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“Attaccano le chiese perché lì è la forza di un popolo”. Parla Pierre-Hervé Grosjean. “Gli islamisti sanno che la Francia è un paese cristiano”

4 Novembre 2020 - Autore: Alleanza Cattolica

Di Giulio Meotti da Il Foglio del 03/11/2020

Due anni fa, ricevendo da Emmanuel Macron una copia dell’edizione italiana del “Diario di un curato di campagna” di Georges Bernanos, Papa Francesco ringraziò così il presidente francese: “E’ un libro che ho sempre amato molto”. C’è una frase di Bernanos che Pierre-Hervé Grosjean sembra avere fatto sua: “Una cristianità non si nutre di marmellata più di quanto se ne nutra un uomo. Il buon Dio non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ragazzo mio, ma il sale. Il sale sulla pelle brucia. Ma le impedisce anche di marcire”. Curato della parrocchia di Montigny-Voisins, segretario della Commissione etica e politica del­la diocesi di Versailles e intellettuale cattolico molto presente nel dibattito francese (ha scritto, fra gli altri, il libro “Catholiques, engageons-nous!”), da anni Grosjean chiede ai cattolici di essere il sale sulle ferite della Francia. Dopo la strage nella cattedrale di Nizza, Grosjean ha scritto sul Figaro che “fiori e candele non basteranno” e che la Francia deve fare i conti col significato di tutti questi attacchi ai cristiani.

“Questo attentato mi sconvolge, come la stragrande maggio­ranza dei francesi, credenti o no”, dice Grosjean al Foglio. “Due donne e un uomo sono stati assassinati perché cristiani in una chiesa, che normalmente è un luogo di pace. Questo episodio ci ricorda quello perpetrato contro padre Hamel nella piccola chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, assassinato nel cuore della messa che stava celebrando. Ancora una volta, i cristiani vengo­no presi di mira. Siamo molto tristi, arrabbiati per questo male che vigliaccamente colpisce gli innocenti. Ma la nostra fede sarà più forte del loro odio”. La nostra fede, non il nostro amore. “Questi islamisti vogliono terrorizzare la Francia, colpirci in ciò che siamo, in ciò che costituisce la nostra identità attraverso le sue diverse componenti: cultura, storia, fede cristiana, libertà di espressione. E’ l’odio per ciò che rappresentiamo. Ecco per­ché la migliore risposta a questi attacchi, dopo le lacrime e la preghiera, è mobilitarci per riaccendere la fedeltà in ciò che siamo. Questo fanatismo perderà se si accorgerà che il suo odio e la sua violenza suscitano in noi un atto di fede. Il martirio dei nostri fratelli e sorelle cristiani ci invita – credenti e non cre­denti – a riscoprire l’orgoglio di ciò che siamo, di ciò che fa la Francia. Questo è ciò che dobbiamo trasmettere alle giovani generazioni. E’ intorno a questo che possiamo essere uniti, cri­stiani, musulmani, ebrei e non credenti: lo stesso amore per la Francia, la sua storia, le sue radici, la sua cultura, i suoi valori fondamentali”. Rémi Brague al Figaro ha detto: “Che vi piaccia o no, la Francia è sotto attacco come nazione cristiana”. Sem­bra che l’islam consideri la storia, la religione e i simboli molto più seriamente dei cattolici. “L’islamismo non si sbaglia: a dif­ferenza di molti francesi che sembrano averlo dimenticato, sanno che la Francia è cristiana, che le sue radici sono cristia­ne”, ci dice Grosjean. “Anche la laicità che odiano ha origine nel Vangelo, attraverso la distinzione tra potere spirituale e temporale stabilito da Gesù. È la Francia paese dei diritti uma­ni, ma anche e soprattutto la Francia cristiana, quella che prendono di mira. Non hanno dimenticato che la Francia è la ‘figlia primogenita e prediletta della chiesa’. Quando l’Isis ha rivendi­cato gli attentati di Parigi del novembre 2015, i barbari si sono congratulati per avere preso di mira la ‘capitale che porta lo stendardo della croce in Europa’. Rivendicarono un attacco ‘contro la Francia crociata’. Sono in una guerra di conquista religiosa”.

Il giorno della carneficina nella basilica di Notre-Dame-de-l’Assomption, Brahim Aoussaoui all’alba era andato a pregare in una moschea in rue de la Reine Jeanne a Nizza. Alle 8:29 si è presentato nella chiesa per compiere la strage, dove verrà ritrova­ta una copia del Corano. La Francia ha vissuto negli ultimi anni un clima di cristianofobia. Chiese incendiate, atti vanda­lici, crollo di molti edifici. Cosa significa? “Da un lato, c’è questa ideologia islamista che perseguita i cristiani in Francia e altrove nel mondo e tutti coloro che si op­pongono a questo fanatismo religioso. Al di là degli atti terroristici, questa ideolo­gia avanza volendo imporre la sua legge nella vita quotidiana dei francesi. E’ in corso una vera battaglia culturale e spiri­tuale. D’altra parte, c’è una corrente atea radicale che sogna di porre fine alla chie­sa, che ai loro occhi rimane un potere op­primente. Vogliono sradicare la sua in­fluenza nella società e rimuovere le tracce che potrebbe avere lasciato nella storia. Questo anticristianesimo è abbastanza dif­fuso, a vari livelli e in diverse forme, nella nostra società. Ispira una denigrazione permanente, un secolarismo radicale che promuove la totale cancellazione della re­ligione nello spazio pubblico e, purtroppo, a volte un clima di violenza favorevole a tutti gli abusi”. Ha scritto che la forza di un paese risie­de nella sua cultura. “La forza di un popo­lo non si trova principalmente nel suo esercito, ma in ciò che ne costituisce l’ani­ma: la sua storia, la sua cultura, le sue ra­dici, la sua fede. Tutto ciò alimenta la ca­pacità di resilienza di un paese e gli con­sente di riunirsi nelle difficoltà. Storica­mente abbiamo visto popoli oppressi, pae­si invasi che sono stati messi in ginocchio, ma che non hanno mai veramente negato quello che erano. Un giorno o l’altro, que­sta forza permette loro di rialzarsi, di resi­stere, di trarre dalla propria eredità la forza di andare avanti e di ricostruire”.

Il politologo Jérôme Fourquet ha pub­blicato un libro sulla “fase terminale della scristianizzazione” in Francia. “Stiamo at­traversando un fortissimo sconvolgimento culturale e spirituale, come altri paesi in Europa”, ci dice Grosjean. “Oggi un bam­bino su tre è battezzato. Ciò significa con­cretamente che tra vent’anni i due terzi degli adulti in Francia non saranno cri­stiani. Si tratta di una situazione senza precedenti, che fa di questo nostro antico paese cristiano una terra di missione nel vero senso del termine. Per noi cattolici impegnati è un enorme richiamo alla mis­sione, all’audacia, alla creatività. Non pos­siamo semplicemente restare sulla nostra strada di fronte a tale sconvolgimento. ‘So­no le minoranze creative che fanno la sto­ria’, ha ricordato Benedetto XVI. Minoran­ze, è quello che ora siamo. Sta a noi essere creativi. La situazione ci rende molto libe­ri: non possiamo più essere accusati di vo­lere imporre la nostra fede o proteggere il nostro potere. Ma portiamo dentro di noi un tesoro capace di trasformare il mondo: il Vangelo. Sta a noi proporlo, essendo te­stimoni disinibiti’, secondo un’altra espressione di Papa Benedetto XVI”.

Dopo l’attentato alla basilica di Notre-Dame a Nizza, il presidente della Confe­renza episcopale francese, Eric de Moulins-Beaufort, ha invitato i cattolici a impe­gnarsi in una “guerra spirituale” contro l’islamismo. Tuttavia, si è vista una scarsis­sima solidarietà per i cristiani perseguita­ti nel mondo islamico. “Abbiamo l’impres­sione che siano lontani da noi, che non ci riguardi davvero”, ci dice Grosjean. “So­prattutto, non ci rendiamo veramente con­to della realtà di queste persecuzioni. Ma gli attacchi a Nizza e Saint-Etienne-du-Rouvray ci aprono gli occhi. Ciò che ci tur­ba cosi tanto di queste tragedie è che i nostri fratelli cristiani d’oriente le cono­scono da anni. Non succede più a qualche ora di aereo, ma a pochi chilometri da ca­sa. Riscopriamo che questo martirio, que­sta sanguinosa testimonianza di fede o me­no, fa parte della vocazione di ogni cristia­no. Siamo pronti per questo?”.

Per riunire la società, però, serve una base culturale comune. “La difficoltà oggi è che non avendo più un’antropologia col­lettiva troviamo difficile discernere cosa possa essere questo bene comune, quale sia la base di questa dignità. L’idea stessa di una verità condivisa sembra obsoleta”. C’è una sensazione di declino palpabile. “Una fede non vissuta non regge. Le chiese a cui teniamo ma che non riempiamo più sono inutili. Diventano musei. Si sta per­dendo un patrimonio culturale e spiritua­le che non viene più trasmesso. Le comuni­tà cristiane che non sono missionarie si chiudono in se stesse e finiscono per scom­parire. Un paese che non ama se stesso – che si scusa ripetutamente per essere o essere stato quello che è – non può essere amato. Un popolo che non conosce le pro­prie radici non può trarne la forza di cui ha bisogno per sopravvivere alle prove di questo tempo. Il declino non è mai inevita­bile. E’ la decisione di tutti, la scelta di vita di tutti che viene messa in discussione: vuoi continuare a trasmettere ciò che hai ricevuto? Cosa stai facendo con le tue fon­damenta? Qual è il tuo tesoro? Cosa ti inte­ressa davvero? Ripenso alle parole di san Giovanni Paolo II nel suo primo viaggio in Francia nel 1980. Francia, figlia maggiore della chiesa, sei fedele alle promesse del tuo battesimo?’. La grandezza di un paese dipende dalla sua fedeltà a ciò che costi­tuisce la sua forza d’animo, la sua identità, la sua vocazione”. Sarà l’eco dei massacri nelle basiliche, più che quelli nei bistrot, a decidere l’esito di questo sconvolgimento. La Francia resterà la figlia maggiore della chiesa o diventerà la pronipote dell’i­slam.

Foto da Wikipedia

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