Comunicato di Alleanza Cattolica
Come sempre, i risultati elettorali sono una importante occasione per valutare lo stato d’animo dell’opinione pubblica, a cominciare dall’afflusso alle urne. Nel caso specifico, riferito alle elezioni del 19/20 settembre in sette regioni e al referendum confermativo della legge che ha introdotto una significativa diminuzione del numero dei parlamentari, l’affluenza alle urne è stata superiore alle previsioni (53,84% al referendum, 57,19% alle comunali), ma non dobbiamo dimenticare che quasi un elettore su due non è andato a votare.
Senza entrare per il momento nel merito specifico dei diversi risultati e delle loro conseguenze, ci limitiamo a una prima riflessione. Il 68% dei votanti hanno detto SI alla legge, confermando il discredito con cui è percepita la politica e i politici dalla maggioranza degli italiani.
La crescita dei NO, avvenuta nelle ultime settimane precedenti le elezioni, è il frutto di un ragionamento promosso da alcune minoranze culturali importanti del paese, peraltro iniziato troppo tardi per potere incidere sul risultato. È vero, come ha spiegato Mauro Ronco su questo stesso sito, che la legge che diminuisce il numero dei parlamentari rende questi ultimi ancora più dipendenti dalle decisioni delle segreterie così come è vero che confermare la legge significava lasciare senza rappresentanza parti significative del territorio, ma infine ha prevalso l’insofferenza verso la politica e i politici.
Per quanto riguarda le elezioni si devono fare considerazioni diverse a seconda delle regioni.
In Veneto ha trionfato il governatore uscente Luca Zaia, il vero vincitore in assoluto della tornata elettorale. Ciò dimostra che il buon governo premia così come il profondo legame col territorio, con la sua storia e identità certamente marcata in modo speciale nel popolo veneto ma che forse potrebbe funzionare anche altrove. Purtroppo Zaia non ha voluto espressamente toccare in campagna elettorale i principi etici e questo priva la sua vittoria di un significato valoriale: credo che un richiamo alla difesa della vita e alla centralità della famiglia naturale non avrebbero tolto nulla in percentuale alla vittoria del governatore leghista.
Il buon governo ha premiato anche Giovanni Toti in Liguria che certamente è stato più coraggioso di Zaia sui valori, sottoscrivendo la carta dei principi del Family Day senza riserve.
È buona cosa che una regione tradizionalmente di centrosinistra sia passata al centrodestra, come è avvenuto nelle Marche, mentre le altre tre regioni, Campania, Puglia e Toscana, hanno confermato un governo di centro-sinistra.
Rimane tuttavia il fatto che l’Italia è ancora un Paese politicamente diviso praticamente in due fra centro-destra e centro-sinistra, così come è avvenuto per circa 20 anni con l’alternarsi delle due coalizioni a partire dal 1994, fino all’emergere del Movimento5Stelle come terza forza in occasione delle elezioni politiche del 2013.
Oggi, l’eccezione Movimento5Stelle sembra destinata a estinguersi e quindi probabilmente si ripresenterà l’alternativa fra le due coalizioni classiche di centro-destra e centro-sinistra. Queste ultime sembrano poco attente ai principi cosiddetti non negoziabili, ma preferiscono interpretare alcuni bisogni primari dei cittadini, il bisogno di sicurezza il centro-destra, la pretesa di fare diventare legge dello Stato qualsiasi desiderio del cittadino il centro-sinistra. Nonostante la litigiosità fra i due schieramenti sia molto alta, quanto ai programmi le due coalizioni tendono ad avvicinarsi e a lasciare in disparte gli aspetti importanti del bene comune che hanno attinenza con la morale naturale e cristiana, come la vita, la famiglia e la libertà di educazione. Anche se il centro – destra sembrerebbe ancora garantire maggiore libertà di azione a chi è in prima linea nella difesa di questi principi.
Su questi punti tutto il movimento pro-life e pro-family dovrà riflettere in profondità.
Se da una parte il risultato conferma il distacco di molti italiani dalle vicende politiche, dall’altro conferma anche come non può essere la politica dei partiti a fare uscire la società dalla profonda crisi ideale, politica ed economica in cui versa. I governi nazionali e regionali sono cambiati in questi ultimi 25 anni, ma la società non ha smesso di orientarsi al peggio. Le istituzioni possono favorire o rallentare questo processo di disgregazione del corpo sociale in corso da decenni, e noi non dobbiamo sottovalutare questa importante differenza, ma la salvezza della società può nascere soltanto quando quest’ultima prenderà una strada diversa, orientandosi verso la verità e il bene.
Roma, 22 settembre 2020