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Dalla famiglia alla città, dalla città allo Stato nella prospettiva anche istituzionale della Comunità delle Nazioni

7 Febbraio 1998 - Autore: Alleanza Cattolica

José Pedro Galvão de Sousa, Cristianità n. 273-274 (1998)

 

La famiglia, lo Stato e la Comunità delle Nazioni sono istituzioni di diritto naturale, dal momento che corrispondono a esigenze della stessa natura umana. Ma queste esigenze non hanno la stessa forza. Vi sono istituzioni naturali che derivano da un imperativo assoluto della natura, altre che vengono richieste quando si danno determinate circostanze. Nel primo caso si trova la famiglia, esigita dalla perpetuazione del genere umano. Lo Stato e la società delle Nazioni non corrispondono a un imperativo assoluto e immediato della natura umana, ma diventano necessari in determinate condizioni. Lo sviluppo dell’unione di famiglie dà origine allo Stato, e l’interdipendenza fra i popoli è occasione per la formazione della comunità degli Stati.

 

Domus… Civitas… Communitas gentium. Oppure, come diceva sant’Agostino con le sue formule lapidarie: domus, urbs, orbis. Ecco la successione delle società naturali nell’ordine temporale, senza parlare […] dei numerosi raggruppamenti che si interpongono fra la famiglia e lo Stato […].

Ogni Stato costituisce una società completa e capace di raggiungere i propri fini. Perciò stesso è una società indipendente o sovrana. Ma questa indipendenza non esclude l’interdipendenza in cui si trovano gli Stati gli uni rispetto agli altri. Infatti, vediamo che i popoli organizzati politicamente non bastano a sé stessi e necessitano di ricevere da altri popoli elementi che li aiutino a provvedere alle proprie necessità. Questa interdipendenza si accentua sempre più nelle condizioni del mondo attuale, con il progresso tecnico, che a sua volta contribuisce ad avvicinare sempre più i popoli. Da ciò la comunità internazionale.

Come ogni società si organizza in vista di un bene comune da raggiungere, per la cui realizzazione gli associati collaborano nel proprio interesse, ne segue che anche la comunità delle Nazioni si deve ordinare per un tale fine. Leggiamo nel Codice di Morale Internazionale, elaborato dall’Unione Internazionale degli Studi Sociali, di Malines [ed. riveduta e approvata il 27 e 28 settembre 1948, trad. it., Edizioni La Civiltà Cattolica, 2a ed. riveduta, Roma s.d.]: “Il bene comune, al quale deve essere diretta la cooperazione delle nazioni, racchiude un doppio oggetto:

“a) Il mantenimento dell’ordine internazionale, con l’aiuto del quale ogni Stato, nel pieno possesso dei suoi diritti, potrà dedicarsi pacificamente alla esecuzione dei suoi doveri sociali;

“b) Il progresso della civiltà mediante lo scambio e la comunicazione dei beni materiali e spirituali, al cui svolgimento contribuiranno in modo speciale delle istituzioni internazionali destinate a supplire l’insufficienza di ciascun Stato isolato e a ordinare armonicamente i loro sforzi per il maggior bene della collettività (trasporti, igiene, repressione dell’immoralità, protezione del lavoro, cooperazione intellettuale, scambi commerciali, ecc.)” [capo I, § 2, 14].

Lo stesso Codice afferma: “I vincoli di solidarietà, che spingono le famiglie a unirsi in città, le città a raggrupparsi in Stati, gli Stati ad associarsi in una comunità internazionale, si formano solo progressivamente. Si capisce senza difficoltà che le istituzioni politiche e internazionali corrispondenti a tali situazioni si elaborano anch’esse molto gradualmente, edificandosi pezzo dopo pezzo sulla base delle circostanze e impiegando molto tempo per assumere una forma chiaramente definita. Ma, presto o tardi, arriva il momento in cui questa formazione termina, in cui questa istituzione si fissa secondo una forma giuridica precisa che non lascia luogo a nessun dubbio” [cfr. capo I, § 2, 10-11 e passim].

José Pedro Galvão de Sousa
(1912-1992)

***

Iniciação à teoria do Estado. Roteiro de principios, José Bushatsky, San Paolo 1967, pp. 121-123. Traduzione e titolo redazionali.

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