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CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, L’Europa delle nuove religioni, a cura di Massimo Introvigne e Jean-François Mayer, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1993, pp. 248, L. 20.000

28 Aprile 1994 - Autore: Alleanza Cattolica

Cristianità n. 227-228 (1994)

 

CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, L’Europa delle nuove religioni, a cura di Massimo Introvigne e Jean-François Mayer, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1993, pp. 248, L. 20.000

 

Nell’aprile del 1990 il CESNUR, il Cen­tro Studi sulle Nuove Religioni, ten­ne a Lugano un seminario internazio­na­­le, dedicato a un esame comparativo del­la presenza dei nuovi movimenti re­­ligiosi in dieci paesi europei, con com­menti da parte di rappresentanti di di­casteri della Santa Sede e di due esperti non europei, uno statunitense e uno giap­­ponese. Dopo una rielaborazione che ha richiesto circa tre anni — e che i curatori hanno a un certo punto dovuto per ovvie ragioni arrestare, anche se si tro­vavano di fronte a un fenomeno in con­tinuo cambiamento — Massimo In­tro­vigne — esponente di Alleanza Catto­li­ca, direttore del CESNUR e autore o cu­ratore di quindici volumi in tema di nuo­va religiosità e di magia — e Jean-Fran­çois Mayer — segretario del comita­to scientifico internazionale del CE­SNUR e autore a sua volta di otto volumi in tema di nuovi movimenti re­ligiosi — hanno raccolto una serie di interventi nel­l’opera L’Europa delle nuove religioni.

Il volume si apre con una Presentazione di S. E. mons. Giuseppe Casale (pp. 7-12), arcivescovo di Foggia-Bovino e presidente del CESNUR, importante soprattutto per l’esame del tema della libertà religiosa in Europa e nel quale viene proposta un’interpretazione della dichiarazione Dignitatis hu­ma­nae del Concilio Ecumenico Vaticano II alla luce del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, distinguendo fra i due di­versi concetti di «libertà da» e di «li­bertà per», che la dichiarazione conci­lia­re usa alternativamente e la cui con­fusione rischia di portare a gravi equi­voci (pp. 9-12).

Segue quindi un’analisi della presenza dei nuovi movimenti re­ligiosi in dieci paesi europei: Austria (pp. 15-24), Da­nimarca (pp. 25-34), Francia (pp. 35-41), Germania (pp. 43-55), Gran Bre­tagna (pp. 57-78), Italia (pp. 79-115), Olanda (pp. 117-134), Polonia (p­p. 135-146), Spagna (pp. 147-163), Svizzera (pp. 165-190). I contributi sono piuttosto diversi per ampiezza e per impo­sta­zio­ne; fra essi, tre sono particolarmente ampi e articolati, ed elencano minutamente i movimenti presenti nei rispettivi paesi oltre a fornire le coordinate per un’analisi storico-socio­lo­gica: si tratta dei saggi sulla Gran Bretagna di Eileen Barker, docente di Sociologia della Religione presso la London School of Economics, sull’Italia di Massimo Introvigne e di don Gianni Ambrosio — quest’ultimo docente di Sociologia della Religione presso la sede di Milano della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale —, e sulla Svizzera di Jean-François Mayer.

Il lettore italiano troverà particolarmente utili sia l’elenco — il più ampio fino a oggi compilato — dei nuovi movimenti religiosi e magici presenti in modo social­men­­te significa­ti­­vo in Italia (pp. 98-112), sia la proposta di una griglia d’interpretazione, che lega il successo di alcuni movimenti religiosi — e il mancato successo di altri — in Italia ai processi sociali in atto nel paese dall’Unità ai giorni nostri, e alle diverse forme di presenza della Chiesa cattolica, relativamente forte fra i ceti medi e relativamente debole sia fra i ceti più bassi — dove hanno avuto un successo per molti versi unico in Europa i testimo­ni di Geova —, sia fra i più alti, tradizionalmente lontani dal cattolicesimo a partire dal Risorgimento in molte regioni d’Italia e attirati dall’eso­te­ri­smo, dalla passione per l’Orie­nte e dallo spiritismo (pp. 80-92).

Più sintetici — ma ricchi di dati, benché presentati in modo succinto — sono i saggi sull’Austria, di Friederike Valentin, dell’Ufficio pastorale del­l’ar­ci­diocesi di Vienna; sulla Danimarca, di Johannes Aagaard, che dirige ad Aarhus il Dialog­cen­tret, un centro internazionale ecu­me­nico — di origine luterana — per lo studio della nuova religiosità; sull’Olanda, di Reen­der Kranenborg, professore di Scienze Reli­gio­se all’Università di Amsterdam. Per quanto riguarda la Spagna, padre Juan Bosch O.P., del Cen­tro Ecumenico di Valencia, ha il merito di aver rico­struito pa­zientemente una situazione su cui, al di là di una letteratura giornalistica o po­lemica, non esistevano in precedenza analisi attendibili; lo stesso vale per il lavoro relativo alla Polonia di Tadeusz Doktòr, che insegna Sociologia della Re­ligione all’Università di Cra­co­via. Don Yvon Le Mince, della Commissione Pastorale e Sette della Conferenza Episcopale Francese, e il professor Rai­n­er Flasche, docente di Sociologia della Religione presso l’Università Phi­li­ps di Marburgo, hanno preferito limitarsi — per la Francia e per la Germania — a commenti sulle linee di tendenza genera­li, senza addentrarsi nell’esame di casi specifici, su cui esiste del resto, per i loro paesi — a differenza di altri —, una letteratura abbastanza ampia e non troppo difficilmente accessibile.

Se si con­fron­­tano i dieci saggi, ci si rende conto che tutti sottolineano la stessa caratteristica, relativamente uniforme fra l’Europa Settentrionale e Meridionale, Occidentale e Orientale: in generale, i nuovi movimenti religiosi non hanno avuto in Europa un grande successo, e in nessun paese sembrano coinvolgere a titolo di veri e propri membri o adepti più del 2% della popolazione. Le ecce­zio­­ni — il successo unico al mondo dei testimoni di Geova in Italia, la buona diffusione di alcuni gruppi orientali in Inghilterra e della Scien­to­lo­gia in Danimarca — confermano sostanzialmente la regola. Per converso, le nuove creden­ze religiose — la nuova religiosità — è un fenomeno di dimensioni molto più vaste, che coinvolge in ciascun paese — Polonia, sorpren­den­te­mente, com­presa — da un quarto a un terzo della popolazione.

Anche se il volume si oc­cupa di movimenti, non di credenze, quasi tutti gli autori fanno cenno alle impressionanti statistiche relative alla credenza nella rein­car­na­zio­ne, e affermano che la grande diffusione della nuova religiosità si riverbera nell’ampio ventaglio di movimenti presenti: il numero dei movimenti cresce continua­mente, anche se non cresce in modo altrettanto significativo il numero com­ples­­sivo degli adepti.

L’Europa, da questo punto di vista, non è troppo diversa dagli Stati Uniti d’America, come osserva nel suo importante contributo J. Gordon Melton, docente di Scienze Religiose presso l’Università della California, a Santa Barbara (pp. 193-208): le differenze che molti ritengono di scorgere — affer­ma — sono spesso mitologiche, e corrispondono a miti sulla religione negli Stati Uniti d’America, che gli studiosi americani di scienze religiose hanno ampiamente smentito negli ultimi anni. Dal Giappone, Isamu Nagami — docen­te di Filosofia della Religione presso la Rikkyo University — ha voluto proporre un commento, a sua volta di notevole in­teresse, soprattutto di carattere me­to­do­logico (pp. 209-225), denunciando il posi­ti­vi­smo che ha dominato le scienze religiose in Europa, che dall’Europa è passato nelle università giapponesi e i cui pregiudizi hanno impedito di scorge­re subito il pro­­prium dei nuovi movimen­ti religiosi, una presenza quanti­ta­ti­va­men­te rile­van­­tissima — circa il dieci per cento della popolazione in Giappone —, che consiste in un’esperienza spe­cificamente religiosa irrudicibile alla sua cornice so­ciologica.

Il volume si chiude con due interventi di rappresentanti di dicasteri della Santa Sede: le dottoresse Elisabeth Peter, austriaca, del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i Non Credenti — ora confluito nel Pontificio Consiglio per la Cultura — (pp. 227-235), e Teresa Gonçalves, portoghese, del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso (pp. 236-242). Entrambe — sulla scia dei documenti più recenti della Santa Sede in materia — manifestano preoccupazione per la presenza dei nuovi movimenti religiosi in Europa che, seppure non deve essere — come troppo spesso avviene — so­prav­­va­lutata nelle sue dimensioni quan­ti­ta­ti­ve, costituisce tuttavia la spia, il sintomo e la conseguenza di una più preoccupante presenza della nuova re­li­giosità, che è a sua volta una sfida ra­dicale e un pericolo potenzialmente gravissimo per la fede cattolica.

 

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