, con la segreteria dell’on. Benigno Zaccagnini, la Democrazia Cristiana lancia lo slogan del «rinnovamento», che incontra il favore della Lega Democratica: «Noi non escludiamo che la Democrazia cristiana possa essere essa stessa, attraverso una radicale rifondazione, uno strumento di questa azione di rinnovamento: il generoso impegno della nuova segreteria politica ha riaperto indubbiamente grandi speranze. Ma perché questa rifondazione avvenga occorrono precise condizioni. La prima è quella della riconquista di una autentica laicità che reinterpreti la tradizione non confessionale del partito, già espressa in passato da Sturzo e da De Gasperi, alla luce dell’insegnamento del Vaticano II.
«Occorre, in secondo luogo, una severa azione di moralizzazione e l’assunzione di un più rigoroso codice di comportamento etico-politico» (23).
Contemporaneamente viene messo in risalto che «la crescita civile e democratica dell’Italia non può avvenire senza l’apporto diretto di questa grande forza popolare», cioè del Partito Comunista Italiano, la cui proposta di «compromesso storico» viene valutata positivamente, non «come un accordo di vertice», ma sul piano «della ripresa e dello sviluppo del discorso costituzionale, riproponendone il nucleo fondamentale di alleanza popolare e di pluralismo» (24). In questa chiave, «occorre superare […] il problema storico del conflitto tra riformismo e rivoluzione» nella direzione di «un nuovo modo di fare politica [che] impone la logica delle “riforme come rivoluzione permanente”» (25).
Il convegno Evangelizzazione e promozione umana
Il 1976 è un anno denso di novità sostanzialmente omogenee al progetto della Lega Democratica di guidare il mondo cattolico italiano.
Si celebra, infatti, il primo convegno ecclesiale Evangelizzazione e promozione umana, indetto dalla CEI nel quadro del piano pastorale avviato dal 1973 sul tema Evangelizzazione e sacramenti. La presenza di Pietro Scoppola fra i membri della presidenza del convegno, di Achille Ardigò e di Paola Gaiotti fra quelli del comitato promotore designato dalla presidenza della CEI nonché come relatori fra i tre ufficiali, di Rosa Calzecchi Onesti e di Nicolò Lipari fra gli invitati dalla presidenza della stessa CEI, indica come il convegno sia stato il punto più alto di egemonia dei cattolici democratici in genere, e degli esponenti della Lega Democratica in specie, sul mondo cattolico italiano (26).
Nello stesso 1976 inizia la serie di governi detti di «solidarietà nazionale», guidati dall’on. Giulio Andreotti con l’appoggio determinante del Partito Comunista Italiano, di cui è all’epoca segretario generale l’on. Enrico Berlinguer. Saranno gli stessi «leghisti», sette anni dopo, a riconoscere che questa era «una fase della politica italiana relativamente omogenea alle nostre ipotesi e alle nostre proposte» (27). Ma tutto questo non basta a coronare di duraturo successo la prospettiva dei cattolici democratici: nuovi avvenimenti — infatti — vengono a ostacolarne la realizzazione o il consolidamento.
L’elezione di Papa Giovanni Paolo I e poi di Papa Giovanni Paolo II, il fallimento della politica di «compromesso storico» dopo tre anni di governi di «solidarietà nazionale» — fallimento decretato dalle elezioni politiche del 1979, che vedono la contemporanea sconfitta del Partito Comunista Italiano e della Democrazia Cristiana — sono i fattori più importanti fra quelli che contribuiscono a mettere almeno temporaneamente in crisi il progetto cattolico-democratico.
La Lega Democratica non tarda ad accorgersene e tenta di porvi rimedio, fra l’altro mutando la propria struttura organizzativa per far fronte alla nuova situazione, «ora che nuove e divaricanti tendenze si sono manifestate nei partiti e nei rapporti fra i medesimi» (28).
Il 26 e il 27 novembre 1983 nasce così l’associazione Lega Democratica, soggetto politico autonomo che cerca «una larga base» per operare sul territorio nazionale «in maniera diffusa» (29), ma sempre con l’obbiettivo di una «riduzione allo stato laicale della politica» (30), come si leggeva nel documento programmatico della nascita, nel 1975.
Sotto la presidenza prima di Paolo Giuntella e poi di Paola Gaiotti de Biase, la Lega Democratica attraversa una crisi profonda, che non riesce a superare neppure con la sua trasformazione organizzativa: al suo interno nascono, o vengono alla luce, divergenze «sul dentro o fuori della D.C.» (31), proprio nel momento in cui è costretta a «riconoscere che siamo al minimo storico delle nostre capacità d’influenza» (32).
Nel corso dell’assemblea della Lega Democratica tenutasi a Roma il 22 novembre 1986 si prende atto del fallimento del tentativo di trasformazione organizzativa e si sancisce la fine della «doppia formula» — cooperativa d’influenza e associazione con base popolare — per ritornare alle origini, quando, attraverso la «riflessione libera e gratuita», essa mirava a influenzare le maggiori realtà del mondo cattolico «senza pretese di un ruolo da giocare in prima persona» (33). Ritorna quindi l’idea del progetto: «No, dunque, ai modelli vecchi e nuovi, sì invece ad un progetto. Il progetto non può […] che essere quello di un nuovo tipo di rapporto fra capitalismo ed istanza di democrazia sostanziale, un progetto di democrazia pluralista che riprenda, nel suo contesto, il progetto costituzionale e riaccolga la migliore eredità del liberalismo politico» (34).
La «ricomposizione dell’area cattolica»
L’azione dei cattolici democratici incontra difficoltà di realizzazione anche a causa del fallimento del progetto di «ricomposizione dell’area cattolica» guidato da padre Bartolomeo Sorge S.J. dopo il convegno Evangelizzazione e promozione umana. Tali difficoltà provengono dal clamoroso insuccesso patito dal «compromesso culturale» fra cattolici e comunisti (35), ma soprattutto dal profondo mutamento di atmosfera verificatosi all’interno del mondo cattolico italiano. Il penoso complesso di inferiorità nei confronti delle ideologie moderne, accomunate dal relativismo filosofico e morale che indossano con diversi gradi di aggressività, viene superato dal Magistero di Papa Giovanni Paolo II nonché dalla sua immagine, caratterizzata da chiare espressioni missionarie, dal programmatico «spalancate le porte a Cristo» (36) rivolto non solo ai singoli ma anche alle società, da costruire «a misura di uomo e secondo il piano di Dio» (37).
La sconfitta dei cattolici nel referendum antiabortista, il 17 maggio 1981, se rivela il livello di scristianizzazione della nazione e se manifesta ancora gravi aspetti di timidezza nella propaganda contro l’aborto (38), segna una certa ripresa nella proclamazione pubblica della verità e nello spirito di apostolato da parte almeno di una componente cospicua del mondo cattolico italiano.
Con qualche accenno di rinnovata fermezza si arriva al secondo convegno ecclesiale promosso dalla CEI e svoltosi a Loreto dal 9 al 13 aprile 1985 sul tema Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini. Il discorso di Papa Giovanni Paolo II ai convegnisti è certamente fra i più importanti del pontificato rivolti ai cattolici italiani «con il suo appello non equivoco a una ricomposizione ecclesiale come strumento per ricostruire, nel paese, una neo-cristianità» (39). La reiterata sollecitazione — in esso contenuta — a trasformare la fede in cultura e a recuperare un ruolo-guida nelle vicende storiche della nazione doveva avere importanti ripercussioni sia fra il clero che nel laicato, nonostante la sempre inadeguata trasmissione del Magistero pontificio anche in Italia.
Comunque, nel contesto ecclesiale determinato da questo appello, il progetto cattolico-democratico incontra la massima difficoltà di elaborazione e di penetrazione mai registrata a partire dagli anni Sessanta, e provoca lacerazioni talora evidenti, fra cui si situa l’episodio relativo alla polemica fra Il Sabato e i cattolici democratici della comunità della Rosa Bianca, nei quale la materia del contendere — qualche giudizio sull’operato di Giuseppe Lazzati — va oltre il casus belli, per altro ingigantito dal rilievo a esso dato dai mass media (40).
L’associazione Città dell’Uomo e la comunità della Rosa Bianca
L’associazione Città dell’Uomo, fondata da Giuseppe Lazzati il 4 ottobre 1985, è un altro prodotto — e strumento — del progetto culturale dei cattolici democratici italiani. Esplicitamente collegata al disegno di Civitas Humana — il sodalizio nato nel secondo dopoguerra per iniziativa di Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Amintore Fanfani e dello stesso Giuseppe Lazzati con l’intento di far superare ai cattolici un presunto ritardo nella formazione culturale e politica — l’associazione si propone di operare nella «fedeltà del laico cristiano alla sua indole secolare», facendo proprio il principio tomistico-maritainiano dell’«“unità dei distinti” tra piano umano e piano divino, e conseguentemente, tra Rivelazione e ragione, tra fede e politica», nella «convinzione che del progetto costituzionale vadano salvaguardati l’intenzione etico-politica profonda e lo spirito dialogico e collaborativo che lo generò» (41). L‘associazione mira, inoltre, a mettere in luce «la connessione tra riforma della Chiesa (e soprattutto della coscienza cristiana laicale) e rinnovamento civile»;
un «giudizio critico sullo stato della Chiesa, della politica, ma più in genere dell’ethos civile dominante (“borghese” appunto);
«l’aperto dissenso rispetto alle risposte cattoliche alle nuove sfide etico-civili di impronta difensivistica o aggressiva;
«il primato conferito allo studio e alla formazione operati sui tempi lunghi, con metodo seminariale e da piccolo gruppo» (42).
La Città dell’Uomo — che conta fra i suoi fondatori anche esponenti della Lega Democratica — non è l’unico esempio di iniziative nate in questi anni nell’ambito cattolico-democratico. Oltre alla comunità della Rosa Bianca, presentata come espressione giovanile della Lega Democratica (43), il 4 giugno 1987 è stata fondata, presso l’abbazia di Praglia, in provincia di Padova, l’associazione Gaudium et Spes, presieduta da Alberto Monticone, che appunto a Praglia ha tenuto, il 26 marzo 1988, il primo seminario pubblico su I cattolici e la riforma della vita pubblica, con interventi dello stesso Alberto Monticone, di Pietro Scoppola e di Nicolò Lipari (44).
Un cattolicesimo senza speranza
La lettura dei documenti dei cattolici democratici, così come i significati che si possono facilmente evincere dagli avvenimenti che li vedono protagonisti, producono anzitutto stupore. Stupore per l’assenza di speranza in un esito pubblico dell’azione apostolica, che è evangelizzazione ma anche costruzione culturale e civile della società secondo il piano di Dio.
In questo senso colpisce particolarmente la tesi di Pietro Scoppola secondo cui, tramontata la possibilità di costruire una cristianità, fosse pure nella versione «profana» ipotizzata da Jacques Maritain, ai cattolici non resta che munirsi di «una “spiritualità della tenda”, del deserto e dell’esodo più che del tempio» (45), per camminare al passo con il mondo secolarizzato ed egemonizzato da una mentalità laicista. I cattolici, cioè, dovrebbero limitarsi a dare testimonianza di alcuni «valori» allo scopo di rendere più umano questo mondo, ma senza pretendere di trasformarlo, cioè di redimerlo.
Inoltre, i cattolici democratici — mentre rinunciano a contestare, oppure non colgono, la «mortale ambiguità» del moderno processo di liberazione (46) e le sue conseguenze, limitandosi a qualche critica marginale di esso — scaricano tutta la loro animosità sull’integralismo, accusato — quasi fosse una colpa — di pretendere l’istituzione di un legame fra fede, cultura e civiltà. Nasce così una costante e accanita ostilità nei confronti del desiderio stesso di una cristianità e della speranza in una sua eventuale realizzazione, nonché — per esempio in Alberto Monticone — un giudizio sostanzialmente positivo sulla secolarizzazione (47).
Marco Invernizzi
Note:
(1) AUGUSTO DEL NOCE, Introduzione a ANTONIO SOCCI e ROBERTO FONTOLAN, 1974-1987. Tredici anni della nostra storia, supplemento a Il Sabato, anno XI , n. 13, 26-3-1988, p. 6.
(2) Cfr. GABRIO LOMBARDI, Sulla «ragionevolezza» del referendum sul divorzio (1974), in Studi Cattolici, anno XXXI, n. 322, dicembre 1987, pp. 745-757. Sui diversi aspetti dottrinali della battaglia antidivorzista, cfr. il numero monografico di Cristianità, anno II, n. 4, marzo-aprile 1974.
(3) Cfr. Appello dei cattolici democratici per il no nel referendum, del 17-2-1974, in Cattolici e referendum. Per una scelta di libertà, Coines, Roma 1974, pp. 5-10.
(4) Ibid., p. 6.
(5) Ibidem.
(6) Cfr. CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI, Notificazione in Previsione del referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, del 21-2-1974, n. 1, in Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana. Decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesa italiana, vol. 2 1973-1979, EDB, Bologna 1985, p. 341. Sul tema, cfr. GIOVANNI CANTONI, L’indissolubilità nella legge naturale, in Cristianità, anno II, n. 4, cit.
(7) «Sono affiorati, infatti — scrivono i vescovi italiani —, nella comunità ecclesiale elementi di crisi, molto complessi, che esigono diligente e paziente analisi: non sarebbe esatto dire che il referendum li ha creati, ma certo li ha evidenziati e acutizzati. Siamo. stati testimoni di alcune prese di posizione, di atteggiamenti e di scelte, sia individuali sia organizzate, che hanno dolorosamente sconcertato quanti si sforzano di sentire cum Ecclesia» (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messaggio dopo il referendum del 12 maggio, del 7-6-1974, n. 3, in Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana. Decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesa italiana, cit., p. 440).
(8) ALBERTO MONTICONE, La generazione del concilio, in AA.VV., La generazione del concilio tra cronaca e storia, AVE, Roma 1986, p. 17.
(9) Ibid., p. 18.
(10) Ibid., pp. 20-21 e 23.
(11) Ibid., p. 24.
(12) PIETRO SCOPPOLA, La «nuova cristianità» perduta, Studium, Roma 1985, p. 139. Sull’opera, cfr. il mio Cattolici e cristianità: progetto da abbandonare oppure ideale da perseguire?, in Cristianità, anno XIII, n. 124-125, agosto-settembre 1985.
(13) Cfr. P. SCOPPOLA, op. cit., p. 140. Sulla metamorfosi del concetto
di democrazia dal pensiero classico a quello moderno, cfr. ESTANISLAO CANTERO NUNEZ, Evoluzione del concetto di democrazia, in Quaderni
di «Cristianità», anno I, n. 3, inverno 1985, pp. 14-33.
(14) ROMOLO PIETRO BELLI, Presentazione di AA.VV., L’idea di un progetto storico dagli anni ’30 agli anni ’80, Studium, Roma 1982, p. 9.
(15) Ibid., pp. 9-10.
(16) P. SCOPPOLA, Il progetto degli anni ’30 fra realizzazioni e contraddizioni nel secondo dopoguerra, ibid., p. 106.
(17) Ibid., p. 83. «Sturzo era minoritario — aveva detto più esplicitamente lo stesso Pietro Scoppola in un’intervista — e all’inizio anche De Gasperi. Ma nei momenti migliori il filone democratico ha egemonizzato il mondo cattolico» (la Repubblica, 10-7-1979).
(18) IDEM, Il progetto degli anni ’30 fra realizzazioni e contraddizioni nel secondo dopoguerra, cit., p. 107.
(19) Cfr. ibid, p. 102.
(20) Ibid., p. 107.
(21) La Lega democratica per il rinnovamento politico, Roma gennaio 1976, in Appunti di cultura e di politica — mensile della Lega Democratica —, anno VI, n. 11, novembre 1983, p. 32.
(22) CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI, Dichiarazione, del 13-12-1975, n. 1, in Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana. Decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesa italiana, cit., p.815. Cfr. il commento di G . CANTONI, Contro il comunismo e l’aborto la lotta deve essere una sola, in Cristianità, anno IV, n. 15, gennaio-febbraio 1976.
(23) Per una proposta di rinnovamento politico, opuscolo dell’ottobre 1975, riassunto in Appunti di cultura e di politica, anno VI, n. 11, cit., pp. 36-37.
(24) Ibid., p. 35
(25) Ibid., pp. 35-36.
(26) Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e promozione umana. Atti dei convegno ecclesiale. Roma 30 ottobre-4 novembre 1976, AVE, Roma 1977. La storia vera della preparazione e dell’attuazione del convegno deve essere ancora scritta e non lo si potrà fare senza una precisa testimonianza dei principali organizzatori. Comunque, il clima esterno e interno all’assise e — almeno — l’«incidente» relativo alla comunicazione di Franco Bolgiani — che attaccò il pontificato di Pio XII, accusò i vescovi italiani di «un’azione per lo più frenante» a proposito delle innovazioni conciliari e mise praticamente sullo stesso piano le responsabilità dei cattolici promotori e quelle dei contrari al referendum antidivorzista (cfr. ibid., pp. 165-179), costringendo cosi gli organizzatori stessi a una precisazione (cfr. ibid., pp. 503-504) — sono indicativi del «complesso d’inferiorità»verso il proces- so di scristianizzazione che caratterizzò l’«atmosfera» del convegno. In questo senso, esso è stato definito come «l’episodio in cui si registrò il massimo di divaricazione fra le intenzioni dell’Episcopato italiano e le posizioni delle forze culturali ed associative cattoliche che impostarono ed egemonizzarono il convegno stesso», soprattutto dopo la morte — avvenuta il 5 marzo 1976 — di uno dei maggiori promotori del convegno, mons. Enrico Bartoletti, segretario della CE1 dal 1972 al 1976 (DON LUIGI NEGRI [sotto la guida di], La Chiesa italiana e le sue scelte. La questione della «scelta religiosa». Contributo a un dibattito, Quaderni 2, supplemento al n. 5 di Litterae communionis-CL, 1983, p. 8). Cfr. anche ANDREA RICCARDI, CEI e politica (1972-1976). Bartoletti il traghettatore, in il regno-attualità, anno XXXII. n. 575, 15-6-I987. pp. 331-341.
(27) Programma di costituzione della associazione Lega democratica, movimento di cultura e di formazione politica e di partecipazione, in Appunti di cultura e di politica, anno VI, n. 11, cit., p. 40. Sul tema, cfr. G. CANTONI, La «lezione italiana». Premesse, manovre e riflessi della politica di «compromesso storico» sulla soglia dell’Italia rossa, Cristianità, Piacenza 1980.
(28) Programma di costituzione della associazione Lega democratica, movimento di cultura e di formazione politica e di partecipazione, cit.. ibidem.
(29) Ibidem.
(30) Ibid., p. 41.
(31) PAOLA GAIOTTI DE BIASE, Lavorare per la riunificazione del Paese, in Appunti di cultura e di politica, anno VI, n. 8, novembre 1984, n. 5.
(32) IDEM, Declino della democrazia, ibid., anno VII, n. 3, marzo 1985, p. 25.
(33) IDEM, Nella Lega Democratica, ibid., anno IX, n. 1, gennaio 1987, pp. 14-15.
(34) Affermazione di Achille Ardigò, in DON GIORGIO ZANNONI, Oltre il cattolicesimo democratico, EDIT, Milano 1986, p. 88.
(35) Cfr. G . CANTONI, La «lezione italiana». Premesse, manovre e riflessi della politica di «compromesso storico» sulla soglia dell’Italia rossa, cit., pp. 165-201.
(36) GIOVANNI PAOLO II, Discorso per l’inizio del Pontificato, del 22-10-1978, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. I , p. 38.
(37) IDEM, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana sul tema Dalla «Rerum Novarum» ad oggi: la presenza dei cristiani alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa, del 31-10-1981, ibid., vol. IV, 2, p. 523.
(38) Per una sintesi delle vicende della campagna referendaria, cfr. G. CANTONI, Comunque è aborto!, in Cristianità, anno IX, n.72, aprile 1981.
(39) ENZO FRANCHINI, Politica e pastorale: unità sì, ma quale?, in il regno-attualità, anno XXX, n. 529, 15-5-1985, p. 287.
(40) Cfr. una rassegna stampa sul caso in ADISTA, anno XXII, n. 22, 21/22/23-3-1988.
(41) FRANCO MONACO, Cultura politica e valori costituzionali, in AA.VV., Testimonianze su Giuseppe Lazzati, Cooperativa in dialogo, Milano 1986, pp. 102-103. Cfr. anche lo statuto dell’associazione in «CITTÀ DELL’UOMO», Una repubblica fondata sul lavoro, AVE, Roma, 1988, pp. 131-136.
(42) F. MONACO, art. cit., pp. 101-102.
(43) Cfr. ADISTA, anno XXII, n. 21, 17/18/19-3-1988.Un esponente della Rosa Bianca, Fulvio De Giorgi, la definisce «una giovane comunità in formazione, a dimensione nazionale», che si ispira ai «giovani cattolici antinazisti che pagarono con la vita la loro opposizione nonviolenta a Hitler» e «alla tradizione del cattolicesimo democratico italiano: alle grandi figure di La Pira, Lazzati, Dossetti», e che opera sulla base di «una linea politica democratica che si distingue tanto dall’integralismo e da chi rifiuta la laicità e la democrazia quanto dai cattolici liberali che accettano acriticamente il capitalismo» (Rosso di sera, anno V, n.4, 19-3-1988). Cfr. anche Avvenire, 9-3-1988; e GIANFRANCO BRUNELLI, I controcattolici, in il regno-attualità, anno XXXIII, n. 593, 15-4-1988, p.182, nota 1.
(44) Cfr. Avvenire, 2-4-1988.
(45) P. SCOPPOLA, La «nuova cristianità» perduta, cit., p. 207.
(46) CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione su libertà cristiana e liberazione «Libertatis conscientia», del 22-3-1986, n. 20.
(47) Cfr. A. MONTICONE, Povertà spirituali di un’Italia ricca, in Appunti di cultura e di politica, anno X , n. 4, maggio 1987, p. 11.