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Cristo risorto non semina zizzania

13 Novembre 2025 - Autore: Michele Brambilla

Il Papa prende posizione contro atteggiamenti che alimentano la discordia nella Chiesa, che deve invece dare testimonianza di autentica fraternità cristiana

di Michele Brambilla

Nell’introdurre l’udienza del 12 novembre, Papa Leone XIV precisa che «credere nella morte e risurrezione di Cristo e vivere la spiritualità pasquale infonde speranza nella vita e incoraggia a investire nel bene. In particolare, ci aiuta ad amare e alimentare la fraternità, che è senza dubbio una delle grandi sfide per l’umanità contemporanea», condizionata dalle tante guerre in corso e attanagliata dalla conflittualità anche in ambienti in cui non dovrebbe esserci. Meglio allora riaffermare che «la fraternità nasce da un dato profondamente umano. Siamo capaci di relazione e, se lo vogliamo, sappiamo costruire legami autentici tra di noi. Senza relazioni, che ci sostengono e che ci arricchiscono sin dall’inizio della nostra vita, non potremmo sopravvivere, crescere, imparare».

Il grande nemico, oggi, è un individualismo che si trasforma facilmente in narcisismo, «che si preoccupa degli altri solo per interesse».

Prendendo l’etimologia della parola “fratello”, essa «deriva da una radice molto antica, che significa prendersi cura, avere a cuore, sostenere e sostentare. Applicata a ogni persona umana diventa un appello, un invito. Spesso pensiamo che il ruolo di fratello, di sorella, rimandi alla parentela, all’essere consanguinei, al far parte della stessa famiglia. In verità, sappiamo bene quanto il disaccordo, la frattura, talvolta l’odio possano devastare anche le relazioni tra parenti, non soltanto tra estranei». Comprendiamo, allora, quali erano le intenzioni di san Francesco d’Assisi (1182-1226) quando chiamava tutti “fratelli” («omnes fratres») e di Papa Francesco quando titolò, non a caso, una sua enciclica Fratelli tutti: anche per Leone XIV «quel “tutti”, che significava per San Francesco il segno accogliente di una fraternità universale, esprime un tratto essenziale del cristianesimo, che sin dall’inizio è stato l’annuncio della Buona Notizia destinata alla salvezza di tutti, mai in forma esclusiva o privata. Questa fraternità si basa sul comandamento di Gesù, che è nuovo in quanto realizzato da Lui stesso, compimento sovrabbondante della volontà del Padre: grazie a Lui, che ci ha amato e ha dato sé stesso per noi, noi possiamo a nostra volta amarci e dare la vita per gli altri, come figli dell’unico Padre e veri fratelli in Gesù Cristo». Il Signore, nell’imminenza della sua Passione, pregò per l’unità dei suoi discepoli, affidando loro il mandatum novum dell’amore vicendevole (Gv 15,12). Una volta risorto, rese questo dono permanente con l’effusione dello Spirito Santo, tramite la cui azione «la fraternità donata da Cristo morto e risorto ci libera dalle logiche negative degli egoismi, delle divisioni, delle prepotenze, e ci restituisce alla nostra vocazione originaria, in nome di un amore e di una speranza che si rinnovano ogni giorno».

Chi suscita contese nella Chiesa non ha quindi l’amore di Cristo e lo Spirito non rimane in lui. Se proprio ci deve essere una gara, essa consista «nella stima vicendevole e nella cura reciproca», come ribadisce il Santo Padre ai pellegrini di lingua portoghese.

Giusto l’11 novembre, ricorda il Papa ai pellegrini polacchi, «abbiamo commemorato la fine della “inutile strage” della Prima Guerra Mondiale, dopo la quale per molti popoli, compreso il vostro, è giunta l’alba dell’indipendenza. Siamo grati a Dio per il dono della pace, della quale – come affermava Sant’Agostino – “nessuna cosa è assolutamente migliore”. Custodiamola con il cuore radicato nel Vangelo, nello spirito di fraternità e di amore per la Patria», che non significa aizzarla obbligatoriamente contro la patria degli altri uomini, come preteso dal nazionalismo ideologico otto-novecentesco. Inoltre, proprio il 12 novembre si «fa memoria del Vescovo S. Giosafat, martire a motivo del suo infaticabile zelo per l’unità della Chiesa. Incoraggio ciascuno ad avere coscienza dei doni di grazia ricevuti, perché siano messi a disposizione della comunità».

Giovedì, 13 novembre 2025

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