Giovanni Paolo II, Cristianità n. 269 (1997)
Discorso ai partecipanti a un convegno europeo di dottrina sociale della Chiesa promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, del 20-6-1997, nn. 1-3, in L’Osservatore Romano, 21-6-1997. Titolo redazionale.
Dottrina sociale della Chiesa e «nuova evangelizzazione»
La dottrina sociale della Chiesa costituisce una delle mie più vive preoccupazioni, giacché sono profondamente consapevole di quanto generosa e qualificata debba essere la sollecitudine di tutta la Chiesa nell’annunciare all’uomo del nostro tempo il Vangelo della vita, della giustizia e della solidarietà.
«Come deve essere proposta nell’attuale situazione storica e culturale la verità affidata ai cristiani?». L’urgenza che oggi emerge sempre più nitida ed impellente è quella di promuovere una «nuova evangelizzazione», una «nuova implantatio evangelica», anche con riferimento al sociale. Il Papa Paolo VI spronava, infatti, a superare la frattura tra Vangelo e cultura, attraverso un’opera di inculturazione della fede, capace di raggiungere e trasformare, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero propri di ogni società. L’intenzione centrale, particolarmente attuale se consideriamo la situazione dell’Europa, era rivolta a mettere in evidenza con rinnovato slancio la rilevanza della fede cristiana per la storia, la cultura e la convivenza umana.
A partire da Gesù Cristo, unica salvezza dell’uomo, è possibile mettere in evidenza il valore universale della fede e dell’antropologia cristiana ed il loro significato per ogni ambito dell’esistenza. In Cristo è offerta all’essere umano una specifica interpretazione personalistica e solidarista della sua realtà aperta alla trascendenza.
Proprio a partire da questa antropologia, la dottrina sociale della Chiesa può proporsi non come ideologia, o «terza via», simile ad altre proposte politiche e sociali, ma propriamente come un particolare sapere teologico-morale, che ha la sua origine in Dio che si comunica all’uomo (cfr. Sollicitudo rei socialis, 41). In questo mistero essa trova la sorgente inesauribile per interpretare e orientare le vicende dell’uomo. La nuova evangelizzazione, a cui è chiamata tutta la Chiesa, dovrà pertanto integrare in sé, a pieno titolo, la dottrina sociale della Chiesa (cfr. ibid.), e così mettersi meglio in grado di raggiungere e di interpellare, nella concretezza dei problemi e delle situazioni, i popoli europei.
Un’altra prospettiva, dalla quale si comprende l’ampiezza di orizzonti del[l’] […] impegno formativo, imperniato sulla dottrina sociale della Chiesa, è quella che riguarda l’etica cristiana.
Nell’odierna cultura dell’Europa contemporanea è forte la tendenza a «privatizzare» l’etica e a negare rilevanza pubblica al messaggio morale cristiano. La dottrina sociale della Chiesa rappresenta, di per se stessa, il rifiuto di tale privatizzazione, perché mette in luce le autentiche e decisive dimensioni sociali della fede, illustrandone le conseguenze etiche.
Come in più circostanze ho avuto modo di ribadire, nella prospettiva delineata dalla dottrina sociale della Chiesa non si deve mai rinunciare a sottolineare il legame costitutivo dell’umanità con la verità ed il primato dell’etica sulla politica, l’economia e la tecnologia.
Attraverso la sua dottrina sociale, la Chiesa pone così al continente europeo, che vive una stagione complessa e travagliata a livello di integrazione politica, economica e di organizzazione sociale, la questione della qualità morale della sua civiltà, presupposto ineludibile per costruire un autentico futuro di pace, di libertà e di speranza per ogni popolo e nazione.
Giovanni Paolo II