Desiderare una civiltà cristiana per aiutare i deboli e gli indifesi a salvarsi. Il desiderio nasce dall’adorazione e l’adorazione rinnova il desiderio. L’esempio dei Magi nelle parole del Papa
di Marco Invernizzi
C’è un testo recente del Papa che merita di non essere dimenticato. Si tratta dell’omelia in occasione della festa dell’Epifania, dedicata alla figura dei Re Magi e di quello che rappresentano con la loro lunga e difficile ricerca del Bambino indicato dalla Stella, cioè la ricerca della Verità che dà senso alla vita.
Come disse Benedetto XVI, essi «erano ricercatori di Dio» (omelia del 6 gennaio 2013). Cercavano Dio, ma che cosa li spingeva? Perché hanno lasciato le comodità e il ruolo sociale che avevano per mettersi in un viaggio lungo e pericoloso (soprattutto allora)? Erano mossi dal «desiderio», dice Papa Francesco, e questo «era il loro segreto interiore: saper desiderare».
«Noi siamo ciò che desideriamo», dice il Pontefice, perché sono i desideri che spingono ad andare «oltre le barriere dell’abitudine, oltre una vita appiattita sul consumo, oltre una fede ripetitiva e stanca», oltre «una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita».
Quanto detto descrive il cattolicesimo europeo, la sua stanchezza e quindi la sua incapacità di attrarre le persone, i giovani soprattutto. Un cristianesimo che non desidera più e che così è entrato in crisi, una crisi che viene da lontano, da un processo plurisecolare, ma che si è acuita oggi in modo particolare, diventando una crisi non soltanto sociale, ma anche personale.
Nell’enciclica Spe salvi Benedetto XVI descrive molto precisamente la genesi di questa crisi, quando ricorda che il cattolico moderno ha smesso di desiderare la salvezza come un fatto comunitario, pensandola soltanto per se stesso. Egli ha accettato il paradigma individualista della modernità e lo ha applicato alla sua fede. L’importante è la mia salvezza, ha pensato, ma non ci si salva da soli, ricorda il Papa emerito. Così, dopo avere rinunciato a costruire una cristianità per aiutare un popolo a salvarsi, è entrata in crisi anche la dimensione personale della salvezza.
Oggi, nell’epoca post-moderna, «la crisi della fede, nella nostra vita e nelle nostre società, ha anche a che fare con la scomparsa del desiderio di Dio». Dopo avere smesso di desiderare Dio per gli altri, attraverso la rinuncia all’apostolato e alla costruzione di una civiltà cristiana, l’uomo non desidera Dio neppure per se stesso.
Un uomo stanco, depresso, disperato si aggira intorno a noi. Sembra inebriarsi dei tanti piaceri che la società gli offre (forse gli offriva pre-pandemia), ma in realtà non ha voglia di quasi nulla perché non desidera più.
Come se ne esce? Non conosco ricette, se non la conversione. Il Papa indica una strada, quella dei Magi: «l’adorazione». Essi, arrivati a destinazione, «si prostrano e adorano il Bambino». «Solo se recuperiamo il gusto dell’adorazione, si rinnova il desiderio», dice il Santo Padre.
Ma senza desiderio non si muove nulla nel nostro cuore. Noi che cosa desideriamo? La santità e «una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio», come diceva san Giovanni Paolo II. Niente di più e niente di meno. Non per interessi ideologici, ma per sopperire alla nostra fragilità e debolezza, perché noi sentiamo il bisogno di una società che ci aiuti e ci protegga. Perché desideriamo cercare la gloria di Dio, consapevoli peraltro, come dice sempre Francesco, che questo significa sfidare i potenti, come hanno fatto i Magi: «abbiamo bisogno di una fede coraggiosa, che non abbia paura di sfidare le logiche oscure del potere e diventi seme di giustizia e di fraternità in società dove, ancora oggi, tanti Erode seminano morte e fanno strage di poveri e di innocenti, nell’indifferenza di molti».
Gli Erode non mancano oggi, ma non hanno mai l’ultima parola.
Mercoledì, 19 gennaio 2022