Andrea Arnaldi, Cristianità n. 389 (2018)
Enzo Peserico (1959-2008)
Dieci anni fa, il 1° gennaio 2008, si chiudeva improvvisamente, nei pressi dell’antico santuario mariano di Re (Verbania), l’avventura terrena di Enzo Peserico, che in quel luogo che gli era particolarmente caro aveva appena concluso un incontro da lui organizzato sul tema della famiglia e della speranza. Dotato di una non comune forza di volontà e di una capacità di governare responsabilmente le proprie scelte, Enzo aveva capito che nessuna azione può essere fruttuosa se non è scrupolosamente pensata, organizzata e posta in atto, e di questa capacità di «pensare l’azione» aveva fatto un punto di forza espresso in molteplici iniziative. Felice interprete della espressione «contemplativo in azione» (1), Enzo ha costruito la casa della sua vita sulla roccia di una spiritualità profonda cresciuta in modo percepibile con il trascorrere del tempo.
Era un uomo dotato di grande capacità organizzativa, visione d’insieme, chiarezza di obiettivi, infaticabili finalità apostoliche abbinate a senso dell’umorismo, autoironia e sano desiderio di divertimento. Per lui ogni occasione era buona per agire nell’ottica dell’evangelizzazione, cioè per contribuire a diffondere la cultura cristiana e a irradiare un modo di vivere e di pensare conforme al Vangelo.
Enzo muove i primi passi nel campo dell’impegno culturale e politico nelle file di Alleanza Cattolica alla fine degli anni 1970, in una fase delicata caratterizzata dall’apparente trionfo planetario dell’ideologia marxista, in realtà oramai prossima alla clamorosa implosione di dieci anni dopo, e al tempo stesso dall’affermarsi sempre più diffuso della mentalità relativista e nichilista, che preparava il terreno al pensiero debole destinato a prendere il posto delle ideologie (2).
In ogni caso, indipendentemente da quale delle due fasi del processo rivoluzionario stesse prevalendo, era evidente che quegli assetti culturali, sociali e politici non fossero compatibili con una visione naturale e cristiana dell’uomo. Ciò vale per tutti gli ambiti della vita personale e associata, ma in particolare per quelli della famiglia e dell’educazione, ai quali Enzo dedicherà un impegno crescente e incisivo.
I regimi comunisti si erano già contraddistinti per una sistematica e feroce opera di smantellamento della compagine sociale naturale, a partire dalla persecuzione antireligiosa e quindi dall’attacco alla famiglia.
La rimozione del Muro di Berlino, nel 1989, e il conseguente passaggio dalle ideologie al pensiero debole, non hanno rappresentato un mutamento negli obiettivi della Rivoluzione: ne hanno, semplicemente, ridisegnato le strategie e le modalità di azione. Non è più il tempo dei campi di lavoro, della polizia politica, della repressione militare, ma la famiglia naturale e le relazioni familiari continuano a rappresentare un campo di azione privilegiato, una sorta di «prima linea» sul fronte della definitiva destabilizzazione di un ordine sociale ancora troppo legato a una concezione dell’uomo che la Rivoluzione non può tollerare.
Come Enzo ha osservato nei suoi studi sul Sessantotto (3), il fronte di combattimento è essenzialmente quello culturale e spirituale; è una battaglia anzitutto antropologica.
In uno dei suoi ultimi interventi, commentando la deriva nichilista del professor Umberto Veronesi (1925-2016), Enzo giunse al cuore del problema: «Ad un recente convegno [Veronesi] ha svelato bene la posta in gioco, i veri schieramenti culturali in campo: il suo, la sinistra illuminata dai poteri forti, combatte, ha detto, “per sostituire la triade Dio-patria-famiglia con una triade finalmente non rivelata, libertà — anche di morire, ha detto abbassando la voce — tolleranza e solidarietà”.
«Strane queste libertà: di far morire, di darsi la morte, di violentare la sessualità unendo generi uguali e chiamandoli famiglia; strana questa tolleranza del niente indifferente, così comprensiva verso le culture più violente e così insofferente verso il Cristianesimo vivo dei vescovi e del popolo che osano partecipare alle battaglie di civiltà; strana questa solidarietà del nulla, assomiglia tanto alla fraternité della rivoluzione francese, con i giacobini che accompagnano i francesi alla ghigliottina…».
Questo è il quadro drammatico che Enzo, insieme all’associazione di cui faceva parte con compiti di «capo-croce», ritenne indispensabile contrastare con la piena consapevolezza che l’opera di riconquista di una dimensione naturale e cristiana dell’uomo, della famiglia e della società fosse tanto difficile quanto doverosa, posto che la nobiltà della causa non dipende certo dalla maggiore o minore facilità di raggiungere l’obiettivo sperato.
Dunque, la società frammentata e disarticolata — efficacemente definita dalle analisi sociologiche come coriandolare e «liquida» —, impone una reazione consapevole e organizzata capace di rianimare e proporre un «pensiero forte», un corpo di valori identitari in grado di fungere da punto di riferimento.
Sul piano operativo, egli riteneva che questa reazione poggiasse su alcuni capisaldi, ai quali dedica preghiera, intelligenza, passione ed energia: la creazione di ambienti e la dimensione dell’amicizia, la sfida educativa, la riproposizione delle verità naturali in tema di famiglia e di difesa della vita umana innocente.
Chiunque abbia avuto l’occasione di frequentare Enzo, anche solo occasionalmente, è rimasto colpito dall’attenzione che mostrava per le persone che incontrava, la capacità di ascolto, la facilità di entrare in empatia con gli altri, la disponibilità a un consiglio e a farsi carico dei problemi che gli venivano presentati. Per lui la dimensione amicale è sempre stata la più importante, poiché costituisce la risposta concreta alle istanze della carità, cioè dell’amore cristiano, e al tempo stesso permette di determinare una relazione autentica e profonda con gli altri, premessa indispensabile per qualunque forma di testimonianza e di trasmissione della fede. L’amicizia si pone come il vero antidoto ai veleni rivoluzionari: «Guai ai soli» (cfr. Qo. 4,10), ammonisce la Scrittura, «guai ai soli» a maggior ragione in una società sfilacciata e incapace di legami veri, sinceri e stabili.
Tutto ciò a Enzo era divenuto molto chiaro e non perdeva occasione per darne dimostrazione con i molti amici che si rivolgevano a lui in momenti di dubbio o difficoltà di ogni tipo, ma anche con gli sconosciuti nei quali si imbatteva.
In un testo del 1994 rivolto ai militanti della Croce di San Sebastiano di Alleanza Cattolica, scriveva: «Mi sembra necessario innanzitutto vivere personalmente e comunitariamente la straordinaria ricchezza di mezzi — spirituali ed intellettuali — a nostra disposizione. […] l’aspetto della vita comunitaria non è affatto secondario, né dal punto di vista teologico, perché la comunione è un aspetto essenziale della vita cristiana, né dal punto di vista dell’azione, perché nel mondo contemporaneo urge anche la risposta concreta alla tendenza all’omologazione e all’isolamento (l’omologazione rivoluzionaria dei modi di vivere è infatti funzionale all’assenza di rapporti vitali, cioè veri, tra le persone)».
In un appunto scritto nel 1998 allo scopo di ripensare alcune modalità della vita associativa, Enzo esprimeva il medesimo concetto: «Le caratteristiche della vita moderna nelle grandi metropoli premiano le iniziative nelle quali è possibile socializzare all’interno di micro-comunità caratterizzate da qualche affinità. Da ciò deriva che le iniziative cui dare corso, ferma restando la specificità della vocazione associativa, dovrebbero avere uno stile favorente la socializzazione, non impegnativo, sereno, aperto ai familiari e una forma che comprenda numerosi momenti liberi e di animazione».
In queste idee troviamo già il senso delle molte iniziative che egli aveva ideato e realizzato per il coinvolgimento diretto delle persone e delle famiglie, con l’obiettivo di creare un ambiente basato sull’amicizia e in grado di veicolare una cultura.
Nel suo discorso di quell’indimenticabile Capodanno del 2008 volle insistere con forza sulla necessità di una battaglia culturale finalizzata a recuperare l’identità politica della famiglia, il suo ruolo pubblico, i suoi diritti correlati alla sua struttura naturale. In questo quadro enfatizzava giustamente, insieme ad Alleanza Cattolica, due momenti chiave della nostra storia recente: il mancato raggiungimento del quorum al referendum abrogativo della legge 40 sulla fecondazione assistita e il Family Day del 2007.
A proposito di quest’ultimo evento, a cui dette come al solito un significativo contributo sul piano organizzativo, Enzo ha svolto considerazioni che meritano di essere riproposte a partire dal recupero di un modello culturale alternativo a quello nichilista e relativista. Si tratta di un modello culturale laico che, nelle sue parole, «[…] ha la sua forza nel recupero dell’identità europea, guarda ad Atene e a Roma, poggia sul Sinai e sul Golgota: in Italia ha conosciuto una alleanza trainata con coraggio dal Card. Ruini, un’alleanza non clericale, ma di sana laicità, tra cattolici, laici non laicisti e sentimento profondo del popolo italiano.
«Ha vissuto con il Family Day la consapevolezza che c’è un popolo italiano che non si arrende, che è postmoderno, che è minoritario ma non disposto a farsi calpestare.
«È questo popolo che dobbiamo incontrare ogni giorno».
Enzo lavorava insieme ad altri all’idea di creare una modalità di apostolato in Alleanza Cattolica che coinvolgesse le famiglie e i bambini, aprendo nuovi orizzonti all’apostolato spirituale e culturale che l’associazione aveva sempre svolto attraverso la modalità della formazione del militante. Da questi incontri nascono rapporti profondi con persone esterne all’associazione. Al tempo stesso, i bambini cominciano a conoscere la realtà associativa e le sue proposte, sviluppate soprattutto attraverso i campeggi estivi, per poi passare agli incontri di Capodanno e di Pasqua per i liceali.
Accanto ai ritiri di primavera per famiglie e agli straordinari incontri di Capodanno da lui organizzati senza risparmio di energie fisiche e mentali, una delle priorità irrinunciabili sono sempre stati i ragazzi, i primi e più esposti bersagli della deriva relativista e della perdita di valori.
Una vita attenta al «reale», contro ogni tentazione utopistica rivoluzionaria, fondata sulla roccia del buon senso e del diritto naturale, alimentata dalla Grazia sacramentale e dalla devozione mariana. Non aveva un carattere facile, ma di certo ha ricevuto tanti talenti ai quali ha saputo corrispondere con fedele perseveranza.
Resto profondamente convinto che Enzo si sia posto con molta serietà il tema della santità quale traguardo dell’esistenza e abbia conseguentemente lavorato per affrontare l’avventura della vita in tutti i suoi aspetti (familiare, professionale, associativo), avendo il desiderio di guardare in alto, di aspirare ai beni più grandi, secondo l’insegnamento di san Paolo.
Circa una settimana prima della sua morte, stava allestendo la sala per la festa di Natale di Alleanza Cattolica. Eravamo insieme a spostare tavoli e sedie per rendere più accogliente la sala che ci avrebbe ospitati per il rinfresco e lui appariva stanco, un po’ affaticato in quello scorcio finale di dicembre. Una signora, dopo averlo incontrato e guardato in viso, lo ammonì dicendogli che aveva bisogno di riposarsi e lui subito, con il consueto sorriso sulle labbra, le rispose: «Signora, ci si riposerà in Paradiso!».
Non credo che avesse alcun tipo di presentimento: stava semplicemente esprimendo il senso profondo del suo modo di affrontare la vita. Ne è prova quanto mi scrisse l’11 febbraio 2004, subito dopo aver ricevuto la notizia della morte dell’amico Marco Tangheroni (1946-2004): «La mia mente lo vede sorridere in partenza sulle navi per la Divina Dimora, il mio cuore è ancora duro per riconoscere che ogni perdita umana di un giusto è sguardo amorevole e premuroso sul nostro povero operare nel tempo.
«Quando morirò vorrei che la nostra amicizia fosse ancora più grande e matura di quella presente».
È stato l’ennesimo esempio di cristianesimo vissuto che ho ricevuto da lui e che offro alla riflessione di ciascuno di voi.
Andrea Arnaldi
Note:
(1) Cfr. Jerónimo Nadal [S.J. (1507-1580)], In examen annotationes, in Epistolae, 4 voll., Lopez del Horno, Madrid 1898-1905, vol. IV (Selecta natalis monumenta in ejus epistolis commemorata), ep. 66, pp. 649-653 (p. 651).
(2) Cfr. In memoriam di Enzo Peserico (1959-2008), in Cristianità, anno XXXVI, n. 346, marzo-aprile 2008.
(3) Cfr. Enzo Peserico, Gli anni del desiderio e del piombo. Sessantotto, terrorismo e rivoluzione, prefazione di Mauro Ronco, presentazione di Marco Invernizzi, Sugarco, Milano 2008.