Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), Cristianità n. 315 (2003)
Considerações sobre a cultura católica, conferenza del 13-11-1954, in Catolicismo, anno V, n. 51, Campos (Rio de Janeiro) marzo 1955, pp. 1-2. Traduzione redazionale.
Che cos’è la cultura? A questa domanda sono state date risposte molto diverse, ispirate alcune alla filologia, altre a sistemi filosofici o sociali di ogni genere. L’intrico di contraddizioni nato attorno a questo termine, e all’altro connesso, “civiltà”, è tale che si sono tenuti convegni internazionali di esperti e di professori proprio per definirne il significato. Come suole accadere, da tanto discutere non è venuto il chiarimento …
Non sarebbe possibile, nella brevità di questa conferenza, enunciare le tesi e gli argomenti delle diverse correnti, poi sostenere la nostra tesi e fornirne le ragioni, per quindi trattare della cultura cattolica. Tuttavia, possiamo esaminare seriamente l’argomento, prendendo la parola “cultura” nei mille significati di cui si riveste nel linguaggio di tanti popoli, classi sociali e scuole di pensiero, e cominciare con il dimostrare che, in tutte queste accezioni, la “cultura” contiene sempre un elemento di base invariabile, cioè il perfezionamento dello spirito umano.
Nel cuore della nozione di perfezionamento sta l’idea che ogni uomo ha nel proprio spirito qualità suscettibili di sviluppo, e difetti passibili di repressione. Il perfezionamento ha quindi due aspetti: uno positivo, per cui significa crescita di quanto è buono, e un altro negativo, ossia la potatura di quanto è cattivo.
Molti modi di pensare e di sentire correnti, circa la cultura, si spiegano a fronte di questo principio. Così, non abbiamo dubbi nel riconoscere il carattere d’istituzione culturale a un’università, a una scuola di musica o di teatro, oppure anche a una società destinata alla promozione del gioco degli scacchi o della filatelia. Questi organismi o gruppi sociali hanno come obiettivo diretto il perfezionamento dello spirito, o almeno mirano a fini che, di per sé, perfezionano lo spirito. Tuttavia, possiamo concepire un’università, o un’altra istituzione culturale, che lavori virtualmente contro la cultura, il che si dà quando, a causa di errori di qualsiasi ordine, la loro opera deforma gli spiriti. Per esempio, si potrebbe fare questa affermazione a proposito di certe scuole che, trascinate da un eccessivo entusiasmo per la tecnica, inculchino nei propri alunni il disprezzo per tutto quanto è filosofico o artistico. Uno spirito che adora la meccanica come valore supremo e fa di essa l’unico firmamento dell’anima, nega ogni certezza che non abbia l’evidenza degli esperimenti di laboratorio e rifiuti sdegnosamente tutto quanto è bello, è indubbiamente uno spirito deformato. Allo stesso modo sarebbe deformato uno spirito che, mosso da un appetito filosofico smodato, negasse qualunque valore a musica, arte, poesia, o anche ad attività più modeste, ma che pure esigono intelligenza e cultura, come la meccanica. E di università che plasmassero secondo qualcuno di questi orientamenti falsi i propri alunni, potremmo dire che esercitano un’azione anti-culturale, o che diffondono una falsa cultura.
Nell’accezione corrente, si riconosce che tirare di scherma è un esercizio di un certo valore culturale, perché presuppone qualità di destrezza fisica, prontezza di spirito, eleganza. Ma il senso comune si mostra avverso a riconoscere carattere culturale al pugilato, che ha in sé qualcosa che degrada lo spirito, perché ha come bersaglio di colpi pesanti e brutali il volto dell’uomo. In tutte queste accezioni, e in tante altre ancora, il linguaggio corrente include nella nozione di cultura l’idea di perfezionamento spirituale.
A prima vista è meno chiara, nella concezione generale, la distinzione fra istruzione e cultura. Ma, analizzate adeguatamente le cose, si vede che una tale distinzione esiste, e riposa su un fondamento solido.
Di una persona che ha letto molto si dice che è molto colta, almeno in confronto a un’altra che ha letto poco. E, fra due persone che hanno letto molto, si presume che quella che ha letto di più sia la più colta. Siccome di per sé l’istruzione perfeziona lo spirito, è naturale che, salvo ragioni in contrario, si reputi più colto chi ha più letto. Il pericolo di un errore in questo argomento nasce dal fatto che molte persone semplificano inavvertitamente le nozioni e giungono a considerare la cultura come semplice risultante della quantità di libri letti. Errore evidente, perché la lettura è vantaggiosa non tanto in funzione della quantità ma della qualità dei libri letti, e soprattutto della qualità di chi legge, e del modo con cui legge.
In altri termini, in tesi la lettura può fare uomini istruiti: prendiamo in questa sede la parola istruzione nel senso di semplice informazione. Ma una persona che ha letto molto, molto istruita, cioè informata di molti fatti o di nozioni d’interesse scientifico, storico o artistico, può essere assai meno colta di un’altra con un capitale informativo minore.
L’istruzione perfeziona lo spirito in tutta la misura del possibile solamente quando è seguita da un’assimilazione profonda, risultante da un’accurata riflessione. E perciò chi ha letto poco, ma ha assimilato molto, è più colto di chi ha letto molto e assimilato poco. Di regola, per esempio, una guida di museo è molto istruita sugli oggetti che deve mostrare ai visitatori. Ma non raramente è poco colto: si limita a imparare a memoria, ma non cerca di assimilare.
Tutto quanto l’uomo apprende con i sensi o con l’intelligenza esercita un effetto sulle potenze della sua anima. Da questo effetto una persona si può più o meno liberare, o anche completamente, a seconda dei casi, ma, di per sé, ogni apprendimento tende a esercitare su di lei un effetto.
Come abbiamo già detto, l’azione culturale consiste, positivamente, nell’accentuare tutti gli effetti perfezionanti e, negativamente, nel frenare gli altri.
Ben inteso, la riflessione è il primo dei mezzi di quest’azione positiva. Più, ma molto, molto più che un topo di biblioteca, che un deposito vivente di fatti e di date, di nomi e di testi, l’uomo di cultura dev’essere un pensatore. E per il pensatore il libro principale è la realtà che ha davanti agli occhi; l’autore più consultato lui stesso, e gli altri autori e libri elementi preziosi ma chiaramente sussidiari.
Ma la semplice riflessione non basta. L’uomo non è puro spirito. Grazie a un’affinità non solamente convenzionale esiste un nesso fra le realtà superiori, che prende in esame con l’intelligenza, e i colori, i suoni, le forme, i profumi, che coglie con i sensi. Lo sforzo culturale è completo solo quando l’uomo permea tutto il suo essere, attraverso queste vie sensibili, dei valori presi in esame dalla sua intelligenza. Il canto, la poesia, l’arte hanno precisamente questo fine. E, attraverso un’accurata e superiore convivenza con il bello — la parola, è chiaro, dev’essere rettamente intesa —, l’anima si permea completamente della verità e del bene.
Perché una cultura sia fondata su basi di verità è necessario contenga nozioni esatte sulla perfezione dell’uomo — sia quanto alle potenze dell’anima sia quanto ai rapporti di questa con il corpo —, sui mezzi con i quali deve conseguire questa perfezione, sugli ostacoli che incontra, e così via.
È evidente che la cultura così concepita dev’essere completamente nutrita dalla linfa dottrinale della Religione vera. Infatti tocca alla Religione insegnarci in che consiste la perfezione dell’uomo, la via per conseguirla, e gli ostacoli che gli si oppongono. E Nostro Signore Gesù Cristo, personificazione ineffabile di ogni perfezione, è dunque la personificazione, il sublime modello, il focolaio, la linfa, la vita, la gloria, la norma e lo splendore della cultura autentica. Il che equivale a dire che la cultura autentica può essere basata solamente sulla vera Religione, e che soltanto dall’atmosfera spirituale creata dalla convivenza di anime profondamente cattoliche può nascere la cultura perfetta, come la rugiada si forma naturalmente dall’atmosfera sana e vigorosa dell’alba.
Questo si prova anche in base ad altre considerazioni.
Abbiamo appena detto che tutto quanto l’uomo vede con gli occhi del corpo o con quelli dell’anima è suscettibile d’influenzarlo. Tutte le meraviglie naturali di cui Dio ha colmato l’universo esistono perché, osservandole, l’anima umana si perfezioni. Ma le realtà che trascendono i sensi sono intrinsecamente più mirabili di quelle sensibili. E se la contemplazione di un fiore, di una stella o di una goccia d’acqua può perfezionare l’uomo, quanto più lo può fare la contemplazione di quanto la Chiesa c’insegna su Dio, i suoi angeli, i suoi santi, il Paradiso, la grazia, l’eternità, la Provvidenza, l’inferno, il male, il demonio, e tante altre verità. L’immagine del Cielo sulla terra è la santa Chiesa, il capolavoro di Dio. L’osservazione della Chiesa, dei suoi dogmi, dei suoi sacramenti, delle sue istituzioni, è perciò stesso un elevatissimo elemento di perfezionamento umano. Un uomo che, nato nei sotterranei di qualche giacimento minerario, non avesse mai visto la luce del giorno, perderebbe con ciò un elemento di arricchimento culturale prezioso, e forse fondamentale. Perde molto di più, dal punto di vista culturale, chi non conosce la Chiesa, della quale il sole è soltanto una pallida figura nel senso più letterale di questo aggettivo.
Ma vi è di più. La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo. In essa circola la grazia, che ci viene dalla Redenzione infinitamente preziosa di Nostro Signore Gesù Cristo. Dalla grazia l’uomo è elevato alla partecipazione della vita stessa della Santissima Trinità. Basta dire questo per affermare l’incomparabile elemento di cultura che la Chiesa ci dà aprendoci le porte dell’ordine soprannaturale.
Il più alto ideale di cultura è quindi contenuto nella santa Chiesa di Dio.
Fuori dalla Chiesa l’uomo può elaborare un’autentica cultura? Distinguo.
Nessuno potrebbe affermare che gli egiziani, i greci, i cinesi non hanno posseduto autentici e mirabili elementi di cultura. Ma è innegabile che la cristianizzazione del mondo classico ha offerto a esso valori culturali molto più alti.
San Tommaso insegna che l’intelligenza umana può, di per sé, conoscere i princìpi della legge morale, ma che, in conseguenza del peccato originale, gli uomini deviano facilmente dalla conoscenza di questa legge, perciò si è resa necessaria la rivelazione dei Dieci Comandamenti. Inoltre, senza l’aiuto della grazia nessuno può praticare durevolmente la Legge nella sua integralità. E, benché la grazia sia data a tutti gli uomini, sappiamo che i popoli cattolici, con la sovrabbondanza di grazie che hanno ricevuto nella Chiesa, sono quelli che riescono a praticare tutti i Comandamenti.
D’altro canto, una società umana si trova nella sua condizione normale solo quando la generalità dei suoi membri osserva la legge naturale. E ne consegue che, benché i popoli non cattolici possano avere prodotti culturali mirabili, sono sempre gravemente manchevoli in alcuni punti capitali, il che toglie alla loro cultura il carattere integrale e la piena conformità alla regola, presupposto necessario di tutto quanto è eccellente oppure semplicemente normale.
La cultura autentica e perfetta si trova solamente nella Chiesa.
Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995)