Al di sopra di ogni sospetto
CONFERME E PRECISAZIONI A PROPOSITO DEL GRECE E DI «NOUVELLE ECOLE»
In una lettera a Cristianità, Giorgio Locchi, autorevole redattore di Nouvelle Ecole, conferma la correttezza della nostra analisi del GRECE e ribadisce esplicitamente i motivi dottrinali ispiratori del movimento, che erano stati all’origine del nostro intervento. Emerge ancora una volta da questa querelle, che riteniamo conclusa, la necessità di difendere il mondo anti-comunista da infiltrazioni anti-cattoliche.
Nel dicembre del 1977 Cristianità ha pubblicato uno studio di Massimo Introvigne sul movimento GRECE e sulla rivista Nouvelle Ecole (1), studio anzitutto descrittivo e quindi apertamente polemico. Tale scritto ha suscitato la indignazione del redattore capo di Nouvelle Ecole, Alain de Benoist, espressa in una lettera diretta a Cristianità, e da Cristianità a suo tempo pubblicata e commentata (2).
Credevamo che la querelle fosse terminata, e almeno da parte nostra la davamo per conclusa. L’autunno, invece, ci ha portato un nuovo intervento sulla materia, questa volta di Giorgio Locchi, autorevole redattore di Nouvelle Ecole e corrispondente da Parigi de Il Tempo di Roma. Perciò, dopo avere atteso di trovarne adeguata sistemazione redazionale, riteniamo corretto dare spazio anche alla presa di posizione di Locchi, affinché, tra l’altro e per la ennesima volta, audiatur et altera pars.
Evidentemente la ospitalità che offriamo alla lettera ricevuta non è acritica, o almeno priva di commento, anche se lo scritto si commenta ampiamente da sé. Le considerazioni che suggerisce sono, comunque, di due ordini: si tratta, anzitutto, di conferme, e, quindi, di precisazioni.
Cominciamo con le conferme. Giorgio Locchi riconosce che «il saggio di Introvigne […] è […] abbastanza informato rispetto a tanti altri pubblicati sul movimento di idee che fa capo al G.R.E.C.E. ed a “Nouvelle Ecole”, e perfino “onesto”, se si tien conto che l’autore è un avversario dichiarato. L’esposizione della nostra “visione del mondo” è abbastanza esatta, ecc.»; e conclude affermando: «non mi sono sentito in alcun modo “diffamato” dallo scritto di Massimo Introvigne».
Francamente, non potevamo e non possiamo desiderare di più, dopo la indignazione di Alain de Benoist, che ci accusava di utilizzare il metodo dell’amalgama e della estrapolazione, ecc. È il nostro turno per dire che, «se si tien conto che l’autore è un avversario dichiarato», le frasi inequivocabili di Giorgio Locchi riescono per noi assolutamente liberatorie da ogni accusa anche non viscerale, sia per la fonte da cui provengono, nel genere autorevole, sia per la sostanza, solo attenuata da due più che prevedibili «abbastanza», la cui natura di clausole non può sfuggire a nessuno.
Venendo alle precisazioni, che tentano di fondare e giustificare gli «abbastanza» sopra ricordati, esse riguardano più punti, che richiedono di essere esaminati partitamente e in dettaglio.
In primo luogo, Giorgio Locchi lamenta una scarsa valutazione per la evoluzione del pensiero di Alain de Benoist. Dobbiamo rispondere che non abbiamo inteso descrivere la «storia intellettuale» di nessuno, ma solamente illustrare la «visione del mondo» del movimento GRECE e della rivista Nouvelle Ecole, sulla cui formazione non abbiamo mancato di segnalare la influenza del nostro corrispondente stesso; e di tale influenza riceviamo, dalla sua lettera, puntuale e preziosa conferma, con la indicazione, inoltre, della modalità attraverso cui si è esercitata, e cioè agendo sul pensiero di Alain de Benoist.
In secondo luogo, circa «l’eccesso di leggerezza (o di ignoranza?) con cui l’Introvigne parla di questioni indoeuropee, ecc.», e circa «la contrapposizione tra “uomo magico” e “uomo religioso”», notiamo: 1) che Massimo Introvigne non intende certo presentarsi come esperto di questioni indo-europee, ma che la sua «leggerezza» in proposito deve essere meno che «eccessiva», se, considerata la importanza del tema nella esposizione della «visione del mondo» del GRECE e di Nouvelle Ecole, tale esposizione rimane, nonostante tutto e a detta del nostro stesso contraddittore, «abbastanza esatta»; 2) che se «magia» significa qualcosa, non è certamente un sinonimo di ascesi, come ci propone Giorgio Locchi, esplicitamente e «per definizione», risolvendola in «autodomesticazione umana».
In terzo luogo, l’autorevole redattore di Nouvelle Ecole dice che il nostro «commento alla lettera di de Benoist [lo] costringe […] a precisare, a scanso di equivoci e confusioni, che non [gli] è mai accaduto di condannare pubblicamente “ogni forma di totalitarismo, razzismo, colonialismo”, giacché non ne [ha] avvertito alcun bisogno, e di imbastire prediche sulla tolleranza e la democrazia».
Prendiamo atto di quanto il nostro corrispondente afferma, ma dobbiamo a nostra volta precisare che le asserzioni che lo costringono alle messe a punto riportate non sono assolutamente contenute né nello studio di Massimo Introvigne, né nel nostro commento alla lettera di Alain de Benoist, bensì nella lettera stessa; e la diversa collocazione non è indifferente, perché situa i problemi in un altro ambito, riguardante le consonanze o le divergenze ideologiche tra collaboratori del GRECE e di Nouvelle Ecole, ed escludendoci così, felicemente, dalla necessità di intervenire in questioni domestiche altrui.
In quarto luogo, Giorgio Locchi lamenta che nello scritto comparso su Cristianità vengano attribuite al GRECE e a Nouvelle Ecole «“opinioni” la cui espressione è notoriamente interdetta dalla legge attuale»; parla di «insinuazioni e di interrogativi retorici», «manifestazione psicologica di un avversario a corto di argomenti»; si permette, infine, se non di accusarci, almeno di ipotizzare per noi il rischio di «assumere un ruolo di delatore».
L’ipotesi è grave, e l’uso assolutamente improprio dei termini può essere benevolmente attribuito soltanto alla lunga permanenza all’estero del nostro contraddittore. Già più sopra, infatti, tacciava Massimo Introvigne di parlare con leggerezza di questioni indo-europee, «perché lo adombra l’incontrovertibile fatto storico che Roma ed Ellade furono indo-europee ed ebbero divinità indo-europee, prima che “luce” venisse loro ex oriente», dove il testo è reso incomprensibile, o almeno scarsamente perspicuo, da un «lo adombra», che solo ad sensum può diventare un «gli fa ombra, gli fa velo, costituisce un ostacolo»!
«Delatore», dunque, da vocabolario corrente della lingua italiana, significa «chi, non per senso di giustizia, né perchè è stato danneggiato, ma per denaro o altro interesse, denuncia ad altri la colpevolezza o gli atti di qualcuno». Sempre un comune vocabolario della nostra lingua dà come sinonimi di «delatore» «spia» e «informatore». Di «informatore» viene data la seguente definizione: «chi fornisce notizie rimanendo nell’ombra», e «spia» si dice di «chi, per mercede, dissimulando il suo scopo, indaga nascostamente per carpire i segreti di chi non diffida di lui, e riferirli ad altri».
Come si può vedere, l’ipotesi accusatoria non è suffragata da nulla di quanto abbiamo fatto, dal momento che ci siamo limitati a descrivere pubblicamente scritti e dottrine pubblicate, e in modo tale che, anche chi sostiene tali dottrine, deve dichiarare, e dichiara, di non sentirsi «in alcun modo “diffamato”», cioè male descritto! Se quindi, nel quadro, vi è qualche cosa di rischioso, è costituito dalla grave superficialità e dalla palese incoerenza del nostro contraddittore, di cui evidentemente non condividiamo né le tesi, né il tour d’esprit relativistico denunciato dalle considerazioni riferite. Come abbiamo spesso occasione di affermare, non siamo assolutamente «liberali», e quindi non avremmo remore alla pubblica denuncia, per esempio, di propagandisti della omosessualità in un regime che felicemente la condannasse. Oppure qualcuno considererebbe marchio di infamia svelare l’artificio di chi, in tale situazione, non sostenesse la omosessualità, ma presentasse tale deviazione come forma di una superiore espressione di virilità o di femminilità? È forse «delatore» chi denuncia il lupo travestito da agnello, che si è infiltrato o tenta di infiltrarsi nel gregge? Quale equivoca nozione di fratellanza, di solidarietà con il lupo, pub pretendere di squalificare tale opera meritoria?
Quanto, poi, alle pretese «insinuazioni» e ai presunti «interrogativi retorici» lamentati da Giorgio Locchi, affermiamo apertis verbis che non erano né insinuazioni né interrogativi retorici, tesi a coprire scarsità di argomenti; si trattava, semplicemente, di ipotesi di studio e di interrogativi reali, che però la lettera che stiamo esaminando ha trasformato in certezze. Perciò – se mai avremo ancora a interessarci di Nouvelle Ecole, del GRECE e degli scritti di Giorgio Locchi – tali formule non verranno più da noi usate, essendo ormai passati dall’incerto al certo. Se prima avevamo dei dubbi, ora, dopo la indignazione di Alain de Benoist e le conferme liberatone di Giorgio Locchi, siamo sicuri di avere colpito nel segno, descrivendo le idee del movimento GRECE e della rivista Nouvelle Ecole, e ipotizzandone correttamente la natura.
E non è assolutamente il caso che il nostro contraddittore tema per i nostri intelligenti lettori. Essi infatti – mentre Alain de Benoist e Giorgio Locchi divergono sulla opportunità o meno di definire il cristianesimo «religione» oppure «superstizione», ed esprimono opinioni e sentimenti talora contrastanti a proposito del saggio di Massimo Introvigne – possono ormai eliminare da tale studio i maggiori interrogativi – solo dopo la lettera di Locchi divenuti veramente retorici – e scegliere serenamente tra la verità cattolica e una delle tante forme dell’errore, vecchio e nuovo. Sicut erat in votis.
NOTE
(1) Cfr. MASSIMO INTROVIGNE, GRECE e «Nouvelle Ecole», in Cristianità, anno V, n. 32, dicembre 1977.
(2) Cfr. L’indignazione infondata di «Nouvelle Ecole», ibid., anno VI, n. 37, maggio 1978.