Una vicenda nata male e finita peggio: serva almeno da lezione per capire che dialogo non significa sudditanza culturale
di Marco Invernizzi
Anche i migliori possono sbagliare. Così è stato per il caso della nomina di Anna Paola Concia alla guida di una Commissione del MIUR che avrebbe dovuto curare l’educazione all’affettività nelle scuole. Invece di consigliarsi con un certo mondo pro-family e pro-life, che è piccolo ma incisivo, il ministro Valditara ha nominato come garanti della Commissione tre persone, una suora, un avvocato dello Stato nubile e, appunto, Anna Paola Concia. Nessun uomo, nessuna mamma, e soprattutto l’impressione che l’educazione affettiva spetti alla scuola e non alla famiglia. C’erano fondati motivi per allarmare chi da anni si batte contro la penetrazione dell’ideologia gender nelle scuole e nella società, e soprattutto per affermare il diritto dei genitori ad avere la piena responsabilità educativa dei figli in una materia così delicata.
Ora, è vero che viviamo in una società plurale e che un ministro dello Stato deve tenerne conto, non potendo trasformare il ministero in un proprio progetto culturale da applicare. E’ vero anche che tutto questo è avvenuto sull’onda emotiva seguita all’omicidio di Giulia Cecchettin, esempio tipico di che cosa significhi per un Paese vivere dentro una bolla emozionale praticamente incontrollabile, che spinge a compiere gesti non fondati su una analisi razionale della situazione. Tuttavia, il MIUR avrebbe potuto astenersi da un intervento che lascia temere che la scuola di Stato volesse occuparsi di temi che riguardano i figli senza collaborare con i genitori, un aspetto del rapporto fra scuola e famiglia che Valditara conosce e condivide, anche alla luce della sua storia politica e dei lodevoli interventi nel primo anno di mandato a favore della libertà di educazione.
Invece le cose sono andate male. Il ministro è stato costretto a revocare la nomina dei tre garanti della Commissione anche in seguito alle perplessità all’interno della Lega, di Fratelli d’Italia e dello stesso governo. Concia è apparsa come una martire dell’intolleranza cattolica e pochissimi hanno colto la portata valoriale dell’accaduto, cioè che l’educazione affettiva e sessuale dei figli spetta innanzitutto ai genitori, non alla scuola. Una sconfitta culturale. Addirittura aggravata dall’invito della stessa Concia ad Atreju, la festa giovanile di Fratelli d’Italia, quasi a volere riparare a un torto subito dall’esponente femminista.
Detto questo è inutile e sbagliato indugiare sull’accaduto con un atteggiamento distruttivo, accanirsi contro il ministro (che peraltro ha ritirato il provvedimento) e peggio ancora contro il governo. Il problema è avere dei principi e cercare di affermarli pubblicamente, oppure, se questo fosse impossibile, tacere. Soprattutto la destra dovrebbe liberarsi dal complesso d’inferiorità culturale che spesso la spinge a cedere culturalmente per mantenere un po’ di potere politico. E’ l’errore commesso dalla Democrazia Cristiana durante tutta la sua storia.
D’altra parte, sarebbe altrettanto sbagliato credere di potere ribaltare una subalternità culturale diffusa in tutti i corpi dello Stato e, in generale, nel Paese con provvedimenti calati dall’alto. Non basta il potere per incidere sulla trasformazione del senso comune di un popolo. E’ sul cuore e sui principi delle persone che bisogna lavorare, con pazienza e intelligenza, cercando di essere il più possibile attrattivi.
Lunedì, 18 dicembre 2023