Di Gaetano Masciullo dal portale cattolico svizzero catt.ch del 08/05/2020
Tra le varie conseguenze (tantissime positive, ma anche tante negative) che la digitalizzazione ha comportato per le nostre vite, ce ne sono alcune che riguardano la sfera affettiva. Si tratta evidentemente di conseguenze importanti, sulle quali possiamo riflettere in questi giorni difficili. Ormai da tanti anni, si sta diffondendo quello che potremmo chiamare «amore per l’esotico», quell’amore cioè che si prova verso persone e cose che sono molto distanti da noi (spazialmente o temporalmente) a discapito di ciò che ci è vicino. Questo amore è spesso e volentieri sintomo di un disagio spirituale. Infatti, spesso tendiamo ad amare ciò che è distante perché non è direttamente conoscibile. Ciò che conosciamo attraverso i sensi – ciò che possiamo vedere e toccare con mano – è sempre spiazzante, è in un certo senso traumatico. Essere chiamati ad amare chi ci è vicino (chi è «prossimo» nel vero senso della parola) significa essere disposti alla pazienza, alla comprensione, ai sacrifici. Lo vediamo in questi giorni di lockdown con la compresenza, per lungo tempo, negli stessi ambienti. Abbiamo riscoperto gli aspetti positivi, ma anche quelli più negativi, dello stare insieme, e forse sono proprio questi ultimi che rappresentano la sfida più grande.
Amare qualcuno o qualcosa che è virtuale potrebbe persino risultare molto più comodo, perché l’oggetto amato rischia di essere in alcune circostanze (specialmente se abbiamo con esso solo una relazione digitale) una proiezione della nostra fantasia o dei nostri desideri: amiamo noi stessi, ma ci illudiamo, ci convinciamo di amare qualcosa di differente da noi stessi e, questo ci fa credere buoni alla nostra coscienza. Questo fenomeno è purtroppo molto diffuso tra i più giovani. Questo ovviamente non significa che dobbiamo dimenticare gli aspetti più positivi della realtà digitale: per esempio, la solidarietà ha assunto una dimensione globale anche grazie ad essa. Non bisogna però mai dimenticare che è nei rapporti con chi ci è più prossimo che mettiamo davvero alla prova la nostra capacità di amare.
Oltre all’esotismo spaziale, esiste anche un esotismo temporale, tipico di coloro che nostalgicamente si richiudono in tempi passati e al contempo mitizzati, per ovviare alle difficoltà del presente, ritenute così insormontabili: questo amore è più diffuso di quanto si creda e ci giustifica, ci de-responsabilizza dinanzi alle difficoltà del presente. Contro queste minacce, già sant’Agostino commentava:
«Tutti gli uomini devono essere amati con uguale amore, ma poiché non potresti giovare a tutti, devi provvedere soprattutto a quelli che ti sono più strettamente congiunti – quasi per una specie di sorte – secondo i luoghi, i tempi o qualsiasi altra circostanza»
(Dottrina cristiana I, 28, 29).
Fermiamoci un attimo, allora, e rivolgiamoci la stessa domanda che un dottore rivolse a Gesù: «Chi è il mio prossimo?» (Lc 10, 29).
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