In margine a un’intervista con Valentina Pellegrini
di Marco Invernizzi
La celebre frase di Sam, l’amico fidato di Frodo che lo accompagna fino all’ultimo nella saga del Signore degli anelli, fino a quando l’anello del potere viene finalmente gettato nel fuoco e distrutto per sempre, mi è tornata in mente leggendo l’intervista a Valentina Pellegrini sul Sole 24 Ore di domenica 17 gennaio. La figlia dell’imprenditore milanese Ernesto Pellegrini, importante dominus nel campo della ristorazione nonché patron dell’Inter dal 1984 al 1995, racconta a Paolo Bricco qualcosa della sua vita e, soprattutto, dell’azienda di famiglia, della quale è vicepresidente. L’incontro avviene nel ristorante Ruben, fondato nel 2014, dove si mangia (sembra molto bene) pagando un euro, concepito per coloro che improvvisamente hanno perso il lavoro, quei “poveri all’improvviso” che farebbero fatica a chiedere, i “penultimi”, come li chiama nell’intervista, ai quali viene offerta una tessera a tempo (della durata di tre mesi, naturalmente rinnovabile) affinché sia uno stimolo a riprendersi appena sarà possibile.
È una bella storia quella della famiglia Pellegrini, cominciata in una cascina della periferia milanese, vicino a Linate, dove per questa famiglia di contadini lavorava Ruben, che rimarrà senza casa quando la cascina verrà espropriata per costruire gli attuali palazzi e morirà di freddo anni dopo, all’insaputa del padre di Valentina.
Nel suo nome e nel suo ricordo nacque l’attuale ristorante, che esprime quella ambrosianità che sembra estinta, ma evidentemente sussiste ancora, se si ha la pazienza di cercarla. E appunto la milanesità è un altro tema dell’intervista, quella laboriosità veramente generosa che aiuta concretamente i poveri senza farne una bandiera ideologica, mette al centro della vita Dio e la famiglia, oltre alla città intesa come una comunità nella quale tutti gli abitanti riconoscono le proprie radici.
Mentre leggevo l’intervista mi veniva in mente l’Italia: il declino che sembra inarrestabile, il suicidio demografico, il drastico aumento della povertà in tempo di Covid e, in ultimo, l’attuale crisi politica. Una crisi di sistema, oramai, non una crisi di settore o temporanea. Una crisi globale dalla quale non si guarirà semplicemente tornando a lavorare e a guadagnare, tantomeno riacquisendo un governo che “funziona”. Una crisi dell’umano, si potrebbe dire, che negli ultimi decenni è entrata dentro le anime cercando di trasformarle e di allontanarle dalle loro radici.
Tuttavia, ho pensato, neanche la crisi peggiore è irreversibile: non si deve uccidere la speranza. Chissà quante famiglie Pellegrini ci sono ancora in Italia, nonostante la burocrazia che le frena, la politica che non aiuta e, spesso, le ostacola, un clima culturale generale che induce alla disperazione anziché ad intraprendere.
Si è vero, ancora «c’è del buono in questo mondo, padron Frodo. E’ giusto combattere per questo»…
Giovedì, 21 gennaio 2021