Almeno quella che un tempo si identificava nel riposo, nella partecipazione più o meno attenta alla santa Messa e nelle riunioni famigliari intorno a tavole imbandite con piatti della tradizione culinaria della nazione?
Sembra sparita dalla vita della maggior parte degli italiani, sostituita da una giornata triste, secolarizzata, riempita dal vuoto di code in autostrada per raggiungere il centro commerciale più vicino a fare shopping.
Outlet costruiti per assomigliare a paesini ridenti, zeppi di persone contente e senza problemi con le loro buste piene di roba alla moda.
La verità è diversa. Tutto suona falso e artificiale. La gioia è apparente e i problemi della vita, come sempre, sono lì testardi ad accompagnare la folla.
A questa immagine però si contrappone, grazie a Dio, quella di un popolo che, pur pieno di fragilità e limiti, continua a credere che la domenica sia il giorno del Signore, il giorno della famiglia, della buona cucina e del buon vino.
E dello sport, che precede la Messa vissuta come momento per ricaricarsi spiritualmente per la settimana.
E delle passeggiate fuori porta per visitare i paesi veri, quelli costruiti nei secoli intorno alla Chiesa e non intorno a un bar, bello magari ma incapace di riscaldare il gelo di questi giorni in cui la solitudine la fa da padrone.
A ben pensarci, quindi, la domenica esiste ancora nel cuore e nella vita di tanti italiani e nei ricordi pieni di nostalgia di tanti altri.
Recuperarla nella sua piena accezione è possibile, cominciando dalle piccole cose.
Il venerdì lasciando il lavoro abbandoniamo ad esempio il tristissimo “buon week end” e ritorniamo all’antico augurio di una “buona domenica”. Diciamolo con convinzione e con gioia.
Anche così si può far rinascere la speranza e rischiarare almeno un po’ il buio di un mondo che muore.