Giovanni Paolo II, Cristianità n. 312 (2002)
Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale delle Antille in visita ad limina Apostolorum, del 7-5-2002, n. 2, in L’Osservatore Romano, 8-5-2002. Titolo redazionale.
Negli anni che sono seguiti al Concilio, l’apparizione di nuove aspirazioni spirituali e di nuove energie apostoliche fra i fedeli della Chiesa è stata senza dubbio uno dei frutti dello Spirito. I laici vivono la grazia del loro Battesimo sotto forme che rivelano in modo più splendente il ricco ventaglio dei carismi nella Chiesa; per questo non cessiamo di rendere grazie a Dio.
È parimenti vero che il risveglio dei fedeli laici nella Chiesa ha visto sorgere allo stesso tempo […] problemi relativi alla chiamata al sacerdozio, uniti a deboli ingressi in seminario nelle Chiese che vi sono state affidate. In quanto Pastori, siete vivamente preoccupati poiché, come ben sapete, la Chiesa cattolica non può esistere senza il ministero sacerdotale che Cristo stesso desidera per essa.
Alcune persone, si sa, affermano che la diminuzione del numero dei sacerdoti è opera dello Spirito Santo e che Dio stesso sta guidando la Chiesa facendo in modo che il governo dei fedeli laici si sostituisca al governo dei sacerdoti. Una simile affermazione non tiene certamente conto di ciò che i Padri conciliari hanno affermato quando hanno cercato di promuovere un coinvolgimento maggiore dei fedeli laici nella Chiesa. Nel loro insegnamento, i Padri conciliari hanno semplicemente messo in evidenza la profonda complementarità fra i sacerdoti e i laici che la natura sinfonica della Chiesa implica. Un’errata comprensione di tale complementarità a volte porta a una crisi d’identità e di fiducia fra i sacerdoti e anche a forme di impegno laico troppo clericali o troppo politicizzate.
L’impegno dei laici diviene una forma di clericalismo quando i ruoli sacramentali o liturgici che spettano al sacerdote vengono assunti da fedeli laici o quando questi iniziano a svolgere compiti che competono al governo pastorale proprio del sacerdote. In simili situazioni, ciò che il Concilio ha insegnato sul carattere essenzialmente secolare della vocazione laica viene spesso trascurato (cfr. Lumen gentium, n. 31). È il sacerdote, in quanto ministro ordinato, che, a nome di Cristo, presiede la comunità cristiana, sul piano liturgico e su quello pastorale. I laici l’assistono in diversi modi in questo compito. Tuttavia, il principale ambito dell’esercizio della vocazione laicale è il mondo delle realtà economiche, sociali, politiche e culturali. È in questo mondo che i laici sono invitati a vivere la loro vocazione battesimale, non come consumatori passivi, ma come membri attivi della grande opera che esprime il carattere cristiano. Spetta al sacerdote presiedere la comunità cristiana al fine di permettere ai laici di svolgere il compito ecclesiale e missionario che corrisponde loro. In un’epoca di secolarizzazione insidiosa, può apparire strano che la Chiesa insista tanto sulla vocazione secolare dei laici. Ora, è proprio la testimonianza evangelica dei fedeli nel mondo ad essere al centro della risposta della Chiesa al malessere della secolarizzazione (cfr. Ecclesia in America, n. 44).
L’impegno dei laici è politicizzato quando il laicato è assorbito dall’esercizio del “potere” all’interno della Chiesa. Ciò avviene quando la Chiesa non è vista in termini del “mistero” di grazia che la caratterizza, ma in termini sociologici o persino politici, spesso sulla base di una comprensione errata della nozione di “popolo di Dio”, una nozione che possiede profonde e ricche basi bibliche e che è stata così ben utilizzata dal Concilio Vaticano II. Quando non è il servizio ma il potere a modellare ogni forma di governo nella Chiesa, sia nel clero sia nel laicato, gli interessi opposti cominciano a farsi sentire. Il clericalismo è per i sacerdoti quella forma di governo che proviene più dal potere che dal servizio, e che genera sempre antagonismi fra i sacerdoti e il popolo; tale clericalismo si ritrova in forme di guida laicale che non tengono sufficientemente conto della natura trascendentale e sacramentale della Chiesa, come pure del suo ruolo nel mondo. Questi due atteggiamenti sono nocivi. Al contrario, ciò di cui la Chiesa ha bisogno è di un senso della complementarità fra la vocazione del sacerdote e quella dei laici che sia più profondo e più creativo. Senza di ciò, non possiamo sperare di restare fedeli agli insegnamenti del Concilio né di superare le abituali difficoltà riguardanti l’identità del sacerdote, la fiducia in lui e la chiamata al sacerdozio.
Giovanni Paolo II