Massimo Introvigne, Cristianità n. 354 (2009)
Dal 26 al 28 settembre 2009 Papa Benedetto XVI ha compiuto un viaggio apostolico nella Repubblica Ceca. I viaggi di Papa Benedetto XVI hanno sempre un tema generale, che unifica i vari discorsi e interventi. Nella Repubblica Ceca il Pontefice ha inteso riflettere sui vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino (1989-2009) e dalla fine del sistema imperiale comunista sovietico. Infatti “il crollo del Muro di Berlino ha segnato uno spartiacque nella storia mondiale” (1), ma la riflessione corrente sugli avvenimenti del 1989 appare, a vent’anni di distanza, sorprendentemente inadeguata. Nel corso del viaggio il Papa affronta quattro temi: il crollo del comunismo nell’Europa Centrale e Orientale nel 1989; le ferite del comunismo che ancora restano aperte; i rischi e le ombre del post-comunismo; le strategie perché, “dopo il lungo inverno della dittatura comunista” (2), possa venire non una contraffazione della primavera ma una primavera autentica.
Il “lungo inverno” del comunismo e i fatti del 1989
Si sa quanto Papa Benedetto XVI sia sensibile agli anniversari, a quel ritmo che è figura dell’eternità nella storia. Anche in questo viaggio il Pontefice ricorda diversi anniversari, fra cui quattro fra loro collegati. Nel 1989, vent’anni fa, cade il Muro di Berlino e crollano i regimi comunisti in Europa. Nel 1969, quarant’anni fa, muore il cardinale ceco Josef Beran (1888-1969), testimone e vittima della persecuzione comunista. Ancora nel 1989 Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) visita per la prima volta quella che allora era ancora la Repubblica Federale Ceco-Slovacca; e nel medesimo anno lo stesso Papa Wojtyła canonizza sant’Agnese di Praga (1211-1282).
“È difficile credere che solo vent’anni sono passati da[l] […] crollo dei precedenti regimi” (3) e la riflessione su quegli eventi non è stata adeguata: sembra piuttosto che si vogliano a tutti i costi dimenticare il comunismo e il 1989. Occorre dunque, anzitutto, fare memoria — tanto più in un paese a suo tempo sottoposto a “una dittatura comunista particolarmente rigorosa” (4) — del carattere disumano e drammatico del comunismo, “dittatura basata sulla menzogna” (5) — secondo un’espressione dell’ex presidente della Repubblica Federale Ceco-Slovacca prima e della Repubblica Ceca poi, Václav Havel — e su un’ideologia che si è manifestata in “regimi oppressivi” (6). Si tratta di un passato che non vuole passare e che, di fatto, non passerà finché non sarà adeguatamente affrontato. Ma affrontarlo significherebbe fare i conti con le sue radici anti-cristiane, che sono più antiche del comunismo e, in altre forme e modi, continuano a produrre ancora oggi frutti di morte. Per questo molti preferiscono rimuovere o accantonare la memoria del comunismo e dei suoi crimini. Fare i conti con il passato coinvolgerebbe il giudizio sul presente.
Il giudizio storico di Papa Benedetto XVI mostra come la radice degli orrori comunisti sia il rifiuto di Dio: “L’esperienza storica mostra a quali assurdità giunge l’uomo quando esclude Dio dall’orizzonte delle sue scelte e delle sue azioni” (7). “Chi ha negato e ha continuato a negare Dio […] di conseguenza non rispetta l’uomo” (8). La grande tradizione culturale europea “[…] è stata sistematicamente sovvertita, in questa terra e altrove, dalla riduttiva ideologia del materialismo, dalla repressione della religione e dall’oppressione dello spirito umano” (9). Certo, oggi possiamo dire che il comunismo è una “ideologia totalitaria fallita” (10), ma prima di fallire ha seminato l’Europa e il mondo di lutti che non ci è consentito rimuovere dalla memoria. Celebrando “il ventesimo anniversario della “Rivoluzione di Velluto”” (11) in Cecoslovacchia, e di analoghi eventi che nel 1989 posero fine ai regimi comunisti in altri paesi, occorre pure non dimenticare di ringraziare il Signore, di “[…] rendere grazie a Dio per la vostra liberazione da quei regimi oppressivi” (12).
Sui vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino Papa Benedetto XVI è ritornato anche il 4 dicembre nella Cappella Sistina, in occasione di un concerto offerto in suo onore dal presidente della Repubblica Federale di Germania, che intendeva ricordare appunto il ventennale degli avvenimenti del 1989 insieme al sessantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Federale di Germania. Il Papa ha rievocato la “[…] caduta del Muro di Berlino, quella frontiera di morte che per tanti anni aveva diviso la nostra patria e aveva separato a forza uomini, famiglie, vicini e amici. Molti allora avevano avvertito gli avvenimenti del 9 novembre 1989 come gli albori inaspettati della libertà, dopo una lunga e sofferta notte di violenza ed oppressione per un sistema totalitario che, alla fin fine, conduceva in un nichilismo, in uno svuotamento delle anime. Nella dittatura comunista, non vi era azione alcuna che sarebbe stata ritenuta male in sé e sempre immorale. Ciò che serviva agli obiettivi del partito era buono — per quanto disumano poteva pur essere” (13).
I quarant’anni dalla morte del cardinale Beran, che trascorse il lungo periodo dal 1949 al 1963 fra carcere e confino, devono aiutarci a ricordare, in secondo luogo, che al comunismo si è contrapposta una “resistenza […] di grandissimo livello” (14). Come non va dimenticato il comunismo, così non abbiamo il diritto di scordare “[…] tanti Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli che hanno resistito con eroica fermezza alla persecuzione comunista, giungendo persino al sacrificio della vita” (15). Eppure i nomi di questi “coraggiosi amici di Cristo” (16), che contrastarono “[…] il tentativo spietato da parte del Governo di quel tempo di mettere a tacere la voce della Chiesa” (17), spesso oggi non sono ricordati e rimangono sconosciuti ai giovani. I valori della resistenza al comunismo rischiano di “andare persi” (18).
Il Pontefice ricorda pure, in terzo luogo, i vent’anni dal viaggio compiuto nel 1989 da Papa Giovanni Paolo II nell’Europa Centrale e Orientale “dopo la caduta del totalitarismo comunista” (19), che partì proprio dall’attuale Repubblica Ceca. La memoria di quel viaggio è occasione per riflettere sul ruolo di Papa Wojtyła negli eventi del 1989 e sulla rilevanza per tali eventi del magistero di quel Pontefice. In effetti, fu proprio la sua insistenza sulla “relazione tra fede e ragione intese come le due ali con le quali lo spirito umano è innalzato alla contemplazione della verità” (20) a mettere in crisi sul piano dottrinale la menzogna del comunismo, una delle espressioni — non l’unica — dell’“esclusione positivistica del divino dall’universalità della ragione” (21).
Ancora, nel 1989 Papa Giovanni Paolo II beatifica sant’Agnese di Praga, la principessa medioevale figlia del re Ottokar I (1155-1230) che volle diventare suora francescana. Ci si potrebbe chiedere a chi interessa ricordare eventi di questo genere: “[…] ai nostri giorni la santità è ancora attuale? O non è piuttosto un tema poco attraente ed importante?” (22). Ma per chi legge la storia con gli occhi della fede le cose stanno diversamente. In modo misterioso, la canonizzazione di sant’Agnese si lega alla caduta del comunismo nella terra che la principessa santa aveva benedetto con la sua presenza. Una profezia popolare d’incerta origine ma di grande diffusione nella Cecoslovacchia comunista assicurava che quando la principessa fosse stata canonizzata il regime sarebbe caduto. Non una sola, ma due volte il Pontefice ricorda questo legame. Nella Cattedrale di Praga afferma che la canonizzazione del 1989 è un “[…] evento che ha annunciato la liberazione del vostro Paese dall’oppressione atea” (23). Quasi con le stesse parole, prendendo congedo dal Paese all’aeroporto di Praga, ribadisce che questa “[…] canonizzazione, proprio vent’anni fa, fu messaggera della liberazione di questo Paese dall’oppressione atea” (24).
Le “ferite” del comunismo non si sono rimarginate
Nell’udienza generale in Piazza San Pietro del 30 settembre, in cui traccia un bilancio del viaggio nella Repubblica Ceca, Papa Benedetto XVI ricorda il suo esame delle “conseguenze del lungo inverno del totalitarismo ateo” (25). Certamente si deve celebrare l’eroismo dei martiri e di chi ha saputo resistere alla persecuzione. “Non si deve tuttavia sottovalutare il costo di quarant’anni di repressione politica” (26).
Il tema è di grande portata storica e sociologica: le persecuzioni fanno bene o fanno male alla Chiesa? La questione è stata discussa dagli storici, per esempio, in relazione alla Rivoluzione Francese. L’esempio dei martiri e della resistenza in Vandea (1793-1796) e altrove ha certo convinto e convertito molti, per non parlare dell’inestimabile valore spirituale della fortezza di fronte alle persecuzioni e del sangue dei martiri. Tuttavia — come ricorda in un’esemplare analisi del problema lo storico Jean de Viguerie — dal punto di vista statistico e quantitativo, per quanto l’applicazione della sociologia alla storia permette oggi di ricostruire, il bilancio al termine della Rivoluzione Francese non è positivo. Le prime valutazioni attendibili, che risalgono agli anni 1820-1825, attestano — placata la tempesta rivoluzionaria e poi quella napoleonica — un calo notevolissimo della pratica religiosa in Francia (27). Chi si è disabituato ad andare in chiesa a causa della persecuzione non necessariamente vi torna quando la furia persecutrice è cessata. I persecutori, da un certo punto di vista, hanno successo e raggiungono il loro scopo di scristianizzazione, il che spiega perché la Chiesa non si auguri temerariamente le persecuzioni, pur esaltando l’eroismo dei martiri che nei periodi di maggiore difficoltà trova sempre occasione per rifulgere.
Queste conclusioni valgono anche per la persecuzione comunista, fra l’altro durata più a lungo rispetto a quella della Rivoluzione Francese? Papa Benedetto XVI sembra suggerirlo — aprendo forse una pista d’indagine anche ai sociologi — per la Repubblica Ceca, che è uno dei Paesi del mondo con la più bassa partecipazione alla Messa cattolica e ai culti di altre comunità e Chiese cristiane: “La società reca ancora le ferite causate dall’ideologia atea” (28). È anche vero che in un altro viaggio apostolico, quello in Polonia dal 25 al 28 maggio 2006, il Pontefice aveva svolto considerazioni in parte diverse (29). In Polonia e in Lituania, così come in Slovacchia — da questo punto di vista, un Paese molto diverso dalla vicina Repubblica Ceca —, la resistenza di popolo alla persecuzione comunista, sulla base anche di differenti situazioni precedenti al comunismo, è stata così corale da mantenere alto il numero dei cattolici praticanti, anche se neppure in questi Paesi sono mancate “ferite”.
Non sembra si possa enunciare una regola generale valida per tutti i paesi ex comunisti. La scristianizzazione è inversamente proporzionale alla coralità della resistenza dei cristiani, e questa è a sua volta correlata allo stato di salute del cristianesimo in ogni paese prima dell’avvento del comunismo. Nella Repubblica Ceca, già “lavorata” dal laicismo prima della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) e della caduta sotto il dominio comunista, la persecuzione comunista ha determinato effetti simili a quelli che de Viguerie ha cercato di misurare per la Francia in relazione alla persecuzione giacobina: la caduta in “[…] una condizione culturale che rappresenta spesso una sfida radicale per la fede” (30).
Né si devono considerare solo gli effetti sul numero dei cattolici praticanti. Le ferite che il comunismo è stato capace d’infliggere alle nazioni sono anche di altra natura. Ai popoli che hanno conosciuto la repressione comunista “la storia ha ampiamente dimostrato che la verità può essere tradita e manipolata a servizio di false ideologie, dell’oppressione e dell’ingiustizia” (31). Questa manipolazione della verità rischia d’indurre come contraccolpo, anche dopo la fine del regime comunista, da una parte “cinismo” (32) e dall’altra “relativismo” (33). Chi si è abituato a vedere la verità usata e manipolata può cadere in un cinismo “disumano e distruttivo” (34), “[…] che vorrebbe negare la grandezza della nostra ricerca per la verità” (35). Chi ha visto cadere la falsa verità dell’ideologia rischia d’altro canto di non credere più a nessuna verità, di scivolare lentamente ma fatalmente in un “[…] relativismo che corrode i valori” (36).
Le ambiguità del post-comunismo
Nel 1989 i regimi comunisti dell’Europa dell’Est caddero. “L’euforia che ne seguì fu espressa in termini di libertà” (37). Ma questa euforia fu e rimane ambigua, perché alcune domande rimangono per così dire in sospeso: “Per quale scopo si vive in libertà? Quali sono i suoi autentici tratti distintivi?” (38). Richiamando la sua enciclica “Caritas in veritate” sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, del 29-6-2009 (39), Papa Benedetto XVI ricorda che “la vera libertà presuppone la ricerca della verità” (40), e che questo vale sia per il singolo sia per la società e la politica. “La verità, in altre parole, è la norma-guida per la libertà e la bontà ne è la perfezione. Aristotele [384-322 a.C.] definì il bene come “ciò a cui tutte le cose tendono”, e giunse a suggerire che “benché sia degno il conseguire il fine anche soltanto per un uomo, tuttavia è più bello e più divino conseguirlo per una nazione o per una polis“ (Etica Nicomachea, 1)” (41).
Riprendendo il tema fondamentale dell’enciclica, Papa Benedetto XVI riafferma nella Repubblica Ceca che non ogni aspirazione o affermazione di libertà costruisce davvero il bene comune dei singoli e della società. È necessario che la libertà non sia un guscio vuoto da riempire più o meno arbitrariamente, ma che la verità dia alla libertà contenuti precisi e conformi al bene comune. Il Pontefice sottolinea il nesso strettissimo fra “lotta per la libertà” (42) e “[…] ricerca della verità: o le due cose vanno insieme, mano nella mano, oppure insieme periscono miseramente” (43).
La seconda alternativa — “perire miseramente” separando la libertà dalla verità — sembra oggi una tragica possibilità per la società post-comunista, “spesso affascinata dalla moderna mentalità del consumismo edonista, con una pericolosa crisi di valori umani e religiosi e la deriva di un dilagante relativismo etico e culturale” (44). La stessa libertà della cultura e delle università dopo il comunismo, “con la massiccia crescita dell’informazione” (45), porta con sé il rischio della “frammentazione del sapere” (46) e “[…] la tentazione di separare la ragione dalla ricerca della verità” (47). L’equivoco di una cultura e di una ricerca accademica senza verità è denunciato in un brano che vale la pena di citare per intero: “La ragione però, una volta separata dal fondamentale orientamento umano verso la verità, comincia a perdere la propria direzione. Essa finisce per inaridire o sotto la parvenza di modestia, quando si accontenta di ciò che è puramente parziale o provvisorio, oppure sotto l’apparenza di certezza, quando impone la resa alle richieste di quanti danno in maniera indiscriminata uguale valore praticamente a tutto. Il relativismo che ne deriva genera un camuffamento, dietro cui possono nascondersi nuove minacce all’autonomia delle istituzioni accademiche. Se per un verso è passato il periodo di ingerenza derivante dal totalitarismo politico, non è forse vero, dall’altro, che di frequente oggi nel mondo l’esercizio della ragione e la ricerca accademica sono costretti — in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile — a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine o solo pragmatici? Cosa potrà accadere se la nostra cultura dovesse costruire se stessa solamente su argomenti alla moda, con scarso riferimento ad una tradizione intellettuale storica genuina o sulle convinzioni che vengono promosse facendo molto rumore e che sono fortemente finanziate? Cosa potrà accadere se, nell’ansia di mantenere una secolarizzazione radicale, finisse per separarsi dalle radici che le danno vita? Le nostre società non diventeranno più ragionevoli o tolleranti o duttili, ma saranno piuttosto più fragili e meno inclusive, e dovranno faticare sempre di più per riconoscere quello che è vero, nobile e buono” (48).
Il relativismo, inoltre, fa male. Porta con sé “atteggiamenti di ripiegamento su se stessi, di disimpegno e perfino di alienazione” (49), infelicità e solitudine: nuove “[…] forme di povertà [che] nascono dall’isolamento, dal non essere amati, dal rifiuto di Dio e da un’originaria tragica chiusura dell’uomo, che pensa di poter bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero” (50). I giovani, in particolare, “[…] si lasciano attrarre da illusori miraggi di paradisi artificiali per ritrovarsi poi in una triste solitudine” (51).
Non si deve credere che si tratti di un processo soltanto spontaneo. La deriva verso il relativismo della società post-comunista non manca di veri e propri teorici e organizzatori: “[…] stanno emergendo sotto nuove forme tentativi tesi a marginalizzare l’influsso del cristianesimo nella vita pubblica, talora sotto il pretesto che i suoi insegnamenti sono dannosi al benessere della società” (52), lo sfruttamento “in modo falso e alienante” (53) delle aspirazioni dei giovani alla felicità, la diffusione sistematica di “una comprensione della ragione sorda al divino, che relega le religioni nel regno delle subculture” (54). Dopo il comunismo — come ha ricordato il 30 settembre il Papa in Piazza San Pietro, in sede di bilancio del suo viaggio — a vent’anni dalla caduta del Muro, “alle conseguenze del lungo inverno del totalitarismo ateo, si stanno sommando gli effetti nocivi di un certo secolarismo e consumismo occidentale” (55). La società che si è liberata del comunismo si trova a “[…] contrastare una nuova dittatura, quella del relativismo abbinato al dominio della tecnica” (56) — quella stessa tecnocrazia che il Papa ha tanto vigorosamente denunciato nell’enciclica Caritas in veritate.
Per un’autentica primavera dopo l’inverno comunista
Il rischio che al lungo inverno comunista succeda una falsa primavera è dunque molto concreto. “Minoranza creativa” (57) in una società ampiamente scristianizzata, i cattolici sono chiamati a operare anzitutto per “[…] vedere riconosciuto alla religione un ruolo maggiore nelle questioni del Paese” (58): “la verità del Vangelo è indispensabile per una società prospera” (59). È necessario che alla desolazione della società post-comunista i cattolici non reagiscano con un ripiegamento su se stessi, ma trovino nella fede la forza per scendere in campo con un’azione apologetica e missionaria. “I cristiani non devono ripiegarsi su di sé, timorosi del mondo, ma piuttosto condividere con fiducia il tesoro di verità loro affidato” (60). “Cari amici, chiediamo a Dio di infondere in noi uno spirito di coraggio per condividere le verità salvifiche eterne che hanno permesso, e continueranno a permettere, il progresso sociale e culturale di questo Con-tinente” (61).
Il desolato panorama dove coesistono residui effetti negativi del comunismo e relativismo tipico della fase post-comunista si caratterizza per “un’allarmante scissione di bontà, verità e bellezza” (62). Ricuperare il vero, il buono e il bello — e la loro unità — è un compito che appare in questo contesto particolarmente difficile. Ma è anche l’unico modo perché all’inverno del totalitarismo faccia seguito una vera primavera.
Per il vero
Il coraggio della missione dev’essere anzitutto apologetico: “Il coraggio di presentare chiaramente la verità” (63). A chi è tentato dal relativismo si deve incessantemente ripetere che “la libertà che è alla base dell’esercizio della ragione […] ha uno scopo preciso: essa è diretta alla ricerca della verità” (64). La sete di cultura e di conoscenza tipica della società post-comunista è un fatto in sé positivo. Occorre però che i cattolici sappiano indirizzare questa sete, più che verso l’accumulo disordinato di nozioni frammentarie, il quale genera ulteriore relativismo, verso una “formazione integrale, basata sull’unità della conoscenza radicata nella verità” (65). “Sin dai tempi di Platone [427-347 a.C.], l’istruzione non consiste nel mero accumulo di conoscenze o di abilità, bensì in una paideia, una formazione umana nelle ricchezze di una tradizione intellettuale finalizzata ad una vita virtuosa. Se è vero che le grandi università, che nel medioevo nascevano in tutta Europa, tendevano con fiducia all’ideale della sintesi di ogni sapere, ciò era sempre a servizio di un’autentica humanitas, ossia di una perfezione dell’individuo all’interno dell’unità di una società bene ordinata” (66). Questa definizione di humanitas è molto importante. Cattura in una singola frase l’ideale cui tendeva la civiltà cristiana del Medioevo: la “perfezione dell’individuo” (67) — insieme culturale, morale e spirituale — nel contesto armonico e organico di una “società bene ordinata” (68).
La Chiesa non ha complessi d’inferiorità nei confronti del sapere contemporaneo, anche scientifico. La Chiesa Cattolica “[…] non per nulla ha portato alla nascita dell’università” (69), che è nata nell’Europa cristiana caratterizzata dal dialogo fra fede e ragione, non in altri contesti religiosi o culturali. E tanti scienziati sono stati, senza avvertire alcuna contraddizione, cattolici esemplari: Papa Benedetto XVI nel suo viaggio ricorda ripetutamente “[…] l’esempio di Johann Gregor Mendel [O.S.A. (1822-1884)], l’abate agostiniano della Moravia le cui ricerche pionieristiche gettarono le fondamenta della moderna genetica” (70).
Per il buono
Il tema è tutt’altro che nuovo nel magistero di Papa Benedetto XVI, e già di Papa Giovanni Paolo II: per richiamare il continente europeo al bonum è necessario “[…] ricordare all’Europa le sue radici. Non perché queste radici siano da tempo avvizzite. Al contrario! È per il fatto che esse continuano — in maniera tenue ma al tempo stesso feconda — a provvedere al Continente il sostegno spirituale e morale” (71). “L’Europa è più che un continente. Essa è una casa! E la libertà trova il suo significato più profondo proprio nell’essere una patria spirituale” (72). “Quando l’Europa si pone in ascolto della storia del cristianesimo, ascolta la sua stessa storia. Le sue nozioni di giustizia, libertà e responsabilità sociale, assieme alle istituzioni culturali e giuridiche stabilite per difendere queste idee e trasmetterle alle generazioni future, sono plasmate dalla sua eredità cristiana. In verità, la memoria del passato anima le sue aspirazioni per il futuro” (73).
Anche alla Repubblica Ceca il Papa ricorda che “la fede cristiana […] ha avuto in realtà un ruolo decisivo nel plasmare l’eredità spirituale e culturale di questo Paese. Dev’essere lo stesso nel presente e per il futuro” (74). Lo schema si ripete in tutti i viaggi degli ultimi due Pontefici: ciascun paese cristiano è invitato a ritornare alle sue radici. Scavando verso le radici ovunque si trovano invariabilmente i santi e uno speciale legame con la Madonna. Ma quest’opera di scavo non sempre è compiuta e la memoria, se non è continuamente richiamata, rischia di perdersi. Così “la Moravia è terra ricca di santuari mariani […]. Maria tenga desta la fede di tutti voi, la fede alimentata anche da numerose tradizioni popolari che affondano le loro radici nel passato, ma che giustamente voi avete cura di conservare perché non venga meno il calore della convivenza familiare nei villaggi e nelle città. A volte si costata, con una certa nostalgia, che il ritmo della vita moderna tende a cancellare alcune tracce di un passato ricco di fede. È importante invece non perdere di vista l’ideale che le usanze tradizionali esprimevano, e soprattutto va mantenuto il patrimonio spirituale ereditato dai vostri antenati” (75).
L’odierna Repubblica Ceca comprende terre dove confluiscono le eredità del cristianesimo d’Oriente e di quello d’Occidente. L’evangelizzazione vi si afferma “[…] nel IX secolo: da una parte, in Moravia, abbiamo la grande missione dei fratelli Cirillo [826-869] e Metodio [815-885], che da Bisanzio portano la cultura bizantina, ma creano una cultura slava, con i caratteri cirillici e con una liturgia in lingua slava; dall’altra parte, in Boemia, sono le diocesi confinanti di Regensburg e Passau che portano il Vangelo in lingua latina, e, nella connessione con la cultura romano-latina, si incontrano così le due culture. Ogni incontro è difficile, ma anche fecondo” (76). “La Moravia fa pensare immediatamente ai santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi, e quindi alla forza inesauribile del Vangelo, che come un fiume di acque risanatrici attraversa la storia e i continenti, portando dovunque vita e salvezza” (77). I santi e i monaci che sono alle radici dell’Europa — un altro tema caro a Papa Benedetto XVI — portano insieme in queste terre la Buona Novella di Gesù Cristo e la cultura greca e latina, “la ricca eredità della sapienza classica, assimilata e posta al servizio del Vangelo” (78).
La storia dell’attuale Repubblica Ceca, come quella di tanti altri paesi europei, si caratterizza poi per il ripetuto “meraviglioso intervento di Dio” (79), che suscita santi i quali sono spesso anche re e principi, veri padri dei loro popoli. Praga conosce così l’epopea di san Venceslao (907-935?), il re martire a proposito del quale si può davvero dire: “Il trono del re che giudica i poveri nella verità resterà saldo in eterno” (80). E al centro spirituale della capitale ceca vi è la chiesa di Santa Maria della Vittoria, che prende il nome dalla battaglia della Montagna Bianca dell’8 novembre 1620, in cui i cechi difesero con successo la loro identità cattolica. La chiesa custodisce la miracolosa effigie del Santo Bambino di Praga, venerata in tutto il mondo e “conosciuta dappertutto” (81), cui anche il Papa ha voluto rendere un commovente omaggio.
Per il bello
Nel 2006 il Pontificio Consiglio per la Cultura ha pubblicato un documento, La via pulchritudinis, cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo, in cui suggerisce che in una società scristianizzata, dove le vie del vero e del buono sembrano diventate più difficili da proporre, forse il dialogo della fede — senza dimenticare l’unità di verum, bonum e pulchrum — può più facilmente iniziare il suo cammino a partire dalla bellezza. Nelle parole del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar (1905-1988), ricordate dal documento, forse nel mondo moderno “gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza di conclusione logica” (82) e il bene “ha perduto la sua forza di attrazione” (83), così che non resta che partire dal bello. Ancora, il documento propone una citazione dello scrittore e dissidente anti-comunista russo Aleksandr I. Solženicyn (1918-2008) nel suo Discorso per la consegna del Premio Nobel per la Letteratura: “Questa antica triunità della Verità, del Bene e della Bellezza non è semplicemente una caduca formula da parata, come ci era sembrato ai tempi della nostra presuntuosa giovinezza materialistica. Se, come dicevano i sapienti, le cime di questi tre alberi si riuniscono, mentre i germogli della Verità e del Bene, troppo precoci e indifesi, vengono schiacciati, strappati e non giungono a maturazione, forse strani, imprevisti, inattesi saranno i germogli della Bellezza a spuntare e crescere nello stesso posto e saranno loro in tal modo a compiere il lavoro per tutti e tre” (84).
A Praga Papa Benedetto XVI torna sul tema, che gli è caro, della via pulchritudinis. “Del resto, che cosa attira tante persone a Praga se non la sua bellezza?” (85). “[…] la nostra presenza in questa magnifica capitale, spesso denominata “il cuore d’Europa”, ci stimola a chiederci in cosa consista questo “cuore”. È vero che non c’è una risposta facile a tale domanda, tuttavia un indizio è costituito sicuramente dai gioielli architettonici che adornano questa città. La stupefacente bellezza delle sue chiese, del castello, delle piazze e dei ponti non possono che orientare a Dio le nostre menti. La loro bellezza esprime fede; sono epifanie di Dio che giustamente ci permettono di considerare le grandi meraviglie alle quali noi creature possiamo aspirare quando diamo espressione alla dimensione estetica e conoscitiva del nostro essere più profondo. Come sarebbe tragico se si ammirassero tali esempi di bellezza, ignorando però il mistero trascendente che essi indicano” (86).
La lettura che il Papa propone della bellezza di Praga non è dunque semplicemente estetica. Rimanda da una parte al tema consueto dell’incontro fra tradizione classica e cristianesimo, dall’altra alla necessità di percorrere la via pulchritudinis fino alla fine risalendo dalla bellezza a Dio fonte della bellezza. “L’incontro creativo della tradizione classica e del Vangelo ha dato vita ad una visione dell’uomo e della società sensibile alla presenza di Dio fra noi. Tale visione, nel plasmare il patrimonio culturale di questo continente, ha chiaramente posto in luce che la ragione non finisce con ciò che l’occhio vede, anzi essa è attratta da ciò che sta al di là, ciò a cui noi profondamente aneliamo: lo Spirito, potremmo dire, della Creazione” (87).
Meditazione sulla memoria storica dell’Europa e sulla bellezza, sul buono e sul bello s’incontrano a proposito del Castello di Praga, su cui il Papa torna nell’udienza del 30 settembre 2009 in Piazza San Pietro. “Il Castello di Praga, straordinario sotto il profilo storico e architettonico, suggerisce un’ulteriore riflessione più generale: esso racchiude nel suo vastissimo spazio molteplici monumenti, ambienti e istituzioni, quasi a rappresentare una polis, in cui convivono in armonia la Cattedrale e il Palazzo, la piazza e il giardino […] l’ambito civile e quello religioso, non giustapposti, ma in armonica vicinanza nella distinzione” (88). Vi è qui una nuova, profonda lezione sulla bellezza non solo degli edifici ma delle istituzioni dell’Europa cristiana, costruite nei secoli dall’incontro fra fede e ragione, distinte ma armonicamente vicine, che diventa incontro — non fusione, e tanto meno confusione — della Cattedrale e del Palazzo o, come si sarebbe detto in altra epoca e in altro linguaggio, dell’altare e del trono.
Partire dalla bellezza potrà salvare un’Europa scristianizzata e invecchiata, che sembra talora senza speranza. “Secondo un detto attribuito a Franz Kafka [1883-1924], “Chi mantiene la capacità di vedere la bellezza non invecchia mai” (Gustav Janouch [1903-1968], Conversazioni con Kafka). Se i nostri occhi rimangono aperti alla bellezza della creazione di Dio e le nostre menti alla bellezza della sua verità, allora possiamo davvero sperare di rimanere giovani e di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina, in modo da offrire ispirazione alle future generazioni per fare altrettanto” (89).
Naturalmente per proporre il bello, il buono e il vero agli uomini del nostro tempo non è sufficiente l’annuncio, pure fortissimo e convincente, del Papa. Sono necessari cattolici coraggiosi che sappiano farsi eco di questo annuncio nella società. A questi cattolici di buona volontà Papa Benedetto XVI indica un’ulteriore ricorrenza significativa: il centenario della canonizzazione di san Clemente Maria Hofbauer C.Ss.R. (1751-1820), nato nella diocesi di Brno, che il Papa ha visitato in questo viaggio. San Clemente Maria nelle tempeste dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese costituì, fra i primi in Europa, associazioni di laici capaci di ribattere colpo su colpo all’offensiva sacristianizzante del laicismo e di diffondere capillarmente l’insegnamento della Chiesa e dei Pontefici.
Note
(1) Benedetto XVI, Cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, del 26-9-2009, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 27-9-2009.
(2) Idem, Celebrazione dei Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i movimenti laicali nella cattedrale dei santi Vito, Venceslao e Adalberto di Praga, del 26-9-2009, ibid. 28/29-9-2009.
(3) Idem, Incontro ecumenico nella Sala del Trono dell’Arcivescovado di Praga, del 27-9-2009, ibidem.
(4) Idem, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso la Repubblica Ceca, del 26-9-2009, ibid. 28/29-9-2009.
(5) Ibidem.
(6) Idem, Cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, cit.
(7) Idem, Santa Messa nella spianata accanto all’aeroporto Tuřani di Brno, del 26-9-2009, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 28/29-9-2009.
(8) Idem, Santa Messa nella ricorrenza liturgica di san Venceslao, patrono della nazione, nella spianata sulla via di Melnik a Stará Boleslav, del 27-9-2009, ibidem.
(9) Idem, Incontro con il mondo accademico nel Salone di Vladislav del Castello di Praga, del 27-9-2009, ibidem.
(10) Ibidem.
(11) Idem, Cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, cit.
(12) Ibidem.
(13) Idem, Concerto in onore del Santo Padre offerto dal Presidente della Repubblica Federale di Germania, S.E. il Sig. Horst Köhler, in occasione della ricorrenza del 60° della fondazione della Repubblica Federale di Germania e nel 20° anniversario della caduta del Muro di Berlino, del 4-12-2009, ibid., 6-12-2009.
(14) Idem, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso la Repubblica Ceca, cit.
(15) Idem, Celebrazione dei Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i movimenti laicali nella cattedrale dei santi Vito, Venceslao e Adalberto di Praga, cit.
(16) Ibidem.
(17) Idem, Cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, cit.
(18) Idem, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso la Repubblica Ceca, cit.
(19) Idem, Angelus al termine della Messa nella spianata accanto all’aeroporto Tuřani di Brno, cit.
(20) Idem, Incontro con il mondo accademico nel Salone di Vladislav del Castello di Praga, cit.
(21) Ibidem.
(22) Idem, Santa Messa nella ricorrenza liturgica di san Venceslao, patrono della nazione, nella spianata sulla via di Melnik a Stará Boleslav, cit.
(23) Idem, Celebrazione dei Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i movimenti laicali nella cattedrale dei santi Vito, Venceslao e Adalberto di Praga, cit.
(24) Idem, Cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, del 28-9-2009, ibid. 30-9-2009.
(25) Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nella Repubblica Ceca, del 30-9-2009, ibid. 1-10-2009.
(26) Idem, Cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, cit.
(27) Cfr. Jean de Viguerie, Christianisme et révolution. Cinq leçons d’Histoire de la Révolution française, 2a ed. riveduta, corretta e accresciuta, Nouvelles Éditions Latines, Parigi 1988.
(28) Benedetto XVI, Celebrazione dei Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i movimenti laicali nella cattedrale dei santi Vito, Venceslao e Adalberto di Praga, cit.
(29) Cfr. Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. II, 1, 2006. (gennaio-giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007, pp. 675-729.
(30) Idem, Santa Messa nella spianata accanto all’aeroporto Tuřani di Brno, cit.
(31) Idem, Incontro con le autorità politiche, civili e diplomatiche nel Palazzo Presidenziale di Praga, del 26-9-2009, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 28/29-9-2009.
(32) Ibidem.
(33) Ibidem.
(34) Ibidem.
(35) Ibidem.
(36) Ibidem.
(37) Ibidem.
(38) Ibidem.
(39) A commento, cfr. il mio “Caritas in veritate”. La dottrina sociale della Chiesa contro la tecnocrazia, in Cristianità, anno XXXVII, n. 353, Piacenza luglio-settembre 2009, pp. 1-19.
(40) Benedetto XVI, Incontro con le autorità politiche, civili e diplomatiche nel Palazzo Presidenziale di Praga, cit.
(41) Ibidem.
(42) Ibidem.
(43) Ibidem.
(44) Idem, Celebrazione dei Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i movimenti laicali nella cattedrale dei santi Vito, Venceslao e Adalberto di Praga, cit.
(45) Idem, Incontro con il mondo accademico nel Salone di Vladislav del Castello di Praga, cit.
(46) Ibidem.
(47) Ibidem.
(48) Ibidem.
(49) Ibidem.
(50) Idem, Santa Messa nella spianata accanto all’aeroporto Tuřani di Brno, cit.
(51) Idem, Messaggio ai giovani nella spianata sulla via di Melnik a Stará Boleslav, del 28-9-2009, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 28/29-9-2009.
(52) Idem, Incontro ecumenico nella Sala del Trono dell’Arcivescovado di Praga, cit.
(53) Idem, Messaggio ai giovani nella spianata sulla via di Melnik a Stará Boleslav, cit.
(54) Idem, Incontro con il mondo accademico nel Salone di Vladislav del Castello di Praga, cit.
(55) Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nella Repubblica Ceca, cit.
(56) Ibidem.
(57) Idem, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso la Repubblica Ceca, cit.
(58) Idem, Cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, cit.
(59) Ibidem.
(60) Idem, Incontro ecumenico nella Sala del Trono dell’Arcivescovado di Praga, cit.
(61) Ibidem.
(62) Idem, Incontro con le autorità politiche, civili e diplomatiche nel Palazzo Presidenziale di Praga, cit.
(63) Ibidem.
(64) Idem, Incontro con il mondo accademico nel Salone di Vladislav del Castello di Praga, cit.
(65) Ibidem.
(66) Ibidem.
(67) Ibidem.
(68) Ibidem.
(69) Ibidem.
(70) Idem, Cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, cit.
(71) Idem, Incontro ecumenico nella Sala del Trono dell’Arcivescovado di Praga, cit.
(72) Idem, Incontro con le autorità politiche, civili e diplomatiche nel Palazzo Presidenziale di Praga, cit.
(73) Idem, Incontro ecumenico nella Sala del Trono dell’Arcivescovado di Praga, cit.
(74) Idem, Incontro con le autorità politiche, civili e diplomatiche nel Palazzo Presidenziale di Praga, cit.
(75) Idem, Angelus al termine della Messa nella spianata accanto all’aeroporto Tuřani di Brno, cit.
(76) Idem, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso la Repubblica Ceca, cit.
(77) Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nella Repubblica Ceca, cit.
(78) Idem, Incontro con il mondo accademico nel Salone di Vladislav del Castello di Praga, cit.
(79) Idem, Santa Messa nella ricorrenza liturgica di san Venceslao, patrono della nazione, nella spianata sulla via di Melnik a Stará Boleslav, cit.
(80) Ibidem. Con riferimento all’Ufficio delle letture del 28 settembre.
(81) Idem, Visita al “Bambino Gesù di Praga” nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, del 26-9-2009, ibid. 27-9-2009.
(82) Pontificio Consiglio della Cultura, La “Via pulchritudinis”. Cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo, del 27/28-3-2006, II.3. La “Via pulchritudinis“, via verso la Verità e la Bontà.
(83) Ibidem.
(84) Ibidem.
(85) Benedetto XVI, Udienza generale sul viaggio apostolico nella Repubblica Ceca, cit.
(86) Idem, Incontro con le autorità politiche, civili e diplomatiche nel Palazzo Presidenziale di Praga, cit.
(87) Ibidem.
(88) Idem, Udienza generale sul viaggio apostolico nella Repubblica Ceca, cit.
(89) Idem, Cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Stará Ruzyně di Praga, cit.