Tornare allo “spirito” di Pratica di Mare per non cadere nella trappola, da una parte, della mistica del “Mondo Russo” e, dall’altra, di una sterile oikofobia
di Stefano Nitoglia
Lo confesso. Putin mi sta simpatico. Non ci posso fare niente. È una questione di pelle. Con la sua faccia sorniona, da furbo mugiko russo, con il suo incedere dondolante, mi sta simpatico. Certo, questo non vuol dire che condivida la sua ideologia e la sua prassi politica: assolutamente no! Non dimentico la sua provenienza dal KGB, né i suoi metodi spicci nel liberarsi degli oppositori politici. E neppure l’aggressione all’Ucraina, per la quale, però, pur senza scusarlo, gli concederei la circostanza attenuante della provocazione. E, in questo caso, la provocazione è consistita nel dare la sensazione a Putin di sentirsi accerchiato dall’Occidente. Una sensazione, forse, più che una realtà. Ma, spesso, basta a scatenare gli istinti più bestiali. Normalmente, quando si litiga, c’è sempre un concorso di colpa.
Ricordo con nostalgia i bei tempi di Pratica di Mare, quando, con la firma degli accordi fra la Russia e la NATO, nella base dell’aeronautica italiana, il 28 maggio 2002, complice Silvio Berlusconi, i rapporti tra Russia e Occidente raggiunsero la loro fase migliore. Da allora, non so perché, i rapporti si sono guastati e siamo arrivati alla guerra contro l’Ucraina. Con la conseguenza di spingere la Russia nelle braccia della Cina comunista, vero competitor degli Stati Uniti.
Conosco l’ideologia del “Mondo Russo”, il Russkij Mir, la missione provvidenziale di Mosca “Terza Roma”, che è quella che muove Putin. Mi è nota la situazione sociologica della Russia, con la società distrutta, frantumata, spappolata da 70 e più anni di Rivoluzione comunista, le potenze dell’anima annichilate, la scomparsa delle élite a causa delle persecuzioni cekiste. O l’alcolismo diffuso, l’aborto frequentissimo, la pratica religiosa ridotta al lumicino, nonostante le rutilanti cerimonie liturgiche e le affermazioni sull’Occidente corrotto del patriarca Kirill. Dall’altra parte, neppure l’Occidente se la passa tanto bene. Inverno demografico, relativismo imperante, chiese e seminari sempre più vuoti, aborto e divorzio considerati cose normali, teoria gender e chi più ne ha più ne metta.
Ma poi penso anche alla Corte suprema statunitense, che ha abolito la storica sentenza Roe v. Wade con cui, nel 1973, la stessa Corte aveva legalizzato l’aborto negli Usa. «La Costituzione non conferisce il diritto all’aborto», si legge nella sentenza. La decisione è stata presa da una Corte divisa, con 6 voti a favore e 3 contrari. E so che questo è stato possibile grazie ad anni ed anni di campagne del movimento americano “pro life” e all’azione culturale e pre-politica dei gruppi conservatori statunitensi, che hanno permesso l’elezione a presidente di Donald Trump, colui che ha nominato i giudici conservatori che hanno permesso il ribaltamento della Roe v. Wade.
Insomma, da una parte abbiamo una società libera, ancora ricca di fermenti culturali, che lascia spazio, anche se ridotto, ad un’azione controrivoluzionaria. Dall’altra una società dispotica, in cui il dissenso viene represso senza pietà e dove non è praticamente possibile svolgere un’azione controrivoluzionaria. E allora, caro Vladimir, anche se mi stai simpatico, scelgo l’Occidente, pur con tutti i suoi difetti. Nell’attesa e nella speranza che le circostanze facciano tornare i bei tempi di Pratica di Mare. La Russia, che ora guarda verso un Oriente selvaggio, e l’intero oriente Europeo si volgano ancora verso Occidente e, insieme, lavino i reciproci difetti, tornando ad essere i due polmoni della Chiesa e della società civile sognati da san Giovanni Paolo II.
Martedì, 7 marzo 2023