Marco Drufuca, Cristianità n. 433 (2025)
Perché parlare di Carlo Acutis?
Il primo e più evidente motivo che deve spingerci ad approfondire la storia di Carlo Acutis (1991-2006) — che è stato proclamato beato il 10 ottobre 2020 da Papa Francesco (2013-2025) e che sarà canonizzato il prossimo 7 settembre da Papa Leone XIV — è la constatazione dell’enorme impatto che la sua figura ha avuto e sta avendo nella vita e nella spiritualità della Chiesa (1). A titolo esemplificativo, basti pensare al miracolo che ne ha permesso la beatificazione, avvenuto a sette anni dalla morte, non a Milano, città di Carlo, bensì a Campo Grande, località brasiliana a circa 9700 chilometri di distanza dal capoluogo lombardo (2). Certo, nell’era di Internet le grandi distanze non sono più un serio impedimento alla circolazione delle informazioni; tuttavia, è altrettanto vero che, nel vortice di storie e di news che riempie le nostre vite, se in pochi anni la vicenda di un ragazzo di Milano ha avuto la forza di giungere fino in Brasile e d’imporsi al punto da spingere i fedeli locali ad affidare le loro suppliche all’intercessione di quel giovane adolescente di un Paese lontano, deve essere avvenuto qualcosa di più alto rispetto all’ordinario e ben più pregnante tran tran informativo quotidiano.
Nella convinzione che «il santo è l’apologia della religione cristiana» (3), Carlo è oggi presentato soprattutto come «modello di vita per i giovani» (4) e messaggio di speranza di successo per i loro educatori. Ai primi mostra come «la vera felicità si trova mettendo Dio al primo posto e servendolo nei fratelli» (5), mentre ai secondi, manifestando la santità come una via realmente possibile anche nel periodo burrascoso dell’adolescenza e nel mondo secolarizzato di oggi, testimonia come lo sforzo educativo abbia realmente ragione di sperare e di additare ai giovani traguardi eterni, degni di essere cercati mettendo in gioco la vita intera.
Oltre a ciò, penso che la sua storia abbia anche altro da dire, e quel che mi preme sottolineare è la prossimità del beato Carlo con la spiritualità e la missione proprie di Alleanza Cattolica, evidenziando come la sua persona possa essere modello e figura a cui anche i militanti della nostra associazione possano ispirarsi e affidarsi.
L’infanzia e le conversioni
Vi sono santi dei quali è facile narrare la vita nel suo dipanarsi cronologico, composta com’è da un susseguirsi di eventi eccezionali, epifanie, tentazioni, grandi decisioni, incontri determinanti. Non così per Carlo Acutis, la cui storia è forse uno dei più fulgidi esempi di vita ordinaria vissuta nella straordinarietà della santità. In effetti, vicende come la sua non appaiono forse degne di nota agli occhi della grande storiografia: nei suoi quindici anni di vita non ha compiuto azioni eclatanti, non ha fondato ordini, né si può dire che abbia riformato in maniera visibile la Chiesa o cambiato il mondo. Sul sito web a lui dedicato la linea del tempo che scandisce gli eventi significativi della sua vita si limita a riportare le date di nascita, di recezione dei sacramenti e quelle relative al percorso scolastico, alla malattia e alla morte, e viene ricordato che Carlo «suonava il sassofono, e — ancora giovanissimo — insegnava catechismo ai bambini. Giocava a pallone con gli amici, e un’ora dopo faceva volontariato alla mensa dei poveri dei Cappuccini e delle suore di madre Teresa» (6). Una vita ordinaria, che però ha dato frutti straordinari.
Carlo è nato il 3 maggio 1991 a Londra, dove i genitori, Andrea e Antonia Salzano, si trovavano per motivi di lavoro. Sebbene entrambi fossero battezzati, all’epoca si potevano inserire nel solco di quei «cristiani per tradizione» completamente indifferenti alla dimensione religiosa, che chiedono i sacramenti per i figli più per costume che per altro.
La madre ha detto di sé: «Sono nata in una famiglia laica nella quale la fede non era vissuta. Eravamo battezzati, ma non andavamo in chiesa, a casa non pregavamo insieme, né parlavamo di materie di fede. Abitavo nel centro storico di Roma e per comodità ho frequentato scuole cattoliche. Poiché tutti i compagni ricevevano la Prima Comunione la feci anche io, poi, andai ad altre due Messe, quella della cresima e quella del matrimonio. Tutto qui» (7).
Per quanto riguarda il padre, «Andrea era cresciuto in un ambiente più religioso [rispetto ad Antonia]. Partecipava regolarmente alla Messa domenicale e da piccolo, la sera prima di andare a dormire, recitava le preghiere con la mamma e la sorella. Per gli studi universitari si recò all’estero e così trascurò la partecipazione alla Messa e ben presto si trovò a essere non praticante» (8).
Quando tornano in Italia, dopo l’estate del 1991, è la giovane «tata» polacca di Carlo, Beata Sperczynska, a introdurlo concretamente alla vita di fede (9). Davanti alla proposta cristiana egli reagisce con entusiasmo. I suoi genitori ricordano come già a quell’epoca fosse dispiaciuto di non poter ricevere la Comunione e lo descrivono come un «divoratore delle vite dei santi», che «amava leggere la Bibbia illustrata per bambini» (10). Significativo per comprendere a quale profondità stesse interiorizzando la fede proposta è l’aneddoto, riportato dai genitori, secondo il quale, davanti agli incitamenti di Beata che lo invitava a reagire ai soprusi degli altri bambini, Carlo avrebbe risposto: «Gesù non sarebbe contento, se io reagissi con violenza» (11) Nella semplicità di un bambino, egli mostrava già che «quando doveva capire come comportarsi, il suo punto di riferimento era Gesù» (12). Le sue domande profonde e insistenti sulle verità della fede spingono anche i genitori ad approfondire la fede cattolica, sia attraverso lo studio del catechismo, sia iscrivendosi a facoltà teologiche. Ciò, unito all’insistenza di Carlo perché la famiglia pregasse insieme, visitando frequentemente il tabernacolo e partecipando quotidianamente alla Messa, porta in breve i suoi genitori e anche i suoi nonni a riscoprire la vita di fede (13).
Tuttavia, non è solo la famiglia a essere riavvicinata alla Chiesa dalla passione di Carlo per Gesù. Oltre al caso di Elisa, una maestra chiamata ad assisterlo nello studio pomeridiano a partire dal 1995, significativo è quello di Rajesh Mohur, domestico di casa Acutis, appartenente a una casta sacerdotale indù. Così si esprime in alcuni passaggi della sua testimonianza: «Carlo diceva che sarei stato un domani più felice se mi fossi avvicinato a Gesù e spesso mi istruiva utilizzando la Bibbia, il Catechismo della Chiesa Cattolica e le storie dei santi. […]. Spiegava in un modo talmente brillante che era riuscito a entusiasmarmi sull’importanza dei sacramenti. […] Carlo era un esempio talmente alto di spiritualità e santità che io ho sentito dentro di me il desiderio di diventare cristiano e di poter così ricevere la Comunione. […] Carlo aveva una visione della fede cattolica così luminosa che riusciva a contagiare chiunque con la serenità e la dolcezza con cui presentava le verità di fede» (14).
Carlo e la Madonna
Fin dai primi anni, oltre alla venerazione per l’Eucaristia, Carlo è profondamente devoto a Maria. Basti pensare che all’età di soli cinque anni, durante un pellegrinaggio a Pompei, di sua iniziativa vuol recitare anch’egli l’atto di affidamento alla Madonna di Pompei (15), atto che ripeterà altre sei volte nel corso della sua vita (16). L’anno successivo si consacra alla Madonna nella chiesa di Sant’Antonio (da Padova, probabilmente), a Milano.
Il rapporto con Maria si traduce nella recita quotidiana del Rosario, che, dopo l’Eucaristia, diceva essere «l’arma più potente per combattere il demonio e la scala più corta per salire in Cielo» (17): non è per lui solo un buon proposito, ma diventa un impegno serio, un voto alla Madonna stessa (18).
Carlo sviluppa anche un legame profondo con la Madonna di Fatima e riuscirà a recarsi in pellegrinaggio nel santuario portoghese qualche mese prima della morte. Coltiva una forte devozione per i tre pastorelli, ma soprattutto fa suo l’invito alla penitenza, alla conversione e alla preghiera di intercessione fatto dalla Madonna nel corso delle apparizioni e aderisce alla pratica dei primi cinque sabati del mese richiesta dalla Vergine (19). Secondo il suo postulatore, Carlo sarebbe giunto anche a interpretare in qualche modo il Terzo Segreto di Fatima, che vede allegoricamente come una rivelazione eucaristica: «La Croce sopra il monte può rappresentare anche il sacrificio di Cristo che si offre per la salvezza degli uomini, che in ogni Messa viene celebrato. Il Sangue che gli Angeli sotto le braccia della Croce versano sui fedeli, che con fatica salgono in cima al monte, è il Sangue che durante la Celebrazione Eucaristica il Signore versa per l’umanità insieme a quello dei Martiri, che purifica e lava i cuori degli uomini dai peccati commessi. Le frecce che colpiscono i fedeli che salgono verso la cima del monte potrebbero essere il simbolo di tutte le difficoltà che l’umanità incontra per meritarsi il Paradiso. La figura del Vescovo vestito di bianco, che la Chiesa ha associato a Giovanni Paolo II [1978-2005], che sempre insisteva sull’importanza dell’Eucaristia, e che è sempre stato comunque un “Martire”, è ancora più chiarificatrice del senso eucaristico della visione» (20).
La scuola e i rapporti con i coetanei
Giunto all’età della scuola dell’obbligo, Carlo si distingue per l’apertura e il desiderio di rapportarsi con chiunque, senza tuttavia per questo finire omologato alla «massa» dei suoi coetanei. Se è vero che i suoi compagni ricordano come «se eri di cattivo umore, stando vicino a lui ti passava» (21), e che «coltivava amicizie con chiunque e aveva buoni rapporti con tutti» (22), è anche vero che non vi fu mai alcuna tendenza al conformismo o all’irenismo in simili atteggiamenti. Una delle più note massime coniate da Carlo recita: «Tutti nascono originali, ma molti muoiono fotocopie» (23). Con queste parole esortava i compagni a non buttare via la vita dietro la vanità delle mode e delle opinioni in voga, costruendo piuttosto un’esistenza degna di essere vissuta perché coerente e determinata dall’irripetibile unicità della vocazione di ognuno. Questo «programma di vita» si estendeva a ogni ambito della quotidianità di Carlo, dalle cose più semplici fino a quelle più alte.
Già a partire dall’abbigliamento mostrava di saper andare contro corrente. Ricorda la madre: «Dovevo sempre lottare con lui per comprargli i vestiti, perché per lui ne bastava uno con un cambio. Gli piaceva vestire classico e non amava seguire le mode. Mi diceva di non buttare i soldi che così potevamo aiutare di più i poveri» (24). Per comprendere la lucidità dimostrata da una simile posizione sarà bene avere presente che Carlo, membro di una famiglia ricca e prestigiosa, frequentava ambienti scolastici nei quali dominava una marcata ostentazione delle ricchezze e del prestigio familiare.
La determinazione di Carlo a essere fino in fondo fedele a sé stesso non si vede però solo nel vestire e nel rapporto equilibrato con i beni di famiglia, capace di intendere la funzionalità della proprietà privata alla destinazione universale dei beni (25). Essa si estende anche nell’ambito della morale, dove il desiderio di amicizia di Carlo non gli impediva di sostenere fermamente e integralmente gli insegnamenti della Chiesa, specie negli anni del liceo. Più volte si esprime con fermezza contro l’aborto, qualificato senza mezzi termini come «l’uccisione di un innocente» (26), difendendo tale posizione anche in dibattiti sorti durante le lezioni in classe (27); ancora più spesso ha modo di prendere posizione in materia di morale sessuale, invitando i coetanei alla castità e a vivere le relazioni affettive secondo gli insegnamenti della Chiesa.
«Carlo ci teneva moltissimo alla purezza. Non era un bigotto, tutt’altro, piuttosto alla luce della fede riconosceva che ognuno ha una dignità speciale che va rispettata e non consumata, né sciupata. […] Carlo testimoniava la purezza, non fine a se stessa, non per mero ascetismo o per paura di qualcosa. La sua motivazione era che l’amore, anche tra un ragazzo e una ragazza, va vissuto come dono di Dio, e quindi alla Sua presenza e secondo il Suo disegno di Santità: e solo in questo modo l’amore umano potrà dare il centuplo, alla felicità. […] Diceva: “il Padre ha un trono in cielo, e anche il Figlio, perché siede alla sua destra, mentre lo Spirito Santo ha per trono i nostri cuori, che diventano tempio di Dio. Per questo dobbiamo rispettare la sacralità che è la nostra anima e che è il nostro corpo, non banalizzare l’amore riducendolo a una semplice «economia del piacere» finalizzata solo a soddisfare desideri egoistici e non piuttosto al vero bene. Carlo, quando parlava delle passioni e dell’innamoramento, accennava alla capacità di amare che è desiderare e operare il miglior bene della persona amata fuggendo allo stesso tempo dalla voglia di possederla, dalla voglia di assoggettarla a sé”» (28). Posizioni simili prende pubblicamente in materia di pornografia e autoerotismo (29).
Tale difesa della dignità della persona non si limita a ricordare i precetti negativi legati al quinto e al sesto Comandamento, ma si traduce anche in positivo nella difesa e nell’aiuto concreto ai più emarginati o a quanti sono in difficoltà, sia che si tratti di sostenere compagni nello studio, sia di difendere dagli scherni e farsi prossimo al compagno disabile in classe, o di non voltarsi davanti al dramma dei poveri, e in particolare dei senzatetto, che Carlo incontrava ogni giorno (30); in un’abitudine alla carità che comprendeva l’elemosina materiale, ma che soprattutto era «attenzione alla persona dell’altro, ai suoi bisogni» (31), imitazione dell’amore divino per la creatura umana.
L’informatica, una passione a servizio del prossimo e della Chiesa
Prima di spiegare meglio quest’ultima affermazione, una breve parola meritano anche le eccezionali doti in informatica, che Carlo sviluppa negli anni di scuola e che mette al servizio del prossimo e dell’evangelizzazione. Esaustive a tal proposito sono le parole della madre: «A nove anni iniziò a studiare volumi di informatica di livello universitario, che acquistavamo per lui presso il Politecnico di Milano. […] Visto che era così abile e sempre disponibile, noi per primi, poi Rajesh, la nonna Luana e i suoi amici e compagni di scuola, iniziammo tutti a chiedergli chiarimenti e aiuto per l’uso dei nostri PC. Fu un altro campo, questo, nel quale diede prova della sua carità fraterna: dedicare il tempo agli altri crescendo nel […] trasmettere al suo prossimo le sue capacità. Alla fine della terza media preparò per molti dei suoi compagni le bozze in PowerPoint della presentazione della tesina per l’esame. Poi con uno studente di ingegneria informatica costruì il sito internet della parrocchia di Santa Maria Segreta di Milano e nei due anni di liceo al Leone XIII, continuò a mettere a servizio degli altri il suo talento informatico, sia per i compagni che per la scuola stessa. Nell’estate del 2006 dedicò molto del suo tempo libero a costruire un sito web che presentasse le opere di apostolato e volontariato gestite dai Gesuiti a favore degli ultimi e dei bisognosi» (32).
Carlo e l’Eucaristia
Fin qui, abbiamo trattato della dimensione più propriamente storica della vita di Carlo, così come è attestata da quanti hanno avuto la grazia di conoscerlo e di stargli accanto durante la sua breve esistenza. È tuttavia evidente che quanto era visibile agli occhi degli uomini era la manifestazione esteriore di qualcosa di più profondo, del vero cuore pulsante della vita di Carlo. Commentando la sua attenzione ai bisogni del prossimo, ho accennato alla sua profonda contemplazione dell’amore divino. Ciò avveniva specialmente nel sacramento eucaristico, vero e proprio fulcro della vita di Carlo, che confermava quanto insegnato dal più recente Concilio nel riferirsi all’Eucaristia come alla fonte e al culmine dell’intera vita cristiana (33). Come visto, fin dai primi anni Carlo aveva compreso con straordinaria chiarezza l’importanza del sacramento eucaristico, esprimendo più volte il suo dispiacere per non potervi ancora accedere (34). Nota a tal proposito è la sua massima: «l’Eucaristia è la mia autostrada verso il Cielo» (35). Un simile dispiacere lo porta a chiedere con insistenza di ricevere la Prima Comunione prima del tempo previsto, cosa che ottiene comunicandosi a soli sette anni in forma privata presso il convento di clausura delle Romite di Sant’Ambrogio ad Nemus di Perego (Lecco), con le quali era in stretto rapporto spirituale (36). Fedele alla Messa quotidiana fin dai primi anni di vita, quando ancora non può ricevere l’Eucaristia, incentra comunque la sua vita su di essa: come scrive sua madre, «se non considerassimo l’Eucaristia, non capiremmo nulla della vita di Carlo» (37).
In quanto attualizzazione del sacrificio salvifico di Cristo, in essa Carlo vede «la medicina dell’anima per eccellenza» (38) e la quotidianità del beato trova il suo centro nella celebrazione eucaristica e nell’adorazione, davanti al tabernacolo o davanti al Santissimo esposto. Il giorno della sua Prima Comunione dirà che il suo programma di vita era essere «sempre unito a Gesù» (39) e la comunione quotidiana è la partecipazione sacramentale al Sacrificio e alla Risurrezione di Cristo, la via privilegiata per unirsi a Lui. Tale desiderio di unione non si limita tuttavia al poco spazio di tempo che trascorre in chiesa, ma diventa la forza plasmante e determinante della sua vita. Così, l’Eucaristia non è per lui solo il culmine, il punto più alto verso cui tutto tendeva, ma anche la fonte, il momento originante dal quale traeva la linfa vitale ogni altro istante della sua vita.
L’amore per il sacramento eucaristico lo porta a desiderare che il mondo intero conosca un simile dono divino, perché il sacrificio di Cristo sulla Croce e la sua vittoria nella Risurrezione possano toccare concretamente ogni uomo e ogni donna al mondo. «Se la gente capisse l’importanza dell’Eucaristia — diceva — ci sarebbero talmente tante file per andare a fare la Comunione, che non si riuscirebbe più a entrare nelle chiese» (40). Così, Carlo si ingegna per annunciare al mondo intero la fecondità della realtà eucaristica. Non pago di quanto poteva testimoniare con l’esempio e le parole a quanti aveva accanto, giunge a ideare una mostra sui miracoli eucaristici, cui poi si aggiunge la pubblicazione di un libro su I miracoli eucaristici e le radici cristiane dell’Europa (41), edito sotto pseudonimo.
Eucaristia e Riconciliazione
Carlo comprende che il mistero eucaristico è la fonte della vita cristiana, ma è pure fonte e sprone alla conversione e che ricevendo l’Eucaristia è anche necessario «che ciascuno adegui se stesso alla Comunione» (42). Di qui nascerà il suo impegno costante alla conversione, ricercata non solo a parole ma nella concretezza di pratiche penitenziali e di concreti propositi di volta in volta raggiungibili, animato dal desiderio di aderire sempre più perfettamente alla vita divina ricevuta nell’Eucaristia.
Si comprende così come Carlo veda nel sacramento della Riconciliazione uno strumento inseparabile dall’Eucaristia e altrettanto essenziale per la vita cristiana. Accostandosi ad esso settimanalmente, egli non fa sconti a sé stesso in nulla. Il suo padre spirituale riferisce che «la severità di giudizio che Carlo applicava alla sua persona lo portava a confessare anche le mancanze più lievi» (43). Un sacerdote della sua parrocchia, cui spesso Carlo si rivolge per chiedere l’assoluzione, riporta: «Era un ragazzo di una trasparenza eccezionale, limpidissimo. Desiderava migliorare in tutto, sia nell’amore verso i genitori, coi quali imparava l’amore verso il Signore […] sia nel perfezionare l’amicizia coi coetanei, coi compagni di scuola, sia applicandosi seriamente per approfondire le varie conoscenze scolastiche, informatiche, culturali, oltre alla religione. Per ringraziare il Signore e per sentirsi sempre più spronato nel migliorare, si accostava settimanalmente al sacramento della Riconciliazione, lieto di ascoltare voce del Signore» (44).
Con una dinamica analoga a quella già vista per l’Eucaristia, la comprensione dell’importanza della Riconciliazione porta Carlo non solo a farne un elemento costitutivo della sua vita, ma anche a desiderare che tutti possano scoprirne l’importanza, la ricchezza e la bellezza e accostarvisi così più frequentemente e con maggiore consapevolezza. Le immagini che utilizza per comunicare questi aspetti della vita cristiana sono forse le più rappresentative del dono che aveva di comunicare verità teologiche e di fede con la massima semplicità e chiarezza. Diceva: «Il più piccolo difetto ci tiene ancorati a terra allo stesso modo di come succede ai palloncini che vengono tenuti giù attraverso il filo che si tiene in mano» (45). E anche: «La mongolfiera per salire in alto ha bisogno di scaricare i pesi, così come l’anima per elevarsi al cielo ha bisogno di togliere dei piccoli pesi che sono i peccati veniali. Se per caso c’è un peccato mortale, l’anima ricade a terra e la confessione è come il fuoco che fa salire in cielo la mongolfiera. Bisogna confessarsi spesso perché l’anima è molto complessa» (46).
Eucaristia, Novissimi, Comunione dei santi
Due ultimi aspetti della centralità del Sacramento Eucaristico nella vita di Carlo.
Innanzitutto, grazie alla partecipazione alla liturgia celeste offerta dai riti della Chiesa e grazie all’incorporazione in Cristo mediata dal Sacramento eucaristico (47), Carlo ha ben chiaro che la pienezza della vita, capace di trasformare nell’essenza questo tempo terreno, il già, deve ancora venire nel non ancora che ci attende dopo la morte. Con la solita fantasiosa semplicità dice: «Da bruchi, con la morte diventeremo farfalle» (48). Egli vive costantemente nella prospettiva dell’eternità, intesa non come qualcosa che sarebbe venuto unicamente dopo, ma che piuttosto si dà già, ancorché in uno stadio germinale, nella vita terrena, salvo poi fiorire pienamente, in base a quanto seminato, al termine di essa.
Ciò implica in Carlo un’acuta consapevolezza della gravità delle verità di fede riguardanti i Novissimi, le «cose ultime» — morte, giudizio, inferno e paradiso —, dei quali si rammarica che non si parli di più: «Se veramente le anime corrono il rischio di dannarsi, come in effetti molti Santi hanno testimoniato e anche le apparizioni di Fatima hanno confermato, mi chiedo il motivo per cui oggi non si parli quasi mai dell’Inferno, perché è una cosa talmente terribile e spaventosa che mi fa paura il solo pensarci» (49); similmente era estraneo a ogni banalizzazione del Purgatorio.
Con questo giungiamo alla consapevolezza che Carlo aveva di essere inserito nel Corpo Mistico di Cristo e nella Comunione dei santi.
La consapevolezza del «caso serio» dei Novissimi porta innanzitutto Carlo a pregare e a chiedere di intercedere per i vivi, specie quelli lontani dalla fede cattolica. La pungente coscienza del rischio della dannazione eterna lo spinge ad adoperarsi con tutti i mezzi possibili per la conversione del prossimo: «Ogni minuto che passa — dice — è un minuto in meno che abbiamo a disposizione per santificarci» (50)
Allo stesso modo, Carlo sente come pressante l’impegno in favore delle anime del Purgatorio. Questa predisposizione pare sia stata confermata e accresciuta da una rivelazione privata: «Pochi mesi dopo la morte del nonno, Carlo disse che lo aveva visto e [questi] gli aveva chiesto di pregare perché era in purgatorio e da quando fece la Prima Comunione cercava sempre occasioni per dedicare indulgenze e Messe a favore dei defunti» (51).
Così, la profonda intelligenza dei misteri legati ai Novissimi da una parte e, dall’altra, la coscienza di essere unito nel Sacramento Eucaristico all’intero Corpo Mistico di Cristo portano Carlo a prendere sempre più sul serio le pratiche devozionali di intercessione per la salvezza del mondo intero e in suffragio delle anime del Purgatorio. Ciò comprende la preparazione di un’altra mostra, questa volta a tema Inferno, Purgatorio e Paradiso (52).
Oltre a ciò, Carlo è sempre più spinto a prendere sul serio l’invito che la Chiesa e le apparizioni di Gesù e di Maria fanno al mondo di oggi a riparare per i peccati e per le bestemmie, nonché a operare per la redenzione dei vivi e per la salvezza dei morti. Ho già citato il suo profondo legame con le apparizioni di Fatima, che in questa luce acquista maggiore spessore e ho anche già detto come egli fosse fedele alla pratica dei Primi Cinque Sabati del Mese. Per motivi analoghi Carlo conosceva, amava e praticava quanto richiesto da Cristo nelle apparizioni a santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690) nella seconda metà del secolo XVII (53) e, di conseguenza, si impegnava anche nella pratica dei Primi Venerdì del Mese. Carlo non era nemmeno all’oscuro dei misteri della Divina Misericordia richiamati nelle apparizioni alla santa polacca Faustina Kowalska (1905-1938), appartenente alla congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia (54). A ciò va aggiunta la devozione mariana, praticata specialmente attraverso la recita del Rosario, che legherà altresì alle quindici promesse fatte dalla Madonna al beato bretone Alain de la Roche O.P. (1428-1475) (55). Carlo ha pure un profondo legame con le apparizioni di Lourdes: il triplice monito di Maria «Penitenza! Penitenza! Penitenza!» segna profondamente la sua spiritualità (56).
Così, attraverso la fervida pratica eucaristica, e aderendo con docilità ed entusiasmo alle indicazioni offerte dalla divina Provvidenza, nonché ai richiami della Chiesa Cattolica, Carlo vive sempre più immerso nell’impegno dell’annuncio dell’eternità, nella propagazione della devozione all’Eucaristia, al Sacro Cuore di Gesù, al Rosario, nonché alle promesse legate alle principali apparizioni degli ultimi secoli. Tutto ciò per ardente amore di Cristo e nell’insaziabile desiderio di vedere ogni anima creata, amata e voluta da Dio ammessa alla beatitudine eterna.
La morte
Solo a partire da questa prospettiva è possibile comprendere fino in fondo il modo in cui il beato Carlo ha vissuto la fulminante malattia e la morte.
Il 2 ottobre del 2006 si manifestano in lui sintomi influenzali, inizialmente associati a una semplice parotite. Il 4 ottobre, a diagnosi invariata, i familiari di Carlo lo sentirono pronunciare le parole: «Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore per il Papa e per la Chiesa, per non fare il Purgatorio ed andare dritto in Cielo» (57). La nonna riferisce che la sua reazione fu di esclamare «“Ahiè”, come per dire: “esagera un pochino”» (58). La mamma, similmente, riporta che «essendo sempre allegro e pieno di humour, pensavamo che stesse scherzando» (59).
La scoperta di sangue nelle urine e la persistente astenia impongono nuove analisi, che portano alla diagnosi di leucemia M3, con una prognosi di pochi giorni di vita e necessità di ricovero immediato. La reazione di Carlo è di una «serenità impressionante» (60), nel ricordo della nonna, e si limita alle parole «Il Signore mi ha dato una sveglia» (61).
Durante la breve degenza Carlo, nonostante la malattia, evita di lamentarsi. Quando gli viene chiesto se stia provando dolore, la sua risposta è secca e pacifica: «C’è gente che soffre più di me» (62). Finché gli è possibile, tenta di rimanere autonomo e di fare tutte ciò che è possibile senza scomodare le infermiere, per non aggravare il loro lavoro (63). Così ricordano quei giorni due infermiere che lo assistettero: «Carlo è uno di quei pazienti con cui rimani poco a causa delle complicanze che insorgono, ma che ti lasciano dentro un grande amore e nonostante la situazione un senso di pace, che però non sai spiegarti, perché non proviene dal fatto che sei una professionista che ha fatto il possibile per lui, ma proviene proprio dal suo ricordo e da quanto tu ti senta fortunata per averlo conosciuto» (64).
«Mi ha colpito questo ragazzo così grande che faticava a stare nel letto, così grande nell’umiltà della sua estrema sofferenza. I suoi occhi erano bellissimi seppur segnati dalla malattia, perché nonostante tutto, sorridevano, quasi a tranquillizzare chi gli stava di fronte. Era così umile, così educato a scusarsi se non capiva o riusciva a fare qualcosa, mai a lamentarsi anche quando non capivo le sue parole. Sono doti che appartengono a pochi, a quei pochi che anche se li incontri per un breve attimo rimangono con te per sempre» (65).
La mattina del 12 ottobre 2006, vigilia dell’ultima apparizione di Fatima, a nove giorni dall’insorgere dei primi sintomi e a tre dalla diagnosi, il cuore di Carlo cessa di battere in seguito a un’emorragia cerebrale.
Carlo Acutis e l’apostolato di Alleanza Cattolica
Come detto in apertura, Carlo è un santo che parla soprattutto ai giovani e ai loro educatori. Non stupisce dunque come Papa Francesco ne abbia parlato più volte in tal senso, citandolo esplicitamente nell’esortazione apostolica post-sinodale Christus Vivit rivolta ai giovani (66), e indicandolo come modello proprio per la sua capacità di rimanere «originale» in un mondo che ci vorrebbe tutti fotocopie, macchine di consumo prevedibili e programmabili. L’11 ottobre 2020 lo ha citato davanti alla Chiesa universale prima della recita dell’Angelus domenicale, sottolineando come «egli non si è adagiato in un comodo immobilismo, ma ha colto i bisogni del suo tempo, perché nei più deboli vedeva il volto di Cristo. La sua testimonianza indica ai giovani di oggi che la vera felicità si trova mettendo Dio al primo posto e servendoLo nei fratelli, specialmente gli ultimi» (67).
Anche parlando davanti ai giovani dell’Azione Cattolica Italiana e ai partecipanti all’Alpha Camp ne ha ripreso la figura, sempre additandolo come modello capace di coltivare l’originalità del progetto di Dio su ognuno di noi, senza cadere in facili trappole conformistiche, che, spegnendo la missione, cancellano il nostro io (68).
Carlo ha tanto da dire anche in altri contesti, non ultima alla nostra associazione. Egli rimane un modello di apostolato, di quello zelo apostolico che Papa Francesco ha più volte indicato come inseparabile da ogni vocazione cristiana, anche a livello sociale: un apostolato radicato nell’incontro con Cristo, specie nel acramento eucaristico; una spiritualità che assume tutti i connotati del contemplativus in actione disegnato da sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) e accolto anche nel nostro Direttorio (69), dunque, lo stile di chi, contemplando e vivendo il Mistero, semplicemente non può non attivarsi per portarlo nel mondo, spinto da una forza e da un ardore che non sono più suoi. Un apostolato che parte dai rapporti con i più vicini — nel suo caso i genitori, il domestico, i compagni… —, ma che non può arrestarsi finché non abbia raggiunto tutti. Animato da questa tensione universale l’apostolo si ingegna a trovare vie, scoprendo una carità che è ben diversa dalla pianificazione a tavolino, ma che è piuttosto autentica docilità alle illuminazioni dello Spirito. Soprattutto, Carlo è esempio di un apostolato che mostra di non avere fondamento se non nell’amore, l’amore per Cristo che necessariamente si traduce in amore per il prossimo, per il quale Cristo è morto e risorto. In lui vi sono non solo i colloqui con i compagni, nei quali già appare una libertà e una parresia non comuni, ma anche una creatività che si esprime nell’ideazione di mostre, libri e siti Internet. Tutto con un unico desiderio e un unico scopo: che il mondo conosca Cristo, fuori dal quale nulla ha senso e non si dà autentica salvezza, né nell’eternità, né nella Storia.
Carlo ci ricorda con forza l’importanza della recita del Rosario, cui noi siamo dediti; ci ricorda che la salvezza del mondo parte da Dio, ma richiede la nostra adesione, che passa anche dall’obbedienza alle indicazioni date dalla Provvidenza nelle più importanti apparizioni di Gesù e della Vergine, non ultime quelle di Fatima e quelle relative al Sacro Cuore, che tanto hanno impresso nello stile di Alleanza Cattolica.
Infine, nella sua semplicità di ragazzo, Carlo rimane un modello della capacità di esprimere le verità della fede in maniera semplice, immediatamente comprensibile, facendo ricorso a immagini alla portata di tutti.
Penso dunque, in conclusione, che il beato Carlo Acutis sia una figura degna di essere conosciuta nella nostra associazione, sia per essere presa come modello, sia per affidare alla sua intercessione la nostra opera di apostolato nel terzo millennio cristiano.
Note:
1) Nella preparazione di questo contributo non è stato possibile accedere direttamente alla Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis (da qui in poi, Positio)dell’allora Congregazione per le Cause dei Santi. Di conseguenza, le informazioni riportate sono state attinte principalmente da tre biografie o raccolte di testi di più facile reperibilità, che danno anche garanzia di un alto grado di affidabilità: in primis, il libro scritto dai suoi stessi genitori, Andrea Acutis e Antonia Salzano, Nostro figlio Carlo Acutis. La scuola di fede del santo di Internet, Rizzoli, Milano 2025; quindi, la principale biografia di Carlo, quella redatta dal postulatore della causa di canonizzazione, Nicola Gori, Eucaristia. La mia autostrada per il cielo. Biografia di Carlo Acutis, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2024; infine, l’opera del domenicano Giorgio Maria Carbone, Originali o fotocopie?, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2024, che si rifà principalmente ai documenti della Positio e alla biografia di Gori. Il pregio di questo scritto, oltre a riportare dettagli mancanti nelle altre fonti, è quello di contenere in nota i riferimenti alla Positio,rendendo possibili rimandi più precisi anche in questa sede.
2) Cfr. N. Gori, op. cit., p. 162.
3) Card. Hans Urs von Balthasar S.J. (1905-1988), Gloria. Una estetica teologica, trad. it., 2a ed., 7 voll., Jaca Book, Milano 2012, vol. I, La Percezione della Forma, con una introduzione di Giuseppe Ruggieri, p. 212.
4) Preghiera per la canonizzazione del Beato Carlo Acutis, nel sito web <https://www.carloacutis.com/it/association/preghiera-ufficiale> (gl’indirizzi Internet dell’intero articolo sono stati consultati il 30-6-2025).
5) Francesco, Angelus, 11-10-2020.
6) Cfr. il sito web <https://www.carloacutis.com/it/association>.
7) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 18.
8) G. M. Carbone, op. cit., p. 17.
9) Cfr. A. Acutis e A. Salzano, op. cit., pp. 43-46 e G. M. Carbone, op. cit.,pp. 17-18.
10) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 17.
11) Ibid., p. 44; cit. anche in N. Gori, op. cit., p. 32.
12) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 45.
13) Cfr. ibid., p. 46 e p. 52.
14) Cit. dalla Positio,in A. Acutis e A. Salzano, op. cit., pp. 49-51, e da N. Gori, op. cit., pp. 84-86.
15) Cfr. A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 149; cfr. anche N. Gori, op. cit., p. 36 e G. M. Carbone, op. cit.,p. 138, che rimanda alla p. 154 della Positio.
16) Cfr. N. Gori, op. cit., p. 119 e G. M. Carbone, op. cit., p. 138, che rimanda alla p. 319 della Positio.
17) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 41.
18) Secondo N. Gori, op. cit., p. 132, e G. M. Carbone, op. cit., p. 153, il voto sarebbe stato fatto all’età di quattordici anni davanti alla Madonna di Lourdes, nonostante la quotidianità nella recita del Rosario risalga all’infanzia di Carlo. I genitori parlano invece di un rinnovo del voto avvenuto in quella circostanza, ma senza dare ulteriori indicazioni su quando sarebbe stato fatto per la prima volta (cfr. A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 146), versione più coerente con le ripetute consacrazioni e affidamenti alla Madonna che tutte le fonti consultate riportano.
19) Cfr. N. Gori, op. cit., p. 142.
20) Ibid., pp. 141-142. Purtroppo l’Autore non menziona mai le fonti, e la citazione è assente negli altri testi consultati, così che non è stato possibile verificare ulteriormente la correttezza o la provenienza dello stralcio.
21) Ibid., p. 55. Questa e la seguente nota sono citazioni da testimonianze riportate nella Positio; rimandi più precisi a quest’ultimo testo non sono stati possibili per quanto esposto nelle note 1 e 19.
22) Ibid., p. 49.
23) G. M. Carbone, op. cit.,p. 22, che rimanda alla p. 292 della Positio.
24) Ibid., p. 24, con rimando alla p. 305 della Positio.
25) Cfr. Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, pp. 171-176.
26) G. M. Carbone, op. cit.,p. 189, con rimando alla p. 390 della Positio, ma anche p. 126, p. 207, p. 200 e p. 254 dello stesso documento.
27) Cfr. N. Gori, op. cit., p. 57.
28) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., pp. 33-34.
29) Cfr. ibid., p. 35.
30) Cfr. ibid., pp. 71-81, e N. Gori, op. cit., pp. 78-80.
31) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 78.
32) Ibid., pp. 28-29.
33) Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa «Lumen gentium», del 21-11-1963, n. 11.
34) Cfr. A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 44.
35) G. M. Carbone, op. cit.,p. 70, citazione dalla Positio, p. 316.
36) Cfr. N. Gori, op. cit., p. 106.
37) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 105.
38) G. M. Carbone, op. cit.,p. 74, citazione dalla Positio, p. 299.
39) Ibid., p. 79, citazione dalla Positio, p. 293.
40) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 107. Cfr., altresì: «Molta gente secondo me non comprende veramente fino in fondo il valore della Santa Messa perché se si rendesse conto della grande fortuna che il Signore ci ha dato donandosi come nostro cibo e bevanda nell’Ostia Santa, andrebbe tutti i giorni in chiesa per partecipare ai frutti del Sacrificio celebrato, e rinuncerebbe a tante cose superflue!» (N. Gori, op. cit., p. 88).
41) Cfr. Sergio Meloni, I miracoli eucaristici e le radici cristiane dell’Europa, a cura dell’Istituto San Clemente I, ESD. Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2005.
42) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 108.
43) N. Gori, op. cit., p. 100.
44) Ibid., pp. 99-100.
45) G. M. Carbone, op. cit.,p. 24, citazione dalla Positio, p. 321.
46) Ibid., p. 124, citazione dalla Positio, p. 530.
47) Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla Sacra Liturgia «Sacrosanctum Concilium», del 4-12-1963, n. 8; cfr. anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1136-1139.
48) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 17.
49) N. Gori, op. cit., p. 81; G. M. Carbone riporta una versione più sintetica della frase: «Se veramente le anime rischiano la dannazione, non capisco perché oggi non si parla quasi mai dell’inferno» (op. cit.,p. 197, con rimando esplicito alla Positio, p. 318 e p. 529).
50) Idem, op. cit.,p. 39, citazione dalla Positio, p. 303.
51) Testimonianza di A. Salzano (cfr. ibid., p. 149, che cita la p. 295 della Positio).
52) Cfr. A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 168.
53) Cfr. N. Gori, op. cit., p. 125.
54) Cfr. ibid., pp. 120-124.
55) Cfr. A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 39.
56) Cfr. N. Gori, op. cit., pp. 127-133.
57) G. M. Carbone, op. cit.,p. 209, con riferimento alle pp. 167, 283, 269, 278 e 323 della Positio. N. Gori, op. cit., p. 143, e A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 57, riportano la medesima frase.
58) G. M. Carbone, op. cit.,p. 209.
59) A. Acutis e A. Salzano, op. cit., p. 57.
60) G. M. Carbone, op. cit.,p. 202.
61) Ibid., p. 202, citazione dalla Positio, pp. 270, 284 e 324.
62) Ibid., p. 204, citazione dalla Positio, p. 278 e p. 324.
63) N. Gori, op. cit., p. 145.
64) Ibidem.
65) Ibid., p. 146.
66) Cfr. Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale «Christus vivit», del 25-3-2019, in particolare i nn. 104-106.
67) Idem, Angelus, 11-10-2020.
68) Cfr. Idem, Discorso ai giovani partecipanti all’«Alpha Camp», del 5-8-2022, e Saluto ai ragazzi dell’ACR in occasione degli auguri di Natale, del 20-12-2024.
69) Cfr. Alleanza Cattolica, Direttorio. Profilo dottrinale e operativo proposto alla meditazione e alla pratica «ad experimentum» in occasione del Primo Capitolo Generale tenuto nel mese di maggio del 1977. Seconda versione proposta «ad experimentum» in occasione del Capitolo Generale tenuto nel mese di febbraio del 2011, ristampa febbraio 2017, n. 3.1.
