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Avere una fede inguaia 5,4 miliardi di persone

22 Ottobre 2025 - Autore: Marco Respinti

Massacri jihadisti in Africa e repressione statale in Asia e America Latina E persino in Europa fanno del cristianesimo la religione più perseguitata

di Marco Respinti – da Libero del 22/10/2025

Resta ancora la libertà religiosa il diritto anche politico, cioè di espressione pubblica, maggiormente calpestato al mondo. Lo documenta, una volta in più, il Rapporto che ogni due anni stila la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, giunto alla 27esima edizione. Il quadro è agghiacciante. Dei 196 Paesi del mondo analizzati con rigore (uno in più di quelli riconosciuti internazionalmente come sovrani), 62 risultano segnati da violazioni gravi, suddivisi in due categorie: i Paesi dove la persecuzione è aperta e violenta, 24, e i Paesi dove la fede è discriminata, 38.

La freddezza delle statistiche stenta però a dare il senso di un quadro a dir poco agghiacciante: perché sono ben i due terzi dell’umanità a vivere in contesti quotidiani dove professare una determinata fede religiosa, e talvolta semplicemente avere una fede, procura guai, violenze e persino morte a uomini, donne e sì, anche bambini. Una cifra astronomica: 5,4 miliardi di persone. I volti della persecuzione sono molteplici. Il primato spetta ai regimi dispotici e totalitari, dove le espressioni anche comunitarie della fede, di qualsiasi fede, sono considerate motivo di disordine sociale da debellare, bollate come terrorismo.

La Cina comunista ne è l’esempio più rotondo, ma non da meno sono la repubblica islamica dell’Iran, il Nicaragua altrettanto comunista e l’Eritrea quasi. In 19 dei 24 Paesi dell’aperta persecuzione contro la religione e in 33 dei 38 dove le fedi vengono discriminate sono infatti i governi i carnefici principali. Seguono i Paesi dove lo jihadismo e il terrorismo islamista colpiscono con violenza brutale soprattutto in Africa e in Asia, a cui va però aggiunto anche il clima asfittico generato dal fanatismo integralista di gruppi fomentati da chierici aizzatori, e sovente spalleggiati da forze di polizia conniventi o anche solo indulgenti. Luoghi, insomma, dove ciò che non fa la violenza delle grandi bande armate organizzate, lo fa la società (in)civile.

Talora ne fanno le spese anche certi islamici considerati eretici dall’islam maggioritario. Né mancano scenari dove il nazionalismo di gruppi estremisti sposato a una certa fede conculca tutte le altre, per esempio in alcune regioni dell’India e in Myanmar. Gettano benzina sul fuoco anche i conflitti armati e la criminalità organizzata, che acuiscono situazioni di crisi già gravi in Myanmar, Ucraina, Russia, Israele, Sahel, Sudan, Messico e Haiti: un po’ perché i conflitti tendono a diventare la notte in cui tutte le vacche sono nere e i distinguo fra popoli, etnie, nazionalità, fedi religiose e identità culturali si sovrappongono generando confusioni inestricabili, un po’ perché molto spesso chi cerca di alleviare le ferite delle guerre e del crimine in maniera bipartisan e senza guardare alle bandiere degli assistiti sono proprio le realtà religiose (cristiani sì, ma non solo: i Sikh sono per esempio noti per questo).

Sarebbe comunque un errore grave non prestare attenzione alla natura squisitamente religiosa di episodi gravi di persecuzione abilmente mascherati dalla retorica politica. Nella Nigeria dove si fa scempio di cristiani, per esempio, un certo progressismo punta il dito, risibilmente, contro i cambiamenti climatici che metterebbero gli agricoltori gli uni contro gli altri, laddove sono le bande islamiste (per esempio i Fulani) gli autori delle stragi, magari pure strumentalizzando situazioni di siccità e simili. E, in contesti democratici come il Giappone e la Corea del Sud, è una camarilla fra partiti di sinistra e organizzazioni laiciste ad avere abilmente camuffato dietro la politica l’astio contro le fedi religiose di orientamento conservatore. Infine c’è il mondo libero, o quel che ne resta: segnatamente l’Europa e l’America Settentrionale, dove oggi la persecuzione conosce una vera e propria escalation.

Non solo la vecchia persecuzione indiretta, spesso di tipo amministrativo o culturale, del secolarismo e del relativismo che cerca di marginalizzare la religione, riducendola al massimo a fatto privato, ma addirittura episodi di vandalismo, profanazioni e aggressioni contro luoghi e ministri di culto, episodi che si moltiplicano e si ripetono in Grecia, Spagna, Germania, Stati Uniti e pure Italia. Due le notizie del Rapporto che rischiano di sfuggire: gli unici miglioramenti sono registrati in Kazakistan e Sri Lanka. L’altra è ancora una non-novità: seppur pochi l’abbiano presente, è ancora il cristianesimo la fede più perseguitata, direttamente e non, nel mondo.

Mercoledì, 22 ottobre 2025

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