E rimane sempre in cammino chi, come diceva sant’Agostino, lo fa per il Signore. Lo stesso giorno del Giubileo dei cori e delle corali Papa Leone XIV conferma la Chiesa nella Fede nicena
di Michele Brambilla
Il 23 novembre, solennità di Cristo Re, Papa Leone XIV celebra la Messa per il Giubileo dei cori e delle corali. Come osserva lo stesso Santo Padre nell’omelia, «nel Salmo responsoriale abbiamo cantato: “Andremo con gioia alla casa del Signore” (cfr Sal 121). La Liturgia odierna ci invita, dunque, a camminare insieme nella lode e nella gioia incontro al Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, Sovrano mite ed umile, Colui che è principio e fine di tutte le cose. Il suo potere è l’amore, il suo trono è la Croce e, per mezzo della Croce, il suo Regno si irradia sul mondo. “Dalla Croce egli regna” (cfr Inno Vexilla Regis) come Principe della pace e Re di giustizia».
Il canto liturgico è quindi l’espressione della gioia che viene dalla presenza viva e vivificante del Signore in mezzo a noi, ma è anche un servizio indispensabile per accrescere la bellezza dei riti cattolici e «per l’edificazione spirituale dei fratelli (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 120). Il vostro compito è quello di coinvolgerli nella lode a Dio e di renderli maggiormente partecipi dell’azione liturgica attraverso il canto», ribadisce il Papa.
«Il canto, in modo particolare, rappresenta un’espressione naturale e completa dell’essere umano: la mente, i sentimenti, il corpo e l’anima qui si uniscono insieme per comunicare le cose grandi della vita. Come ci ricorda Sant’Agostino: “Cantare amantis est” (cfr Sermo 336,1), ossia, “il canto è proprio di chi ama”: colui che canta esprime l’amore, ma anche il dolore, la tenerezza e il desiderio che albergano nel suo cuore e, nello stesso tempo, ama colui a cui rivolge il suo canto (cfr Enarrationes in Psalmos, 72,1)»: è in questo senso che si avvera un altro celebre detto agostiniano, secondo il quale chi canta prega due volte.
«Sant’Agostino ci esorta, ancora, a camminare cantando, come viandanti affaticati, che trovano nel canto un anticipo della gioia che proveranno quando raggiungeranno la loro meta. “Canta ma cammina […] avanza nel bene” (Sermo 256, 3). Far parte di un coro significa, quindi, avanzare insieme prendendo per mano i fratelli, aiutandoli a camminare con noi e cantando con loro la lode di Dio, consolandoli nelle sofferenze, esortandoli quando sembrano cedere alla stanchezza, dando loro entusiasmo quando la fatica sembra prevalere. Cantare ci ricorda», inoltre, «che siamo Chiesa in cammino, autentica realtà sinodale, capace di condividere con tutti la vocazione alla lode e alla gioia, in un pellegrinaggio d’amore e di speranza».
Il Papa cita in proposito un altro grande Padre della Chiesa: «Dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canta a Gesù Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell’armonia del vostro accordo prendendo nell’unità il tono di Dio, cantiate a una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca per le buone opere» (S. Ignazio di Antiochia, Agli Efesini,IV). La liturgia cattolica non si rivolge, infatti, ad un Dio generico, ma a Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo: proprio nella festa di Cristo Re Leone XIV firma la lettera apostolica In unitate fidei sui 1700 anni dal Concilio Niceno I (325).
Tornando all’omelia della Messa, il Pontefice interpella a questo punto i tantissimi coristi presenti, ricordando loro che «il vostro è un vero ministero che esige preparazione, fedeltà, reciproca intesa e, soprattutto, una vita spirituale profonda,che, se voi cantando pregate, aiutate tutti a pregare. È un ministero che richiede disciplina e spirito di servizio, soprattutto quando bisogna preparare una liturgia solenne o qualche evento importante per le vostre comunità». «Il coro è una piccola famiglia di persone diverse unite dall’amore per la musica e dal servizio offerto. Ricordate, però, che la comunità è la vostra grande famiglia: non le state davanti, ma ne siete parte, impegnati a renderla più unita ispirandola e coinvolgendola», senza autoreferenzialità o chiusure. Le tensioni nei cori sono all’ordine del giorno, come sempre quando convivono diversi talenti: in fondo, «il coro è un po’ un simbolo della Chiesa che, protesa verso la sua meta, cammina nella storia lodando Dio. Anche se a volte questo cammino è irto di difficoltà e di prove, e ai momenti gioiosi se ne alternano altri più faticosi, il canto rende più leggero il viaggio e reca sollievo e consolazione».
Bisogna quindi impegnarsi nel rendere armonici anche i rapporti umani. Non solo: «Studiate attentamente il Magistero, che indica nei documenti conciliari le norme per svolgere al meglio il vostro servizio. Soprattutto, siate capaci di rendere sempre partecipe il popolo di Dio, senza cedere alla tentazione dell’esibizione che esclude la partecipazione attiva al canto di tutta l’assemblea liturgica. Siate, in questo, segno eloquente della preghiera della Chiesa, che attraverso la bellezza della musica esprime il suo amore a Dio. Vigilate affinché la vostra vita spirituale sia sempre all’altezza del servizio che svolgete», sotto l’alto patronato della martire santa Cecilia, «la vergine e martire che qui a Roma con la sua vita ha innalzato il canto d’amore più bello, dandosi tutta a Cristo e offrendo alla Chiesa la sua luminosa testimonianza di fede e di amore».
Come nei primi secoli, l’armonia tra i cattolici gioca un ruolo fondamentale nello spingere ad aderire alla Chiesa. Prima della preghiera dell’Angelus il Papa accenna «ai fedeli provenienti da alcune Diocesi dell’Ucraina: portate in patria l’abbraccio e la preghiera di questa Piazza», che vuole essere così unita da superare i confini creati dai conflitti armati. Sempre esortando ad una unità non solo teorica con tutti i fedeli cattolici nel mondo, Leone XIV depreca i rapimenti di massa avvenuti in Nigeria e Camerun, dove le milizie islamiste hanno sequestrato sacerdoti, studenti di scuole cattoliche e semplici fedeli. «Sento forte il dolore soprattutto per i tanti ragazzi e ragazze sequestrati e per le loro famiglie angosciate. Rivolgo un accorato appello affinché vengano subito liberati gli ostaggi ed esorto le Autorità competenti a prendere decisioni adeguate e tempestive per assicurarne il rilascio», esorta il Santo Padre.
Lunedì, 24 novembre 2025
