Una semplice riflessione alla luce dell’ennesima “scossa politica”. Non solo la politica ma la società intera sembra incapace di “stare insieme”. Solo relazioni buone capaci di creare ambienti sani possono guarire la società ammalata.
di Marco Invernizzi
Gigino se ne va e porta con sé una settantina di parlamentari del Movimento5Stelle, che non è più il partito di maggioranza relativa in Parlamento. Chi se ne importa, penseranno in molti, anche se questa è la notizia principale di tutti i giornali di mercoledì 22 giugno.
È vero, la notizia non è delle più importanti e non tocca il cuore di nessuno: nasce il nuovo gruppo parlamentare “Insieme per il futuro” ma cambia poco, almeno al momento, nel quadro politico generale. Forse Di Maio ha in mente di confluire in quel terzo polo centrista di cui si parla molto dopo le ultime elezioni amministrative e che potrebbe essere un problema per il centro-destra. Ma questo lo vedremo più avanti.
Non è questo il tema di oggi, se non in quanto si tratta dell’ulteriore prova della tendenza allo sfilacciamento delle aggregazioni politiche e sociali. L’ennesima divisione va a confermare l’osservazione che Giovanni Cantoni ha ripetuto tante volte dopo il terremoto del 1989: le scosse continueranno per decenni, perché sono la conseguenza di un cambiamento epocale.
L’epoca post-moderna è dominata dal relativismo, dall’abbandono delle ideologie. Con le ideologie sono venuti meno i partiti ideologici, che diffondevano visioni del mondo errate, ma capaci di “tenere insieme” pezzi di società.
Oggi invece non si sta più insieme, ci si divide anche senza ragioni ideologiche e il risultato è l’atomizzazione o “coriandolizzazione” della società. Il problema è importante, forse è il primo problema del nostro tempo. La divisione tra Di Maio e Conte è solo una dimostrazione, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, dell’incapacità di “stare insieme” che è sotto i nostri occhi, a ogni livello, coniugale, familiare, sociale e politico.
Anche a livello religioso avviene così e, nel caso della Chiesa cattolica, la ragione principale delle divisioni va ricercata nel venir meno del riferimento comune costituito dal magistero pontificio.
Pierpaolo Donati e Giulio Maspero hanno offerto importanti spunti di riflessione sulla frantumazione delle relazioni nella società occidentale postmoderna (Dopo la pandemia, rigenerare la società con le relazioni, Città Nuova 2021), mettendo in luce che il problema viene da lontano, ma è stato amplificato dalla pandemia che, costringendo all’isolamento, ha agito da catalizzatore.
La pandemia non è stata la causa della crisi sociale, essa ha solo evidenziato “la tragedia della modernità”, “come modo di vita e di organizzazione sociale”; la causa della crisi sono stati i modelli antropologici nati dal razionalismo, dal materialismo e dall’individualismo.
Se le relazioni fra gli uomini sono continuate per qualche secolo in misura accettabile è perché si sono ispirate a quei valori che la modernità disprezzava: «per esempio, l’economia ha retto perché, quando è stato necessario, ha potuto perseguire un minimo di bene comune fuori dalle regole individualistiche e competitive del mercato; la democrazia politica è rimasta in piedi perché si è basata su alcuni valori e diritti umani importati dalla tradizione (prevalentemente cristiana), che essa però non era in grado di garantire; le relazioni informali nei mondi vitali hanno mantenuto una certa solidità perché sono rimaste ancorate a dei valori a sfondo religioso che tuttavia la modernità non ha legittimato» (Donati, p. 12).
La modernità dunque ha fallito, non solo non liberando l’individuo come aveva promesso, ma assoggettandolo a pericolosi “idoli”, le ideologie che hanno scatenato le guerre dell’Ottocento e del Novecento. Dopo la modernità, dopo il 1989, sta andando anche peggio, perché la “nuova” rivoluzione antropologica non si accontenta di sottomettere gli uomini alle ideologie, ma ha la pretesa di sradicare l’uomo dalla sua più intima identità, come avviene con l’ideologia gender.
Tuttavia la drammaticità della situazione attuale dell’Occidente non può essere un buon motivo per rassegnarsi e per smettere di cercare la strada della rinascita, anche sociale: il libro di Donati e Maspero termina con un messaggio di speranza che riprende le parole di Romano Guardini, invitandoci a combattere qui e ora, senza pensare di potere restaurare il passato o di potersi isolare dal mondo contemporaneo con una illusoria “scelta” o “opzione” religiosa, ma cercando di fare rivivere, attraverso relazioni profonde e belle, capaci di costruire ambienti risanati, quella tradizione giudaico-cristiana che modernità e post-modernità avrebbero voluto eliminare per sempre dalla vita pubblica dei popoli.
Venerdì, 24 giugno 2022