Negli anni Settanta del secolo scorso l’odio era molto presente nel mondo occidentale e in particolare nelle città italiane, dove il Sessantotto prese più che altrove la via del terrorismo comunista. Era un odio antico, cominciato da una ribellione di fronte alla sofferenza degli operai nel XIX secolo, ma diventato sempre più ideologico, come spiega bene San Giovanni Paolo II nella Centesimus annus. Poi cento anni fa, nel 1917, questo odio conquistò il potere in Russia e da lì, attraverso la Terza internazionale, cercò invano di conquistare il mondo.
Chi, come me, cercò di ribellarsi, impiegò del tempo a comprendere che quell’odio non poteva essere sconfitto da un altro odio, ma dal contrario dell’odio, dalla Verità e dall’amore. Fu allora che capii, troppo lentamente forse, il detto di Joseph de Maistre, che «la Contro-Rivoluzione non è una Rivoluzione di segno contrario, ma il contrario della Rivoluzione». Oggi viviamo una condizione analoga.
I terroristi islamici che hanno ucciso poche ore fa 35 copti in Egitto, fra i quali anche dei bambini, lo hanno fatto nel nome dell’islam, come le Brigate Rosse uccidevano nel nome del comunismo. Non tutti i musulmani sono terroristi, come non tutti i comunisti uccidevano, aspettavano sotto casa, imprigionavano e torturavano i dissidenti, ma ci vollero anni e coraggio perché qualcuno prendesse le distanze dalla violenza comunista dopo la rivolta di Budapest del 1956, dopo l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, la repressione dei dissidenti in URSS. Tanto che ancora oggi non si parla del costo umano del comunismo, valutabile per difetto almeno in oltre cento milioni di morti, così come in Italia stentano ad emergere con forza le stragi perpetrate nel “triangolo rosso” dai partigiani legati al PCI.
Allora, come oggi, non sarà un’altra ideologia a sconfiggere il terrorismo islamista, tanto meno l’ideologia nichilista di chi contrappone all’islam radicale i modesti valori del nostro Occidente attuale, che nessuno ben capisce quali possano essere dopo che la classe politica che sta “facendo l’Europa” ha rinnegato le radici cristiane del nostro continente. Non sarà il nulla o quella cultura “sazia e disperata” di cui parlava il card. Giacomo Biffi a salvarci dall’islam. Sarà soltanto l’amore per la Verità a salvare i nostri popoli, attraverso la conversione e la penitenza indicate dalla Madonna a Fatima nel 1917, nei mesi precedenti la Rivoluzione d’Ottobre.
Ognuno di noi, nessuno escluso, può contribuire a questa santa battaglia, con una preghiera, con un gesto di solidarietà nei confronti dei nostri fratelli che vivono, nei Paesi islamici, la stessa paura di coloro che vivevano oltre la Cortina di ferro, o dei giovani anticomunisti che andavano a scuola o all’università dominate dalla violenza dei collettivi.
Certo, nessuno pensi che il male si possa vincere senza ricorrere alla forza legittima e doverosa, per esempio dimenticando che il governo egiziano di al-Sisi dovrebbe difendere, molto più di quanto accade oggi, i cristiani copti. Tuttavia, il male si sconfigge veramente dicendo la verità e facendo il bene, come ha insegnato San Giovanni Paolo in Polonia, nei lunghi dieci anni dal 1979 al 1989, sapendo attendere con pazienza l’implosione del male.
Ciascuna persona ha un ruolo in questa battaglia, piccolo o grande che sia, e sarebbe un peccato di omissione se rifiutasse di svolgerlo.
Marco Invernizzi