Intervista con monsignor Bismarck Carballo
Dalla persecuzione all’esilio
Il 28 giugno 1986 il governo del Nicaragua ha esiliato monsignor Bismarck Carballo, portavoce dell’arcivescovo di Managua e vicario per le comunicazioni sociali dell’arcidiocesi, impedendogli di rientrare in patria al ritorno da un viaggio a Parigi. Il 1º luglio il cardinale Obando Bravo, arcivescovo di Managua, ha lanciato un appello tramite la Radio Vaticana perché a monsignor Carballo venga consentito di rientrare in patria. Il 2 luglio un analogo appello è stato diffuso da tutti i consigli pastorali delle parrocchie di Managua e dalla commissione arcidiocesana del laicato della stessa città. Quest’ultimo documento – che sottolinea il ruolo cruciale di monsignor Carballo come coordinatore dell’organizzazione del Congresso Eucaristico Nazionale che dovrebbe svolgersi a Managua nel prossimo settembre – è indirizzato al Santo Padre, alle conferenze episcopali degli Stati Uniti e della Spagna e ad alcune organizzazioni che hanno recentemente ospitato monsignor Carballo nelle sue tournée di conferenze per esporre la posizione della Chiesa nicaraguense: la Misereor tedesca, l’opera Aiuto alla Chiesa che soffre e, in Italia, Alleanza Cattolica, che ha presentato il prelato di Managua alla fine di maggio a Torino, a Milano e a Modena. Abbiamo raggiunto telefonicamente monsignor Carballo a Washington e abbiamo raccolto la sua prima intervista dall’esilio.
D. Monsignore, come si è giunti al provvedimento che Le impedisce di rientrare in Nicaragua?
R. Dopo la tournée italiana organizzata in maggio da Alleanza Cattolica sono tornato al mio lavoro pastorale; il 22 giugno sono partito per Parigi per rappresentare il cardinale Obando Bravo a un convegno sul Nicaragua dove ero stato invitato a esporre il punto di vista della Chiesa. Devo precisare che si trattava di un convegno a carattere pluralistico organizzato da Jean Ellenstein, un intellettuale vicino al presidente Mitterrand, che era venuto a Managua per invitare personalità di diverso orientamento, compresi membri del governo e il presidente della Corte Suprema di Giustizia, Cerrano Caldera. Lo scopo del convegno era quello di provocare un confronto e, per quanto possibile, un dialogo fra punti di vista diversi. Di ritorno a Miami, al momento di salire sull’aereo di una compagnia d’El Salvador, che doveva portarmi a Managua, mi è stato consegnato un telegramma in cui si diceva che il governo non avrebbe permesso il mio ingresso in Nicaragua. Non venivano forniti motivi o spiegazioni. La linea aerea che assicura il collegamento fra gli Stati Uniti e Managua può volare in Nicaragua solo a condizioni particolari, e sa che, imbarcando sui suoi velivoli persone oggetto di provvedimenti di questo genere, rischia una multa di milioni da parte del governo nicaraguense. Così, mi hanno lasciato a terra.
D. Qual è il significato del provvedimento che L’ha colpita?
R. Giovedì 26 giugno è stato chiuso l’ultimo giornale libero, La Prensa. Sabato 28 giugno è stato esiliato il portavoce della Curia di Managua. Ufficialmente il governo non ha stabilito alcun collegamento fra i due episodi ma, come ha detto il cardinale Obando Bravo alla Radio Vaticana, si tratta della fine ufficiale degli ultimi residui di libertà di espressione in Nicaragua.
D. Eppure qualche giornale europeo ha riportato che, dopo l’incontro fra il rappresentante del governo Sergio Ramirez e il Pontefice, su cui peraltro si è saputo molto poco, Managua si è impegnata ad allentare la pressione sulla Chiesa …
R. Il modo con cui il governo ha tenuto fede a questa promessa è stato derisorio. Radio Católica è sempre chiusa. Gli amici del governo del Nicaragua sottolineano che nei giorni scorsi gli edifici che ospitano la tipografia della Curia e l’ufficio della Pastorale Sociale, che erano stati confiscati, sono stati restituiti. Ma dimenticano di spiegare che ci hanno restituito edifici vuoti: le macchine della tipografia, il materiale, i registri, gli archivi sono spariti e temiamo siano spariti per sempre.
D. Che cosa pensa di fare la Chiesa del Nicaragua per il suo caso?
R. L’arcidiocesi ha giù presentato ricorso al tribunale amministrativo di Managua perché il provvedimento sia dichiarato illecito e arbitrario; ma non si fa molte illusioni sull’indipendenza della magistratura. Oggi stesso il clero di Managua è riunito in assemblea per decidere altre misure di protesta. Come sapete il cardinale Obando Bravo ha lanciato un appello al mondo tramite la Radio Vaticana. Con il pieno appoggio della mia diocesi ho sollecitato un intervento della nunziatura apostolica negli Stati Uniti e mi trovo a Washington per esporre il mio problema e quelli della Chiesa del Nicaragua alla conferenza episcopale degli Stati Uniti.
D. Che cosa possono fare i cattolici europei per aiutare la Chiesa del Nicaragua?
R. Possono fare moltissimo perché il governo del Nicaragua è sensibile all’opinione pubblica internazionale. La solidarietà delle altre Chiese, e in particolare della Chiesa italiana, può essere un grande conforto e un vero aiuto per la Chiesa del Nicaragua. Tanto più che il governo cerca, invece, di diffondere l’idea che i vescovi del Nicaragua sono isolati e che all’estero molti cattolici sono favorevoli al governo sandinista. Nel corso della mia tournée in Italia ho potuto constatare che i gruppi filo-governativi attivi nel vostro paese sono piccoli, ma molto organizzati e instancabili nella loro opera di disinformazione e di calunnie contro la chiesa e i vescovi.
D. Qual è il suo stato d‘animo dopo il provvedimento di esilio?
R. Non reagisco all’odio con l’odio; come ho sempre fatto, ricordo ovunque che la Chiesa cerca sempre, finché è possibile, di risolvere i problemi proponendo il dialogo come cammino di riconciliazione. Ma sono molto preoccupato, perché vedo crescere nel mio paese un revanscismo contro la Chiesa, vedo soffiare un vento di persecuzione che ora vorrebbe farla finita con la Chiesa. Sarò franco: senza una effettiva solidarietà internazionale temo che non soltanto i provvedimenti in atto non siano rivisti o revocati ma che la situazione precipiti, che la persecuzione peggiori fino a quell’«annientamento della religione» di cui ha parlato il cardinale Obando Bravo.
a cura di Massimo Introvigne e Salvatore Napoli