di Marco Respinti
Mannaggia, faccio fatica a trovare una chiesa cattolica, qui a Nagoya, sulla grande isola giapponese di Honshu; siccome è domenica, sono preoccupato. Nella imponente struttura dell’Aichi Sky Expo al Chubu Centrair International Airport sono tutto preso nell’interrogare Internet e improvvisamente sento un uomo politico locale gridare, letteralmente, dal palco: «Difenderò le vostre famiglie!». Il suo nome mi sfugge; ho nello zaino il programma con la fitta lista di ospiti, ma a un occidentale i loro nomi appaiono irriverentemente tutti troppo simili. Quello che invece capisco benissimo è lo scroscio di applausi dei 40mila presenti, la stragrande maggioranza dei quali giovani e giovanissimi.
Mi trovo a una cerimonia culturale della Universal Peace Federation, una (forse la maggiore) delle sigle in cui si è frazionato il nuovo movimento religioso qualche anno fa noto come Chiesa dell’Unificazione dopo la morte del suo fondatore, Sun Myung Moon (1920-2012).
La cerimonia segue il “Japan Summit and Leadership Conference 2019” che si è svolto ieri per discutere, preoccupati, il futuro della pace nel Pacifico, dove Corea del Nord e Cina, ancora e sempre comuniste, sono una minaccia palpabile, soprattutto nel quadro del deterioramento, grave e rapido, dei rapporti fra i due Paesi di area più importanti, la Corea del Sud e il Giappone.
Ma dopo la politica estera di ieri, il tema, qui all’Aichi Sky Expo, è un altro. Il leit motiv dei “moonie” è la famiglia: naturale, eterosessuale, forte, unita, amorevole, sovrana, intangibile. Insomma, normale. Da favorire e da proteggere, da tutelare e da garantire, da amare e da promuovere. L’umanità, dicono qui, è una famiglia sola al cospetto di Dio: per questo le singole famiglie umane sono una benedizione del Cielo.
A questo coloratissimo festival della famiglia ci sono canti, balli, il bombing love tipico di certi ambienti religiosi, assolutamente efficace nell’esprimere la gioia profonda.
Gli ospiti che si alternano sul palco sono quelli del convegno di ieri: tra gli altri la leader del movimento, Hak Ja Han Moon, vedova del fondatore; l’arcivescovo cattolico dominicano, cardinale Kelvin Edward Felix; e Newt Gingrich, già presidente della Camera federale degli Stati Uniti d’America. Nel 1994 guidò la storica vittoria Repubblicana che per la prima volta, dopo decenni, cambiò colore politico al Congresso. Time lo laureò uomo dell’anno, ma Gingrich aveva già un passato da enfant prodige della cosiddetta “New Right” statunitense e prima ancora era professore di Storia nella University of West Georgia, di Carrollton, in Georgia. Oggi è il marito dell’ambasciatrice statunitense in Vaticano. E lei, la moglie, Callista Bisek, nel frattempo lo ha aiutato a convertirsi al cattolicesimo da protestante che era.
Prende il palco, Gingrich, e parla di cattolicesimo, di Vaticano, di fede, di famiglia. Un discorso vibrante, importante. Si deve venire dall’altra parte del mondo per sentire un uomo politico che ha fatto la storia, ma non è più alla ricerca del voto, dire e ribadire che la religione è fondamentale per la vita politica di un Paese, che la libertà religiosa è essenziale per la salute e la salvezza della cosa pubblica, e soprattutto che se la famiglia viene ferita e persino uccisa è la civiltà a essere distrutta, l’umanità a essere sconfitta?
Gingrich non crede a una virgola della teologia professata dalla vedova Moon. Non ne ha bisogno per portarle rispetto enorme e per condividerne l’impegno per la pace vera, non parolaia, fondata sulla centralità politica della famiglia.
Lo stile che Gingrich sfodera è quello di un consumato americano di altissimo livello pubblico, ma del tutto sobrio rispetto a quello rutilante, e del tutto orientale, della vedova Moon. Per un cattolico come Gingrich, poi, il credo unificazionista suona letteralmente incredibile. Ma oggi non è questo l’ordine del giorno. L’ordine del giorno oggi è la famiglia. «Family Power» è lo slogan che circonda, anzi abbraccia tutti gli speaker. Sembra un circo, sì, ed è tutto per la famiglia, uno spettacolo cui si vorrebbe assistere ogni giorno. Abbiamo, oggi, il coraggio per dire che, strano, persino bizzarro, teologicamente irricevibile, c’è però un mondo nostro amico, anzi alleato nella difesa della cosa più basica e decisiva della vita umana dopo, ma solo cronologicamente per evidenti ragioni logiche e storiche, il diritto stesso alla vita, ovvero la famiglia?
Una delle canzoni che ballano qui oggi dice che il giorno in cui sei nato ti stavano aspettando. Lacrime, vere. Dio benedica la famiglia. Quelli da sconfiggere sono quelli che dicono il contrario. E non sono quelli che oggi popolano festanti l’Auchi Sky Expo dall’altra parte del mondo.
Martedì, 07 ottobre 2019