Da Avvenire del 28/03/2021
Sarà un Sabato Santo “straordinario” nelle comunità parrocchiali della Sicilia. Perché in parrocchia non si andrà soltanto per pregare, ma anche per vaccinarsi. Sono almeno 500 le chiese che apriranno i loro locali destinati a trasformarsi in “centri di vaccinazione” anti-Covid, come li chiama la Regione che ha proposto il percorso. E l’input partito dall’assessore alla sanità, Ruggero Razza, è stato accolto dalla locale Conferenza episcopale a partire dal suo presidente, l’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina. «È un messaggio di speranza quello che vogliamo inviare alla vigilia della Pasqua. E, al tempo stesso, di prossimità verso i più fragili», spiega l’arcivescovo di Monreale e vice-presidente dei vescovi siciliani, Michele Pennisi. Perché, aggiunge il presule, «il gesto guarda in particolare agli anziani ma anche a chi vive nelle periferie della nostra terra, a cominciare dai piccoli paesi, dove coloro che devono fare la profilassi sono magari costretti a spostarsi per decine di chilometri». Oggi, durante le Messe, sarà annunciata l’iniziativa che potrebbe essere la prima tappa di una campagna all’ombra dei campanili.
Tra sei giorni saranno protagonisti coloro che hanno fra i 69 e i 79 anni, cui verrà destinato il vaccino AstraZeneca. Entro mercoledì le parrocchie dovranno far giungere la loro adesione. E non saranno chiamate solo a offrire le strutture, ma anche a sanificarle e a gestire gli afflussi. Da 50 a 100 le persone che in ogni comunità riceveranno il siero. «Mi piace pensare a tutto ciò come a un grande abbraccio di Pasqua. Papa Francesco ci ripete che oggi più che mai c’è bisogno di una carezza e di condivisione », spiega il vescovo di Acireale e vice-presidente della Cei, Antonino Raspanti. Nella sua diocesi i “punti vaccino” parrocchiali saranno ventidue. «Abbiamo risposto all’invito della Regione per accelerare il processo di vaccinazione – afferma Raspanti –. La nostra è una presenza diffusa capillarmente. Ecco perché ci siamo resi disponibili a collaborare per un bene alto com’è quello della salute». La Cei ha ribadito nel recente Consiglio permanente terminato mercoledì che nella corsa vaccinale «la messa a disposizione delle strutture edilizie delle Chiese che sono in Italia vuole essere un nuovo contributo di carità ». «La Conferenza episcopale italiana – chiarisce il vice-presidente – ha indicato un principio da declinare nel concreto. Del resto la Chiesa italiana si è sempre mobilitata di fronte a una catastrofe naturale o a necessità collettive». Papa Francesco aveva definito il vaccino contro il coronavirus un’opzione etica. La Cei ha appena detto di «sostenere» la somministrazione rapida delle dosi. «Le paure sono comprensibili. E mancano certezze assolute – sottolinea Raspanti –. Tuttavia va favorita una ragionevole fiducia nella scienza che è frutto dell’ingegno umano, di studio, di scambio. E il vaccino ci ricorda anche quanto la guarigione fisica sia stata parte della missione di Cristo. Gesù si è preso cura dei corpi perché formano la persona. La nostra fede ha al centro l’incarnazione che significa appunto attenzione integrale all’uomo. Anche durante una pandemia».
Foto da Avvenire