Chiara Mantovani, Cristianità 328 (2005)
Con frequenza accentuata dalla scadenza referendaria del 12 e 13 giugno 2005, viene da chiedersi che cosa pensare di tutte le stranezze che i mass media quotidianamente comunicano in materia di fecondazione artificiale. Mamme ultrasessantenni, bambini nati da donne che non vogliono più restituirli a chi li ha “commissionati”, fratelli fatti nascere per donare cellule capaci di guarire sorelle ammalate e donne disperatamente alla ricerca di chi restituisca loro un figlio perduto: da tempo tutto questo e molto ancora è entrato nella cronaca della modernità. Saper rispondere, non solo alla legittima curiosità verso tali e tante novità, ma ancora di più all’encomiabile desiderio di scoprire il senso profondo di questi stravolgimenti epocali della generazione umana, è il grande merito dell’opera di Claudia Navarini.
Laureata in Filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, professore stabile di Etica nella Fase Terminale della Vita presso la facoltà di Bioetica dell’Università Pontificia Regina Apostolorum, socio cooperatore di Alleanza Cattolica e membro della Commissione Scientifica della Confederazione dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana, collaboratrice del quotidiano Avvenire, Claudia Navarini è autrice di varie pubblicazioni, fra le quali spicca Procreazione assistita? Le sfide culturali: selezione umana o difesa della vita.
Con una Presentazione (pp. 7-9) di padre Gonzalo Miranda L. C., decano del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, l’autrice affronta con sistematicità i grandi temi oggi chiamati in causa in quell’ambito particolare che è la procreatica umana. Nell’Introduzione (pp. 11-14), l’autrice sostiene che, “impercettibilmente, ma inesorabilmente, l’idea di figlio è cambiata. […] Per alcuni il figlio è divenuto allora un necessario “completamento” del proprio progetto di vita, una forma imprescindibile di auto-realizzazione, e infine un diritto” (p. 11).
A partire da questa semplice ma necessaria constatazione, l’autrice elabora una descrizione della realtà fattuale e di significato dei fenomeni che sono oggetto della legge 40/2004 e delle modifiche che a essa intendono portare le rivendicazioni referendarie.
Nel primo capitolo, La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (pp. 15-37), si descrive la tanto discussa legge 40: a chi piace? Certamente non alle varie decine di migliaia di minuscoli, ma non per questo meno umani, embrioni congelati presenti nei vari centri medici della Repubblica Italiana, “prodotti” senza alcuna remora né restrizione prima dell’entrata in vigore della legge. E, se dal febbraio del 2004 qualcosa è cambiato, indubitabilmente in meglio rispetto a prima, “non è nemmeno lecito cantare vittoria, come se le innovazioni introdotte dalla legge costituissero un reale progresso civile e culturale. Ora infatti, pur con tutte le limitazioni previste dalla legge, siamo un paese che ufficialmente ammette e sostiene, anche economicamente, la fecondazione artificiale nella forma omologa” (p. 15).
L’analisi dell’articolato legislativo è affiancato da riflessioni nell’ordine dell’analisi filosofica di quanto ha ispirato il legislatore — ma, più esattamente, i vari legislatori che, nel corso del lungo iter parlamentare, hanno contribuito alla stesura del testo infine approvato — e di quanto ispira tuttora gli avversari della stessa legge, nonché i promotori di modifiche tanto sostanziali da renderla, se disgraziatamente accolte, profondamente e sostanzialmente differente. Anche l’analisi delle poco conosciute Linee-guida in materia di procreazione assistita, pubblicate nel mese di agosto del 2004 (pp. 19-25) — “[…] linee-guida che non costituiscono, secondo quanto stabilito dalla legge, una modifica sostanziale della normativa, ma forniscono alcune precisazioni e approfondimenti” (p. 20) —, è un’acuta disamina di quanto ancora resti da fare per raggiungere il traguardo di un reale rispetto di ogni vita umana. In questo capitolo è anche preziosa l’enunciazione ragionata dei quesiti referendari: al di là degli slogan, è finalmente comprensibile che cosa hanno davvero in mira i promotori.
Nel secondo capitolo, Chiesa Cattolica, fecondazione artificiale e legge 40 (pp. 39-52), vengono offerti utili spunti per una valutazione d’insieme del problema, collocato nel contesto dell’antropologia cattolica. Una rapida, ma significativa, rassegna dei più autorevoli pronunciamenti magisteriali rende evidente che le “motivazioni addotte dal Magistero della Chiesa non fanno riferimento a proposizioni di fede o a questioni dogmatiche, ma ad argomenti di ragione a tutti accessibili” (p. 39).
Nel terzo capitolo viene affrontato un argomento tanto difficile quanto decisivo; anzi, per quanto riguarda l’ambito bioetico, si potrebbe dire l’argomento per eccellenza: L’identità dell’embrione umano (pp. 53-60). Il merito di Claudia Navarini a questo proposito sta nel trattarlo a partire da considerazioni “quotidiane”, quelle cioè che animano il dibattito corrente, non quello appassionato ma esclusivo del linguaggio strettamente filosofico e medico-specialistico. L’imprescindibile dimensione personale di ogni essere umano (p. 57) diventa così la consolante certezza dell’uomo “normale”, di colui che da sempre è consapevole che la vita umana si dipana attraverso tempi successivi che solo la semantica, e non certo l’ontologia, designano come differenti. Il rischio della reificazione del figlio nelle tecniche, per quanto riguarda i medici, e nelle prassi, per quanto riguarda le coppie o i singoli richiedenti, di procreazione medicalmente assistita è ormai una tendenza: è importante la sottolineatura che ne fa l’autrice, perché può essere un’autorevole messa in guardia relativamente a un’implicazione culturale strutturale e non occasionale, come forse in molti vorrebbero far pensare.
Lo spinoso problema della fecondazione eterologa è esaminato nel quarto capitolo, là dove lo spunto da cui scaturisce la riflessione è ancora un dibattutissimo tema: Famiglia o famiglie? (pp. 61-70). La constatazione che le rivendicazioni della liceità, e del riconoscimento formale di questa presunta liceità, delle coppie omosessuali è un tema già presente nei parlamenti di vari Stati europei e inizia a essere presente anche nelle legislazioni, è l’occasione per evidenziare i casi concreti in cui si potrebbe destrutturare una società civile, tanto più inquietanti quanto sempre più corrispondenti alla cronaca piuttosto che alla fantascienza. La fecondazione eterologa, proprio perché gode di una comunicazione patinata e discreta, che non fa leva su argomenti ancora troppo “audaci” per la sensibilità comune, non è percepita nella sua complessità di forza dirompente della realtà naturale della famiglia. Giunge così ad avanzata maturazione quel processo rivoluzionario che ha visto erodere nei secoli, ma con accelerata velocità e virulenza negli ultimi decenni, il ruolo sociale della famiglia fondata sull’unione, stabilizzata dal patto coniugale, fra un uomo e una donna. Se le parole “padre”, “madre”, “figlio” perdono il loro significato univoco, per diventare un ulteriore terreno di contrattazione, non può che aggravarsi lo scontro fra generazioni e fra civiltà.
Nel quinto capitolo l’autrice tratta del rapporto fra La ricerca scientifica e l’embrione (pp. 71-89), cercando di smascherare alcuni fra i più diffusi — e falsi! — luoghi comuni a proposito della presunta ostilità degli avversari del referendum alla ricerca e al progresso scientifici. Forse è proprio questo l’ambito in cui si sono sentite le più grandi sciocchezze scientifiche, accompagnate da un’ostentazione della superiorità del dato empirico — il più delle volte solo supposto e mai verificato — sulla riflessione rispettosa dei fatti e dei valori in gioco. Sono chiare ed essenziali le informazioni tecniche che l’autrice fornisce al lettore, mostrando così come, ancora una volta, il “trasbordo ideologico inavvertito” possa avvantaggiarsi da una volutamente inesatta semantica: chi mai se la sentirebbe di negare al malato la possibilità di essere curato? Ma, contemporaneamente, chi autorizzerebbe la sperimentazione sui propri figli, sapendo di riservare loro solo il ruolo di cavie? Ecco un esempio di come si può descrivere in modo tanto diverso una stessa azione: e certo non stupirà se le due prevedibili reazioni saranno decisamente opposte fra loro!
Nell’ultimo capitolo, il settimo, Selezione embrionale e deriva eugenetica (pp. 91-109), Claudia Navarini si sofferma con particolare attenzione sulle possibili derive eugenetiche della selezione pre-impianto, mostrando come queste siano inscritte, e non accidentali, nelle pratiche di FIVET, la Fecondazione In Vitro Embryo Transfer. Questo aspetto, ancora troppo trascurato nel dibattito pubblico, rappresenta un elemento qualificante e innovativo nella trattazione dell’autrice, prefigurando aspetti decisivi delle discussioni bioetiche negli anni a venire.
Chiara Mantovani