Non basta la preghiera, ci vuole un’attenta valutazione della nostra persona per comprendere la volontà di Dio su di noi
di Michele Brambilla
«Continuiamo a trattare», dice Papa Francesco aprendo l’udienza del 5 ottobre, «il tema del discernimento. La volta scorsa abbiamo considerato come suo elemento indispensabile quello della preghiera, intesa come familiarità e confidenza con Dio», ma «oggi vorrei, in maniera quasi complementare, sottolineare che un buon discernimento richiede anche la conoscenza di sé stessi. Conoscere sé stesso. E questo non è facile», perché «alla base di dubbi spirituali e crisi vocazionali si trova non di rado un dialogo insufficiente tra la vita religiosa e la nostra dimensione umana, cognitiva e affettiva».
Il Papa cita in proposito un confratello gesuita: «sono giunto alla convinzione che l’ostacolo più grande al vero discernimento (e ad una vera crescita nella preghiera) non è la natura intangibile di Dio, ma il fatto che non conosciamo sufficientemente noi stessi, e non vogliamo nemmeno conoscerci per come siamo veramente. Quasi tutti noi ci nascondiamo dietro a una maschera, non solo di fronte agli altri, ma anche quando ci guardiamo allo specchio» (padre Thomas Hill Green, Il grano e la zizzania, Roma, 1992, p.25).
Si può quindi dedurre che «la dimenticanza della presenza di Dio nella nostra vita va di pari passo con l’ignoranza su noi stessi – ignorare Dio e ignorare noi -, ignoranza sulle caratteristiche della nostra personalità e sui nostri desideri più profondi». In fin dei conti «conoscere sé stessi non è difficile, ma è faticoso: implica un paziente lavoro di scavo interiore. Richiede la capacità di fermarsi, di “disattivare il pilota automatico”, per acquistare consapevolezza sul nostro modo di fare, sui sentimenti che ci abitano, sui pensieri ricorrenti che ci condizionano, e spesso a nostra insaputa. Richiede anche di distinguere tra le emozioni e le facoltà spirituali», che sono più stabili nella persona, ma richiedono un’educazione.
Viviamo in un mondo in cui i file che non vogliamo diventino di dominio pubblico sono protetti da apposite password, «ma anche la vita spirituale ha le sue “password”: ci sono parole che toccano il cuore perché rimandano a ciò per cui siamo più sensibili. Il tentatore, cioè il diavolo, conosce bene queste parole-chiave, ed è importante che le conosciamo anche noi, per non trovarci là dove non vorremmo. La tentazione», infatti, «non suggerisce necessariamente cose cattive, ma spesso cose disordinate, presentate con una importanza eccessiva. In questo modo ci ipnotizza con l’attrattiva che queste cose suscitano in noi, cose belle ma illusorie, che non possono mantenere quanto promettono, e così ci lasciano alla fine con un senso di vuoto e di tristezza. Quel senso di vuoto e tristezza è un segnale che abbiamo preso una strada che non era giusta, che ci ha disorientato. Possono essere, per esempio, il titolo di studio, la carriera, le relazioni, tutte cose in sé lodevoli, ma verso le quali, se non siamo liberi, rischiamo di nutrire aspettative irreali, come ad esempio la conferma del nostro valore». Noi cerchiamo fin troppo l’approvazione degli altri, quella che si chiama “mondanità”.
«Un aiuto in questo è l’esame di coscienza, ma non parlo dell’esame di coscienza che tutti facciamo quando andiamo alla confessione, no. Questo è: “Ma ho peccato di questo, quello …”. No. Esame di coscienza generale della giornata», precisa il Pontefice: «cosa è successo nel mio cuore in questa giornata? “Sono accadute tante cose …”. Quali? Perché? Quali tracce hanno lasciato nel cuore? Fare l’esame di coscienza, cioè la buona abitudine a rileggere con calma quello che capita nella nostra giornata, imparando a notare nelle valutazioni e nelle scelte ciò a cui diamo più importanza, cosa cerchiamo e perché, e cosa alla fine abbiamo trovato. Soprattutto imparando a riconoscere che cosa sazia il mio cuore. Perché solo il Signore può darci la conferma di quanto valiamo», dato che per noi ha offerto addirittura la vita. «Non c’è ostacolo o fallimento che possano impedire il suo tenero abbraccio», assicura il Santo Padre.
E a proposito dell’amore incommensurabile di Dio, «oggi ricordiamo nella liturgia Santa Faustina Kowalska. Tramite lei, Dio indicò al mondo di cercare la salvezza nella sua misericordia. Ricordiamolo soprattutto oggi, pensando specialmente alla guerra in Ucraina. Come ho detto domenica scorsa all’Angelus, confidiamo nella misericordia di Dio, che può cambiare i cuori, e nella materna intercessione della Regina della Pace».
Giovedì, 6 ottobre 2022