Di Domenico Bonvegna a Destra.it del 22/03/2022
“Cosa hanno in comune la sospensione di un corso di Dostoevskij durante la guerra in Ucraina, la proposta di abolizione del Columbus Day e la rimozione, lo sfregio o l’imbrattamento di molte statue di personaggi storici del passato?Sono tutti frutto di quella che viene definita “cancel culture”, cancellazione della cultura”.
È la premessa del convegno “Cancel culture. Dalla “battaglia delle idee” alla “guerra culturale. Tra un mondo che nasce e uno che muore”) organizzato da Alleanza Cattolica a Genova, presso Palazzo Ducale, nella splendida cornice del Salone del Minor Consiglio, lo scorso sabato 19 marzo. I lavori, presentati da Marco Dufour, sono stati aperti dal Reggente Nazionale di Alleanza Cattolica, Marco Invernizzi, che ha esposto il motivo per cui viene data tanta importanza all’argomento.
La “cancel culture” è la fase terminale di un processo plurisecolare che ha avuto come obiettivo la distruzione della civiltà costruita in Europa dalla prima evangelizzazione cristiana (IV-XIV secolo). Una civiltà particolarmente visibile attraverso il patrimonio artistico del Bel Paese, ma anche percepibile nelle relazioni, nelle istituzioni, nei costumi. Realtà che nei secoli più recenti sono state progressivamente emarginate dalla vita pubblica.
Rispetto al ’68, il cui scopo era cambiare l’uomo, entrando nel cuore delle persone e recidendo ogni legame naturale e sociale, la “cancel culture” fa un passo in avanti. Vuole infatti imporre una radicale cancellazione del passato, come se non fosse mai esistito. Una totale rimozione della memoria delle proprie radici. Nulla di meno.
Non è questione solo di qualche statua imbrattata, – afferma Invernizzi – non è questione dell’eliminazione dello studio della Storia o dell’uso di criteri odierni per giudicare il passato, che è la prima cosa che lo storico non dovrebbe fare, né si tratta di offrire una narrazione che conduca al disprezzo delle civiltà trascorse.
Si tratta di cancellare la memoria delle proprie radici, di trovare il modo di cancellare definitivamente nella testa e nel cuore di ciascuno di noi quell’idea che è esistito un altro modo di vivere rispetto a quello contemporaneo. E il modo in cui vuole operare la cancellazione è particolarmente violento: il passato non deve più esistere. La rivoluzione lo ha cancellato perché l’uomo nuovo ha finalmente preso possesso di tutta la realtà anche del passato e del giudizio sul passato.
Si tratta di una forma di gnosticismo moderno, secondo la felice intuizione del filosofo austriaco Eric Voegelin, in un libro “Il Mito del Mondo Nuovo”, come spiega questo autore, “la violenza era necessaria a questi movimenti gnostici moderni per imporre la Rivoluzione a uomini refrattari, capitò durante la Rivoluzione Francese, a tutti quelli che si ostinavano a non accettare i principi dell’89 elaborati a Parigi, capita anche oggi a tutti quelli che non accettano i principi elaborati nelle centrali del potere del pensiero unico. Ma – precisa Invernizzi – la violenza può essere esercitata anche in altri modi, per esempio privando forzatamente i giovani dell’accesso alle radici spirituali e culturali, oppure imponendo di fatto un divieto di fare domande, come spiegherà dopo il professore Boghossian. Nel sistema universitario americano, dove lui ha insegnato, è passata l’idea che fare delle domande è pericoloso. In Italia sono arrivate le prime avvisaglie del Cancel culture, riguardano principalmente l’ambito accademico.
Ecco perché è compito di un’associazione che svolge un apostolato culturale come Alleanza Cattolica denunciare il pericolo, anzitutto descrivendolo e quindi cercando d’indicare delle vie di uscita dalla crisi – non semplici da trovare – nella quale si trova il mondo occidentale. È doveroso provarci, continuando a coltivare l’esigua forma di vita che sopravvive nel corpo devastato dalla malattia e che sta morendo, perché da essa possa nascere una nuova esistenza, robusta e duratura. Un mondo che nasce dentro un mondo che muore.
Sostanzialmente, il convegno si prefigge tre percorsi di “recupero”. Il primo riflette sul ritorno a una discussione sulla verità e sul senso delle istituzioni universitarie, anche come esito di un itinerario che rischia di degradarle a mera formazione professionale o luogo di vacuo esercizio retorico.
Il secondo vede nelle lingue, e nelle reazioni a certi sforzi di modificarne le strutture per ragioni ideologiche, un luogo di “resistenza” e ancoraggio al bene comune che esse rappresentano e promuovono.
Il terzo percorso è una via pulchritudinis (“via della bellezza”): un rinnovato interesse per l’arte e la bellezza possono aiutarci a riconsiderare le culture e la loro storia in un modo più adeguato e tale da riconoscere la bellezza come elemento d’incontro con il senso della realtà e della vita.
A partire da questi tre percorsi, due conclusioni sono offerte. Anzitutto un recupero dell’essenziale nelle pratiche educative, che riprenda la traiettoria del Trivio individuata al termine dell’Impero Romano, in un’epoca di grandi incertezze e profonde trasformazioni, per molti aspetti simile alla nostra. Il Trivio, infatti, sottolineava che una persona ben formata dovesse saper pensare bene (Dialettica/Logica), saper comunicare in modo comprensibile agli altri (Grammatica), e in modo tale da esser loro gradito (Retorica).
La seconda conclusione richiama a un antico libro della Bibbia, il Libro di Neemia, in cui si racconta di come gli ebrei, tornati dall’esilio babilonese, ricostruirono le mura di Gerusalemme (circa 445-432 a.C.): “Quelli che costruivano le mura e quelli che portavano o caricavano i pesi, con una mano lavoravano e con l’altra tenevano la loro arma; tutti i costruttori, lavorando, portavano ciascuno la spada cinta ai fianchi” (Neemia 4, 10-12). Questo racconto ricorda come tutti noi abbiamo il compito sia di denunciare le derive anti-umane di certe ideologie, sia di lavorare per costruire un mondo migliore.
Successivamente all’intervento di Marco Invernizzi, ha preso la parola, il Sindaco Marco Bucci, che ha sottolineato come questa offensiva culturale di cancellazione del passato ha colpito in particolare la città di Genova. E riferendosi all’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo, «Abbiamo protestato con tutte le città americane in cui è successo. È totalmente inaccettabile e non mi rassegno alla cancel culture, specie quando riguarda un nostro illustre concittadino».
Dopo il sindaco è intervenuta Laura Boccenti, già docente di storia e filosofia e dirigente scolastico nei licei. La sua relazione ha lo scopo di individuare le radici culturali, ideali, l’origine del fenomeno della Cancel culture.
Subito dopo inizia la tavola rotonda, moderata da Domenico Airoma, Airoma, vice vicario di Alleanza Cattolica, vice presidente del Centro Studi “Rosario Livatino”, attualmente procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino. Tavola rotonda, purtroppo un po’ anomala, perché i partecipanti non erano presenti, ma collegati in streaming. L’esponente di Alleanza Cattolica, prima di dare corso alla tavola rotonda ha fatto una sintesi sulle relazioni esposte precedentemente.
Il movimento della Cancel culture si propone di cancellare una cultura, quella cristiana, che ha prodotto una civiltà cristiana, che a sua volta ha animato l’Occidente, su una ben precisa concezione dell’uomo. Cancel cultur significa cancellare l’anima di un mondo.
Il primo intervento è del professore Peter Gregory Boghossian del mondo accademico statunitense, già professore di filosofia all’Università statale di Portland, vittima della cancel culture. Altra persona scomoda che è intervenuta è la professoressa Paola Mastrocola, che recentemente insieme a Luca Ricolfi, ha scritto “Il Danno Scolastico” (La Nave di Teseo). La Mastrocola che ha scritto brillanti testi di sana polemica sulla Scuola italiana, in poco tempo ci ha offerto un inno alla libertà artistica contro ogni tipo di dispotismo.
Subito dopo è intervenuto il giornalista del Foglio, Giulio Meotti, che da tempo segnala quello che sta accadendo soprattutto oltreoceano, denunciando le prime vittime di questa sistematica cancellazione o annientamento di opere e uomini che fanno riferimento alla tradizione al passato. In una decina di minuti è riuscito a spiegare bene quello che è la nuova ideologia che stiamo esaminando. Soprattutto Meotti ci ha offerto una vera e propria “galleria degli orrori”, come poi dirà Orsina. La migliore definizione di Cancel culture l’ha data uno scrittore francese dice Meotti, questi nuovi giacobini della Cancel culture sono come i talebani che nel 2001, hanno fatto saltare le due grandi statue di Buddha di Balyan.
In pratica c’è una visione colpevolizzante e mortificante di tutta la storia europea, e un potente odio di sé. Tuttavia, quando parliamo di cancel culture, il nostro pensiero va all’abbattimento delle statue, in Inghilterra si abbatte di tutto, recentemente si è cancellato anche il nome di David Hume, il padre dell’Illuminismo scozzese. Oggi in Inghilterra non c’è un grande che non viene messo in discussione. Inoltre, la guerra in Ucraina ha causato la cancellazione di tutto quello che fa riferimento alla Russia. Tutti i grandi musicisti russi del Novecento sono stati cancellati.
Notizia dell’ultima ora, tutte le scuole francesi che portavano il nome di Aleksandr Solgenicyn, sono state cancellate, nonostante era un dissidente che si è fatto anni di gulag siberiano, però era un conservatore, cristiano slavofilo e negli ultimi anni amico di Putin. Meotti ha ricordato il grande significativo discorso ad Harward di Solgenicyn nel 1978 quando questo gigante del dissenso, venuto da Est in Occidente, lui che veniva dall’inferno, disse agli americani, guardate che voi non vivete nel paradiso, ma nel purgatorio e avete perso il coraggio intellettuale.
Airoma, presentando il professore Luca Ricolfi, sociologo e professore all’Università degli Studi di Torino, Presidente della Fondazione David Hume, viene posta la domanda, su come si possa uscire dall’ideologia della Cancel culture e del danno scolastico, per quest’ultimo, per Ricolfi, probabilmente non c’è nessuna possibilità per riparare il danno che è stato fatto a intere generazioni di studenti italiani, non c’è nessuna via di uscita. Ricolfi è categorico: una riforma della scuola italiana non ha nessuna probabilità di riuscita. La maggioranza delle famiglie italiane non sono interessate alla trasmissione culturale per i propri figli. Il professore evidenzia un fattore importante, la interruzione della trasmissione culturale nei confronti degli studenti italiani ha danneggiato soprattutto i ceti popolari.
Poi il professore si è soffermato sul rapporto tra politicamente corretto e cancel culture. In realtà il politicamente corretto non è più un fenomeno omogeneo, ma una costellazione di fenomeni, che ormai costituiscono come una grande piovra con tanti tentacoli. Ricolfi ha classificate ben cinque mutazioni del fenomeno. Per esempio, c’è il tema del mixgender definito dal professore, “follemente corretto”. Interessanti le riflessioni sulla censura che ormai raramente viene dall’alto, ma viene dal basso, o quelle sulla comunicazione.
Il penultimo intervento è di Giovanni Orsina, professore di Storia contemporanea alla LUISS Guido Carli di Roma. Orsina ha trattato il ruolo della politica nella cancel culture, che è una specie di colabrodo, l’ultimo aspetto della Rivoluzione.
L’ultimo intervento è di Lorenzo Cantoni, professore all’Università della Svizzera italiana di Lugano, che in un mondo in frantumi, come il nostro, mostra come è bello vivere senza menzogna; il titolo della sua splendida relazione è “La Verità e la Bellezza per non arrendersi”.