Che il Signore ci liberi dalla indifferenza davanti alla persecuzione e al martirio dei nostri fratelli.
Non saprei come commentare diversamente l’ultimo attacco alla comunità cristiana copta, avvenuto la Domenica delle Palme con due bombe contro le chiese di Tanta e di Alessandria in Egitto, che hanno provocato quasi 50 morti e sono state rivendicate dall’Isis.
Da tempo, infatti, ho la sensazione che la persecuzione dei cristiani non sia percepita come una cosa grave nelle nostre stesse comunità cristiane. Troppo spesso, per fare un esempio che mi riguarda personalmente, quando ne parlo, percepisco indifferenza e assenza di solidarietà di fronte al fatto che i cristiani siano stati perseguitati nel corso del Novecento come mai prima, e come questa persecuzione continui anche dopo il 1989, da parte soprattutto del terrorismo islamista. Quando lo Stato islamico si è insediato in ampie zone della Siria e dell’Iraq costringendo milioni di cristiani a lasciare case e ogni loro bene, e spesso anche la vita, molti si sono preoccupati soprattutto perché questa situazione avrebbe potuto fare aumentare il numero dei profughi nel nostro paese.
Purtroppo questa è la testimonianza che ho raccolto da decine di persone durante incontri pubblici sul tema. Siamo più preoccupati di perdere il nostro benessere e la nostra quiete, che di condividere la sofferenza dei perseguitati a causa della nostra stessa fede.
Allora ho cominciato a capire che la causa della indifferenza di fronte alla persecuzione siamo anzitutto noi, che non riusciamo a riconoscerne la portata morale e geopolitica. A noi, cui non interessa che scompaia la presenza dei cristiani in Medio Oriente, vero obiettivo del terrorismo islamico. A noi che non ci sentiamo veramente colpiti dal fatto che nostri fratelli nella fede vengano uccisi in nome dello stesso Signore Gesù che adoriamo come loro.
Se le cose stanno così, che cosa possiamo fare? Come possiamo convincere le nostre stesse comunità a esprimere una solidarietà concreta e in cosa dovrebbe consistere questa solidarietà?
Intanto dobbiamo conoscere e fare conoscere i fatti. I copti sono i cristiani egiziani originari, divisi fra una minoranza cattolica e una maggioranza che non riconosce l’autorità di Pietro, ma professa la stessa fede cristiana. Questo è l’ecumenismo del sangue che potrebbe portare rapidamente all’unità di tutte le confessioni, come auspicano i Pontefici recenti, da San Giovanni Paolo II a Benedetto XVI e infine a Francesco. I copti sono una presenza fondamentale perché l’Egitto non diventi un Paese asservito al fondamentalismo, e per la presenza del cristianesimo nel Medio Oriente, essendone la comunità più numerosa.
La seconda cosa che dobbiamo tenere presente è che i terroristi sono ormai fra di noi, nelle nostre città, come dimostrano gli attacchi abbastanza continui, anche con mezzi occasionali, senza una vera e propria organizzazione pianificata. Questo vuole dire che un singolo terrorista può ovunque, quasi senza nessuna preparazione, provocare un atto di terrore che può causare decine di morti. Teniamolo presente e teniamo gli occhi aperti.
Impariamo fin che c’è tempo a essere generosi e a fare conoscere il dolore degli altri uomini che patiscono una grande ingiustizia: potrebbe venire un tempo in cui anche noi avremo bisogno di una simile solidarietà.
Marco Invernizzi