Julien Freund, Cristianità n. 60 (1980)
La radicale alternativa, che sta alla base del cosiddetto «problema dell’aborto» – e sulla cui iniqua soluzione si fonda la «legalizzazione» dell’aborto stesso -, nella presentazione, in termini assolutamente essenziali e straordinariamente lucidi, del noto sociologo Julien Freund, professore emerito dell’Università di Strasburgo e fondatore dell’Istituto di Polemologia presso la stessa Università.
Messaggio al Congresso Europeo Per la Vita
COSA O ESSERE
Per definizione un principio è, nell’ordine della conoscenza, una proposizione prima che si pone per elaborare una teoria, e, nell’ordine dell’azione, un presupposto anticipatore destinato a orientare la condotta. Nell’uno e nell’altro caso il principio ha un significato normativo, poiché è alla base di una costruzione teorica o pratica. Si tratta di banalità che una pratica intellettuale stravagante cerca attualmente di trascurare contro ogni ragionevolezza. L’argomento di cui in proposito ci si serve è specioso: dal momento in cui, si dice, un principio è deluso, trascurato o violato, gli si deve contestare la validità di principio e va, eventualmente, abrogato. Orbene, tutta la esperienza umana conferma il contrario: in tutte le società i principi che hanno orientato il loro sviluppo sono sempre stati trasgrediti od offesi. Queste mancanze nella vita quotidiana, anche se si ripetono incessantemente, non sono tali da mettere in questione la validità del principio, diversamente le nozioni di cedimento, di violazione e di mancanza non avrebbero più senso.
Una società o una civiltà definisce ciò che è permesso e ciò che è vietato grazie ai principi che la costituiscono e la regolano. Sono sempre esistiti ladri e assassini, ma non ne deriva che il principio che vieta il saccheggio o la uccisione è perciò caduto in desuetudine. Significherebbe misconoscere il senso profondo dei costumi e delle leggi. Una legge, per esempio, è normativa, e questo significa che non è una semplice constatazione di mancanze o di violazioni. Purtroppo, il modo di ragionare degli intellettuali è giunto al punto di offendere la ragione stessa, seminando negli spiriti una confusione mortale.
L’aborto pone una questione di principio: o il feto è per principio una cosa o un oggetto, oppure è un embrione, cioè un essere in stato di formazione.
La legge sulla interruzione della gravidanza pone per principio che si tratta solamente di una cosa. Si considera il feto dal punto di vista di una concezione tecnicistica e utilitaristica della vita. Meraviglia, infatti, constatare che i partigiani di questo procedimento evocano costantemente argomenti di tecnica medica o farmaceutica nel puro linguaggio del tecnicismo. Si intende generalmente come tecnica l’insieme dei procedimenti che permettono di dominare la natura. Esattamente nello stesso senso, oggi, certe donne proclamano di voler essere padrone del loro corpo. Basta assistere alla televisione a un dibattito sull’aborto per constatare che viene sostanzialmente utilizzato il vocabolario della tecnica: controllo, pianificazione, limitazione e contabilità dei bambini, e il vocabolario utilitaristico proprio del pensiero tecnicistico: convenienza, adattamento o sistemazione. Si intende scegliere il bambino come si sceglie un paio di scarpe, un vestito o un oggetto qualsiasi. Si aspetta di avere il denaro per comprarlo come se fosse un tappeto. Il bambino, è, quindi, messo alla stregua di una merce. Il linguaggio della psicologia, della sociologia, dell’etica o anche della semplice riflessione metafisica è escluso oppure ignorato.
Ci si doveva aspettare che, in un’epoca che vive sotto il dominio della tecnica e dei consumi, si ponesse il problema della vita nei termini tecnicistici e utilitaristici del consumo. Veniamo, infatti, invitati a consumare il bambino come si consumano svaghi: è solamente un oggetto o una cosa. Di conseguenza si elimina il sentimento, compreso l’amore, per ridurre quest’ultimo ad artificio erotico. Allo stesso modo si disprezza la famiglia come un ostacolo che si oppone al dominio che si vuole esercitare. In altre parole, la legge sulla interruzione della gravidanza è, a un tempo, l’effetto e la conseguenza di una mentalità consumistica. Si ragiona nei termini economici della merce, con l’idea falsa, infirmata dalla esperienza e dalla storia umana, secondo la quale basterebbe fare una buona scelta per ottenere conseguenze felici. L’illusione sta nel credere che si possa fare la scelta della vita come altri possono fare la scelta della morte, grazie alle tecniche nucleari. Nei due casi lo spirito è fondamentalmente lo stesso.
In realtà, la tecnica è sempre un potere provvisorio. Essa non conosce la perfezione, diversamente noi creature potremmo pretendere al titolo di sommo creatore. Ogni essere umano è frutto di un incontro tra due altri esseri. Questo vuol dire che il feto stesso è già essere. Soltanto il prodotto della tecnica è una cosa, un oggetto che si può manipolare, perché è artificiale e non vivente. Essendo essere, il feto è tutt’altra cosa che un oggetto, e di conseguenza merita la dignità e il rispetto degli attributi che appartengono all’essere.
Qual è il significato del Gulag? Quello di considerare l’essere, che non si può manipolare o padroneggiare, come un oggetto che si getta nei rifiuti. Quanto è in causa supera, quindi, la semplice tecnica dell’aborto, dal momento che la posta è la libertà degli esseri. Questo significa che l’aborto è solamente una simulazione di un dominio che fa dell’essere vivente, fin dal suo inizio, un oggetto di semplice desiderio e di soddisfacimento. e la definizione di consumo.
Se ci si dà come principio l’essere e non assolutamente la cosa, bisogna considerare l’essere fin dal suo inizio, nell’atto dei due esseri che lo fanno essere. Se si considera il feto come un oggetto, ne deriva che si possono considerare alla stessa stregua i due esseri che lo procreano come oggetti o come cose che si possono manipolare come procedimenti del dominio tecnico. In ciò sta anche l’errore di quanti, consapevolmente o inconsapevolmente, pensano nei termini di quella tecnica politica che è il totalitarismo.
Julien Freund