Una breve riflessione su Calenda e il suo progetto politico. Verso le elezioni politiche (5)
di Marco Invernizzi
Non ho ben capito se, come scrivono alcuni, il partito Azione di Carlo Calenda si richiami in qualche modo al Partito d’Azione del Secondo dopoguerra, perché, leggendo proclami, manifesti e quant’altro, mi sembra che sia un tentativo un po’ affrettato e maldestro di mettere insieme tante cose diverse, dal socialismo liberale al riformismo, addirittura il pensiero di don Luigi Sturzo, trasformato in un improbabile alleato dei radicali di +Europa, coi quali Calenda ha stipulato un’alleanza politica siglando un “patto repubblicano”, peraltro oggi in attesa di conferma dopo che lo stesso Calenda ha deciso nei giorni scorsi di rompere, dopo soli 5 giorni, l’accordo elettorale con il Partito Democratico di Enrico Letta. La compagine di Emma Bonino ha già annunciato, infatti, di voler correre comunque assieme al PD, con il quale c’è più sintonia, specie sui temi etici.
Quindi, pur con un “se” davanti a ogni considerazione, merita di essere ricordato brevemente che cosa è stato questo Partito d’Azione (PdA), o meglio quel gruppo di intellettuali, provenienti da famiglie ideologiche diverse, che hanno cercato, senza riuscirvi, di mettersi assieme per governare l’Italia senza e contro i due partiti principali, la Dc e il Pci, espressione delle due maggiori tradizioni popolari italiane.
Il tentativo, come si sa, è fallito, concludendosi nell’irrilevanza politica alle elezioni per l’assemblea costituente del 1946, quando il PdA prese l’1,5% dei voti ed elesse solo sette parlamentari, le diverse componenti non trovarono un accordo per proseguire e lo stesso partito si sciolse. Rimasero, però, attivi molti intellettuali che lo avevano costituito, fra i quali Norberto Bobbio (1909-2004), Leo Valiani (1909-1999), Carlo (1910-1997) e Alessandro Galante Garrone (1909-2003), Luigi Salvatorelli (1886-1974), Gaetano Salvemini (1873-1957), Piero Calamandrei (1889-1956), Aldo Garosci (1907-2000), Adolfo Omodeo (1889-1946), Ernesto Rossi (1897-1967), Guido De Ruggiero (1888-1948), Franco Venturi (1914-1994). Queste figure svolgeranno un ruolo importante nel successivo processo di scristianizzazione del Paese, contribuendo all’allontanamento del senso comune della popolazione italiana dalle radici cristiane e allo stesso superamento della cultura crociana (quella del «non possiamo non dirci cristiani», nella quale rimaneva un pallido riferimento alle radici cristiane). Chi ha studiato e ben descritto l’opera svolta da questi intellettuali è stato Augusto Del Noce (1910-1989). Il filosofo cattolico ha messo in luce come questo gruppo di intellettuali non sia riuscito a costruire un partito competitivo, ma sia invece penetrato profondamente nelle scuole e nelle università, nell’editoria e nel giornalismo, nel mondo della giustizia e in tutti quei settori che contribuiscono in modo importante a cambiare il comune sentire della popolazione, prima della politica partitica. Essi hanno cambiato la cultura dominante, favorendo un riformismo ostile ai principi cristiani, diffondendo un laicismo insidioso ostile al cristianesimo ma anche alla lettura ideologica marxista.
Ma torniamo a Calenda. Le due grandi forze culturali, prima che politiche, che hanno nel dopoguerra impedito l’ascesa politica del PdA (ma non quella ideologica, come spiega Del Noce) oggi non ci sono più. Centro-destra e centro-sinistra sono in qualche modo eredi di questa funzione, rappresentando il primo il mondo conservatore, che votava Dc o Msi-Destra Nazionale, e il secondo l’insieme delle sinistre, ma soprattutto i comunisti, diventati poi PdS e, oggi, PD. Entrambi i poli, però, attualmente sono molto più secolarizzati e molto meno legati alle rispettive radici ideologiche. Inoltre, esiste una metà di italiani che non va più a votare perché non si sente rappresentata dai partiti attuali.
Forse Calenda ha ritenuto che le elezioni verranno sicuramente vinte dal centro-destra, come attestano i diversi sondaggi, e dunque, invece di perdere con gli altri pezzi del centro-sinistra, ha preferito investire sul futuro “terzo polo”, oggi sicuramente molto minoritario, che potrebbe crescere proprio sfruttando la sconfitta e la successiva resa dei conti all’interno del PD. Oppure, come molti sostengono, ha semplicemente prevalso il suo egocentrismo. Vedremo. Rimane quanto avevo scritto sul Centro alcuni giorni fa: esso semplicemente non esiste, è un non luogo, un tranello per elettori conservatori. Chi voterà per Calenda sceglierà lo stesso relativismo aggressivo delle altre sinistre sui principi fondamentali, vita e famiglia, e incontrerà poche differenze sugli altri aspetti del programma. Se poi ci fosse veramente il richiamo all’ideologia del PdA (o all’analogo Partito d’Azione di Giuseppe Mazzini, dell’Ottocento), beh, allora saremmo di fronte a qualcosa di peggio del pragmatismo attuale di tutti i partiti, avremmo a che fare con un richiamo esplicito all’ideologia che ha scristianizzato le élites italiane nel corso della seconda metà del Novecento.
Martedì, 9 agosto 2022