Card. Elio Sgreccia (1928-2019)
Nidastore è una piccola frazione ai confini tra le città di Pesaro e di Urbino. Ha un bel castello, abitato, secondo una leggenda, da un conte, nipote di un vescovo di Fossombrone (Pesaro-Urbino), che esigeva lo jus primae noctis dalle giovani spose del villaggio; fino a quando un gruppo di sposi si ribellò e uccise lo scostumato. Si dice che, a parziale risarcimento dei soprusi subiti, lo zio vescovo — pur deprecando la sbrigativa giustizia paesana — dichiarasse Nidastore e i terreni del conte una proprietà degli uomini liberi. Di fatto le cose importanti sono ancor oggi decise da un consiglio di abitanti del luogo e fra questi, fino al 5 giugno scorso, vi era anche un cittadino illustre, un principe della Chiesa, il cardinale Elio Sgreccia.
Anziché in febbraio, a Nidastore la Giornata per la Vita era celebrata in occasione della solennità dell’Assunzione, quando don Elio tornava al paese natale. E quale occasione migliore della festa di Maria assunta in Cielo in anima e corpo per parlare alla sua gente di ciò di cui si occupava: la dignità e la preziosità del corpo umano, la bellezza dell’amore coniugale, la saggezza della maternità della Chiesa.
I suoi tanti, e spesso prestigiosi, incarichi sono una traccia dell’operosità intellettuale e spirituale che ha generato discepoli e amici in Italia e nel mondo. Ordinato presbitero per la diocesi di Fano (Pesaro-Urbino) il 29 giugno 1952, termina gli studi in teologia nel 1963 e si laurea in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna. Dal 1954 al 1972 è prima vicerettore, poi docente e infine rettore del Pontificio Seminario Regionale Umbro di Fano. È quindi vicario generale della diocesi di Fossombrone e, dal 1974, per dieci anni, assistente spirituale alla facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Docente di Bioetica nel medesimo ateneo dal 1984, diventa ordinario nel 1990; dirige, dal 1985 al 2006, il Centro di Bioetica dell’ateneo e, dal 1998 al 2005, il Centro per la Cooperazione Internazionale per la medesima università. Dal 1990 al 2006 è membro del Comitato Nazionale per la Bioetica e, dal 1992 al 2000, direttore dell’Istituto di Bioetica. Papa san Giovanni Paolo II (1978-2005) lo elegge vescovo il 5 novembre 1992 e gli affida la sede titolare di Zama Minore, in partibus, consacrandolo il 6 gennaio 1993.
Nel 2001 è componente della Commissione delle linee-guida nell’ambito della consulenza e dei test genetici per il Ministero della Salute. Presidente dal 2003 della Federazione Internazionale dei Centri e Istituti di Bioetica d’Ispirazione Personalista (FIBIP), presiede anche, dal 3 gennaio 2005 al 17 giugno 2008, la Pontificia Accademia per la Vita. Papa Benedetto XVI (2005-2013), in considerazione della sua generosità e dedizione nel servizio alla Chiesa, lo crea cardinale nel concistoro del 20 novembre 2010, assegnandogli la diaconia di Sant’Angelo in Pescheria.
Il suo nome resterà indissolubilmente legato a un’opera fondamentale per la bioetica in Italia e nel mondo, il «manuale di bioetica». Apparso in prima edizione nel 1986 presso l’editrice Vita e Pensiero, con il titolo Bioetica: manuale per medici e biologi, conosce nel 1991 un’edizione in due volumi (Manuale di bioetica. Fondamenti ed etica biomedica e Manuale di Bioetica. Aspetti medico-sociali), dai quali si svilupperanno le successive edizioni: opera monumentale per precisione di linguaggio, impianto scientifico e dottrina certa, ma non opera accademica nel senso, un po’ dispregiativo, che oggi connota un testo alto ma poco applicabile. L’etica — e la bioetica ancor di più, per il suo concretissimo campo applicativo — è scienza complessa del fare, certamente derivato da un pensiero ma non confinato nella teoria. Bioetica è — per richiamare un altro grande, scomparso ai nostri occhi ma non alla nostra memoria e al nostro affetto, suo grande amico, card. Carlo Caffarra (1938-2017) — «scienza della libertà», studio che giunge a concretizzare decisioni umane, nel «qui e ora» delle condizioni di ogni singolo e irripetibile essere umano, chiamato a rispondere della libertà originaria che lo connota e della dignità di ogni simile di cui deve farsi carico. Dagli incontri del cardinale con tanti giovani e professionisti è sorta nel 2004 l’Associazione Donum Vitae, sul cui sito Internet è scritto: «L’instancabile e appassionata opera pastorale di Mons. Sgreccia lo ha visto girare in lungo in largo, in Italia e all’estero, per affermare con forza e tenacia la dignità del dono della vita, per ricordare e annunciare la bellezza del progetto d’amore che Dio ha sull’uomo e che investe tutte le sue dimensioni esistenziali fondamentali». Anche nella famiglia spirituale di Alleanza Cattolica chi si occupa di bioetica lo ha per maestro e continuerà ad onorarne la memoria per testimoniare «una verità che non tramonta e che ha un rinnovato bisogno di essere annunciata» (<http://www.ildonodellavita.it/le-sedi-italia>), nella consapevolezza che le questioni bioetiche sono ambiti — modernamente decisivi — di dottrina sociale.
Ut vitam habeant (Gv. 10,10) era il suo motto episcopale: ed egli stesso ha speso ogni suo talento affinché il dono della vita — e quello ancor più grande della redenzione — non andassero sprecati e ogni uomo potesse realizzarli in pienezza.